La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 12 settembre 2015

Kobane, la violenza di Erdogan e il silenzio complice dell'Europa

ERDOGAN
di Giacomo Russo Spena
Bodrum. La foto di Aylan Kurdi, corpo inerme. Bimbo di tre anni, morto durante la traversata. Dal diritto di fuga all'angoscia. Rabbia. L'istantanea ha commosso l'Europa, e il mondo, risvegliando coscienze e intimando persino nuove politiche sull'accoglienza dei rifugiati.
L'attenzione mediatica si è fermata a quell'immagine cruda, straziante, violenta. In pochi si sono interrogati sul luogo di provenienza e su quel cognome, Kurdi. Aylan veniva da Kobane, città del Kurdistan siriano, centro di battaglia da mesi dove la popolazione locale ha arrestato l'avanzata dell'Isis liberando l'intera regione del Rojava. Un'esperienza di resistenza popolare. Le forze di difesa YPG e YPJ (le unità esclusivamente femminili) hanno sconfitto i "fascisti" dell'Isis (chiamato in senso dispregiativo Daesh in Medio Oriente).Oltre a liberare militarmente la zona, il Rojava si è proclamata regione autonoma sulla base di un contratto sociale mettendo in piedi nuove, e innovative, pratiche di democrazia diretta e partecipazione.
"Noi, popoli delle Regioni autonome, ci uniamo attraverso la Carta in uno spirito di riconciliazione, pluralismo e partecipazione democratica, per garantire a tutti di esercitare la propria libertà di espressione. Costruendo una società liberà dall'autoritarismo, dal militarismo, dal centralismo, e dall'intervento delle autorità religiose nella vita pubblica, la Carta riconosce l'integrità territoriale della Siria con l'auspicio di mantenere la pace al suo interno e a livello internazionale".
La Carta di Rojava rappresenta oggi un modello alternativo di sviluppo sostenibile per le società mediorientali e non solo. Costruito attorno a quattro pilastri: confederalismo democratico (federazione democratica), centralità del ruolo della donna, autodifesa, economia solidale ed ecologica.
L'esperienza di Kobane è resa possibile grazie al contributo del Pkk, il Partito dei Lavoratori curdo in Turchia, inserito per volontà degli Stati Uniti nella lista internazionale delle organizzazioni terroristiche.
Un Occidente miope ed ipocrita che sostiene Kobane quando combatte contro i fondamentalisti dell'Isis ma, contemporaneamente, è con Erdogan mentre annienta i curdi con il pretesto di contrastare l'Isis.
Un Rojava in guerra su due fronti, martoriato dalla Turchia e dal daesh. Il governo Erdogan, infatti, da mesi sta bombardando le popolazioni curde in Iraq, Siria e Turchia; oltre a far arrestare giornalisti internazionali - mettendo al repentaglio il diritto di cronaca - e gli attivisti dell'HDP, partito filocurdo di sinistra che alle recenti elezioni ha preso il 13 per cento.
Dopo la rottura - consumatasi a luglio - della tregua tra esercito turco e indipendentisti curdi del Pkk in vigore dal 2013, assistiamo ad un precipitarsi della situazione. Da un lato il Pkk, ritornando a sparare, ha ucciso 17 militari turchi, dall'altro nelle ultime 48 ore - documenta il sito DinamoPress - gli ultranazionalisti, protetti e foraggiati da Erdogan, hanno dato alle fiamme o distrutto 315 sedi dell'HDP, 15 persone sono state linciate, decine i curdi feriti.
Scontri e assalti in tutto il Paese. Nel silenzio generale. Arrestati molti deputati HDP - partito, ripeto, del 13 per cento - che si vanno ad aggiungere agli oltre 2mila oppositori imprigionati nei mesi scorsi. La città curda di Cizre sarebbe allo stremo: senza rifornimenti d'acqua e di cibo, senza elettricità da oltre una settimana, a causa del blocco imposto dall'esercito turco. Una situazione gravissima.
In tale quadro, assume rilievo il libro "Kobane, diario di una resistenza" (edizione Alegre, 191 pp, 14 euro) che narra le staffette di solidarietà internazionale verso il Rojava. Kobanê - si legge nell'introduzione - "come fenomeno globale perché la resistenza messa in atto dalla sua popolazione, dalle sue forze di difesa del popolo, ha avuto il merito di cambiare il corso di una storia". Solidarietà in difesa di una popolazione sotto attacco da Turchia e Isis.
Un testo collettaneo, scritto da una trentina di volontari. Come prefazione le tavole del fumettista ZeroCalcare, recatosi più volte nel Rojava. Dove non arrivano i governi, giunge la solidarietà "dal basso". Un diario arricchito da interviste sul luogo, aneddoti e racconti diretti. Quale modo migliore per divulgare e far conoscere il modello di Kobane?

Fonte: Huffington Post

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