La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 11 settembre 2015

Che fine hanno fatto gli amici della Siria?

di Tommaso Di Francesco
Chi non cono­sce il sapone di Aleppo? Basato sull’olio d’oliva con l’aggiunta di olio d’alloro, è un pro­dotto mil­le­na­rio, tipico della città siriana di Aleppo, la «capi­tale del nord», un tempo patri­mo­nio dell’Unesco e ora in buona parte distrutta. Com’è facile imma­gi­nare oggi è dif­fi­cile tro­varlo, con la guerra in corso ci dicono gli esperti la pro­du­zione è crol­lata, le pic­cole fab­bri­che si sono spo­state in zone «più sicure» e quel che si vende in Occi­dente è solo depo­sito di magaz­zino. È straor­di­na­rio per l’igiene per­so­nale. Ma temiamo che nem­meno il sapone di Aleppo riu­scirà a lavare le respon­sa­bi­lità spor­che dell’Occidente, euro­peo e ame­ri­cano, per la deva­stante guerra in corso in Siria.
Eppure ogni giorni i rifu­giati di quella tra­ge­dia per­cor­rono le strade euro­pee, di quel Vec­chio con­ti­nente che, parola di Junc­ker, pre­si­dente della Com­mis­sione Ue, dopo anni e anni di chiac­chiere si ritrova «senza Europa e senza Unione». Ce n’eravamo accorti con la crisi greca, ma adesso l’evidenza è acce­cante. Alla luce pro­prio dei pro­fu­ghi, che altro non sono che i testi­moni dei nostri fal­li­menti di guerra. Per­ché nel sot­to­vuoto spinto euro­peo si pre­fe­ri­sce, nascon­dere la verità, annun­ciando magari titoli roboanti su «truppe russe impe­gnate in Siria». Dimen­ti­cando come quella guerra sia stata aiz­zata, forag­giata, media­tiz­zata, adde­strata, in una parola voluta dai governi euro­pei. La data è quella del 2012 con la nascita della coa­li­zione degli Amici della Siria: ne face­vano parte Ger­ma­nia, Gran Bre­ta­gna, Fran­cia, Ita­lia, Stati uniti, con le petro­mo­nar­chie del Golfo a comin­ciare dall’Arabia sau­dita. Tutti a cor­rere ai ripari della «svi­sta» annun­ciata nel 2011 sulle magni­fi­che sorti delle «pri­ma­vere arabe» e per gestire con Dama­sco il «modello Tri­poli» uti­liz­zato per rove­sciare il regime di Ghed­dafi. Lì dove la rivolta fu certo poli­tica, ma subito carat­te­riz­zata in chiave inte­gra­li­sta e imme­dia­ta­mente dopo armata. Par­ti­rono gli aerei di Sar­kozy e die­tro tutta la schiera degli «Amici». Poi con la desti­tu­zione nel san­gue di Ghed­dafi, è arri­vata la sco­perta dell’avanzata del jiha­di­smo che, dai san­tuari ideo­lo­cici e di armi, ha tro­vato un nuovo inse­dia­mento nell’area. La distru­zione dell’Iraq, dopo tre guerre ame­ri­cane, ha fatto il resto favo­rendo la novità tra­gica dello Stato islamico.
Allora tutti uniti e tutti insieme, in guerra in Siria. Fino ad accor­gersi che, con il nostro soste­gno, avan­za­vano Al Qaeda e jiha­di­smo estremo. In una guerra che sem­pre più è apparsa «per pro­cura»: Stati uniti, Tur­chia e fronte euro­peo insieme all’Arabia sau­dita per fer­mare lo stato ancora «cana­glia» dell’Iran, alleato di Assad. Ma senza dirlo. Que­sta fogna diplo­ma­tica, di san­gue e di armi, sulla pelle dei popoli e in par­ti­co­lare di quello siriano, alla fine non poteva non scop­piare. Sme­mo­rati del pic­colo par­ti­co­lare che è stata la Rus­sia nel set­tem­bre 2013, con l’aggiunta della pre­ghiera di pace di papa Ber­go­glio, a dis­sua­dere dall’intervento armato Obama stra­con­vinto dall’ultimo casus belli inven­tato sulle armi chi­mi­che (smen­tite poi dalla stessa Ammi­ni­stra­zione Usa). Ma allora, è uno scoop sco­prire che sol­dati russi sareb­bero già sul campo? Sono lì pro­ba­bil­mente da molto tempo in difesa di inte­ressi e alleanze di Mosca e della base navale di Tar­touf. Lì dove com­bat­tono da tempo con­tro l’Isis gli hez­bol­lah liba­nesi legati a Teh­ran, insieme ai nemici giu­rati della Tur­chia, i com­bat­tenti della sini­stra kurda.
Ma che fine ha fatto la coa­li­zione degli Amici della Siria? Chi verrà chia­mato a rispon­derne alla sbarra dell’ormai morto diritto inter­na­zio­nale? Tran­quilli, hanno scher­zato. Per­ché alla fine gli Usa hanno comin­ciato da sei mesi a bom­bar­dare l’Isis e Al Nusra (Al Qaeda), le mili­zie che fino a poco tempo prima erano alleate con­tro Assad; e così dichiara di fare Ankara, che invece coglie l’occasione per col­pire il Pkk. Poi, di fronte ad una Ger­ma­nia ormai da tempo defi­lata dagli «Amici» e impe­gnata a modo suo a distin­guersi nell’accoglienza dei pro­fu­ghi, sono già par­titi i jet bri­tan­nici e quelli fran­cesi. Ecco dun­que in que­ste ore la «svolta» su Assad: raid e dia­logo con il raìs per fer­mare i mas­sa­cri. Un affol­la­mento. I sol­dati inviati da Mosca, gli aerei fran­cesi, i droni Usa, le mili­zie sciite inqua­drate dagli ira­niani. Assad resta dit­ta­tore ma diventa all’improvviso inter­lo­cu­tore. Come il «nemico ucraino» Putin che gioca la carta della media­zione, divi­dendo il fronte occi­den­tale, per­ché si avvii in Siria una solu­zione poli­tica. Qui in Siria non c’è l’Italia: in riti­rata dalla coa­li­zione degli «Amici», Renzi sco­pre «che in Siria c’è un pre­si­dente che con­trolla parte del ter­ri­to­rio» e che «dob­biamo guar­dare a quel che è suc­cesso in Libia dopo Ghed­dafi». Appunto: l’agenda ren­ziana non è la Siria ma ancora la Libia «degli sca­fi­sti» ma soprat­tutto avam­po­sto per fer­mare in nuovi campi ad hoc l’esodo dei pro­fu­ghi dalle nostre guerre e dalla mise­ria da noi provocata.
Intanto sul ter­reno restano cen­ti­naia di migliaia di morti e feriti, in gran parte vit­time civili, con milioni di pro­fu­ghi. Che da due anni affol­lano i Paesi di fron­tiera come Libano, Gior­da­nia e Turchia.
No, non basterà il sapone di Aleppo per lavare le mani e la coscienza sporca dell’Occidente.

Fonte: il manifesto

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