La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 12 settembre 2015

La Cina è vicinissima

di Marco Bertorello
Il gro­vi­glio di effetti e contro-effetti delle poli­ti­che mone­ta­rie espan­sive dimo­stra il livello di inte­gra­zione eco­no­mica glo­bale rag­giunto. Per quanto la crisi abbia dato vita anche a pro­cessi di ripie­ga­mento intorno agli inte­ressi degli stati-nazione, l’intreccio sovra­na­zio­nale dell’economia finan­zia­riz­zata è tale che un ritorno a con­flitti emi­nen­te­mente geo-politici per ora appare piut­to­sto remoto. Dai tempi della stretta mone­ta­ria di Rea­gan si sono sus­se­guite scelte di con­ti­nuo aumento della massa mone­ta­ria. L’ultima crisi ha accen­tuato ancor più tale ten­denza facen­dola assur­gere a unico prov­ve­di­mento per argi­nare le dif­fi­coltà eco­no­mi­che. Il volume di moneta in cir­co­la­zione è andato cre­scendo prima attra­verso tassi d’interesse quasi a zero e dopo con i quan­ti­ta­tive easing adot­tati da tutte le prin­ci­pali ban­che centrali.
Il sim­bo­lico pas­sag­gio del testi­mone tra Fed e Bce costi­tui­sce l’ultimo tas­sello di una scelta di fondo in fatto di rego­la­zione della moneta. Inon­dare il sistema di liqui­dità, però, non ha avuto solo gli effetti noti, cioè un raf­fred­da­mento della crisi, un recu­pero dei valori finan­ziari, insieme a una spro­por­zione tra la quan­tità di moneta immessa (nei soli Usa qua­dru­pli­cata) e i risul­tati otte­nuti sul fronte dell’economia reale. Ha deter­mi­nato anche una sorta di potere d’attrazione verso il ver­sante finan­zia­rio a livello pla­ne­ta­rio. I paesi emer­genti, infatti, hanno incon­trato una massa mone­ta­ria in cerca di ren­di­mento tale da ini­bire un rein­ve­sti­mento della loro cre­scita sul lato interno, per rilan­ciare invece pro­prio nel ben più remu­ne­ra­tivo ver­sante finan­zia­rio globale.
Le ban­che cen­trali nel loro pom­pare moneta hanno fatto rica­dere una parte, sep­pur minore, di finan­zia­menti anche nel motore della cre­scita degli emer­genti, con­tri­buendo alle per­for­mance straor­di­na­rie otte­nute in que­sti anni. Oggi però il qua­dro muta sen­si­bil­mente. La droga immessa nel mec­ca­ni­smo ha sor­tito qual­che effetto giu­di­cato suf­fi­ciente per ral­len­tare la corsa al denaro facile e avviare un per­corso di lenta normalizzazione.
Gli Usa ridu­cono così il loro inter­ven­ti­smo mone­ta­rio e gli effetti si vedono imme­dia­ta­mente. La cre­scita di valore del dol­laro appe­san­ti­sce i debiti in dol­lari con­tratti dai paesi emer­genti. Se poi aggiun­giamo la man­cata cre­scita euro­pea vediamo come gli inve­sti­menti tor­nino pro­gres­si­va­mente all’ovile, con il risul­tato di far piom­bare in reces­sione Bra­sile e Rus­sia, ral­len­tare Cina, Tur­chia, Sud Africa.
In que­sto momento per­sino tra emer­genti vi è un con­di­zio­na­mento nega­tivo reci­proco. La poten­ziale crisi da sovra­pro­du­zione che potrebbe esplo­dere in Cina, coniu­gata con un pro­filo della cre­scita tutto sbi­lan­ciato in favore di un inde­bi­ta­mento spro­po­si­tato, è sin­tomo di una muta­zione com­ples­siva. Le ricette imme­dia­ta­mente messe in campo dal colosso orien­tale sono le con­suete (quan­ti­ta­tive easing, ulte­riore dere­go­la­men­ta­zione del sistema ban­ca­rio e sbi­lan­cia­mento a favore degli attori pri­vati) e danno la misura di una incre­di­bile con­ver­genza negli assetti finan­ziari ed economico-produttivi. Nes­suno può per­met­tersi un ral­len­ta­mento in Cina, sia sotto il pro­filo stret­ta­mente indu­striale, sia su quello finan­zia­rio. Una sorta di quan­ti­ta­tive easing glo­bale, con annesse poli­ti­che di ulte­riore inde­bi­ta­mento, sem­bra essere l’unica carta gio­cata per evi­tare il peg­gio, o forse per allontanarlo.
In un recente pam­phlet, Gian­gia­como Nar­dozzi ha soste­nuto che «c’è troppa finanza per­ché c’è troppa poli­tica mone­ta­ria», poi­ché il governo dell’economia si basa pre­va­len­te­mente sull’assunzione del rischio e sui canali finan­ziari per commerciarlo.
Ma quando anche la cosid­detta «fab­brica del mondo» in un così breve lasso di tempo ha assunto il pro­filo dell’economia finan­zia­riz­zata c’è da chie­dersi se sia ancora ipo­tiz­za­bile un’economia reale sana senza che se ne cam­bino i con­no­tati di fondo.

Fonte: il manifesto

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