La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 12 settembre 2015

Lo dice Oxfam. Il nemico è la disuguaglianza

di Maso Notarianni
In questo blog e altrove potete trovare decine di articoli o di post che ho scritto sostenendo che IL problema da affrontare, il vero scandalo di questo secolo malcominciato, è ladisuguaglianza. Nel mondo in generale e anche nel nostromondo. Una disuguaglianza favorita dai governi che non rappresentano più gli interessi dei cittadini, ma quelli dei ricchi e dei potenti. Una disuguaglianza che rende la democrazia un fantoccio dietro cui nascondere un ritorno al medioevo. Un nuovo medioevo dove i padroni e l’ignoranza dominano sulle classi subalterne, come si diceva un tempo, che obbediscono, accettano qualsiasi atrocità (come l’ecatombe mediterranea) e sgobbano in silenzio.
Leggo un rapporto di Oxfam, una organizzazione internazionale che non si può certo tacciare di estremismo, che dice esattamente le stesse cose. E ne riporto degli stralci, invitandovi a leggere il rapporto completo.
"Per lungo tempo l’Europa è andata fiera del proprio modello sociale, la cui conquista ha drasticamente ridotto la piaga della povertà e promosso la prosperità negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. 
La recente crisi ha però logorato queste importanti conquiste attraverso una serie di riforme e aggiustamenti con effetti a breve termine. L’effetto cumulativo di disoccupazione e austerità ha condotto ad una ricrescita della povertà in Europa e alla riduzione della prosperità tra la classe media. Come documentato in questo rapporto di Oxfam, nella prospera Unione Europea vi sono oggi 123 milioni di persone a rischio di povertà, pari a un quarto della popolazione europea, contro i 116 milioni registrati nel 2008.
L’ampio dispendio di risorse pubbliche per salvare istituzioni private considerate “too big to fail” ha costretto i contribuenti a farsi carico delle perdite, ha causato l’incremento del debito pubblico e ha sostanzialmente ostacolato la crescita economica. A partire dal 2010 il costo degli aggiustamenti è stato trasferito sui cittadini che hanno dovuto far fronte per oltre cinque anni alla riduzione dei posti di lavoro e dei redditi.
Secondo stime di Credit Suisse l’1% più ricco della popolazione europea (compresi i Paesi extra UE) detiene quasi un terzo delle ricchezze del continente, mentre il 40% più povero si divide meno dell’1% della ricchezza netta totale europea. In altre parole, i 7 milioni di europei più ricchi possiedono la stessa quantità di ricchezza dei 662 milioni più poveri.
In primo luogo, ricchi individui, aziende e gruppi di interesse condizionano i processi decisionali politici piegandoli ai propri interessi, a tutto discapito dei cittadini comuni che di tali processi dovrebbero essere i beneficiari.
In secondo luogo, i programmi di austerità attuati in alcuni Paesi UE trasferiscono decisamente l’onere della riduzione del debito pubblico sulle spalle dei poveri e dei più vulnerabili, con gravi conseguenze per le società europee. Tali programmi prevedono tra l’altro l’aumento dell’imposizione fiscale regressiva, tagli alla spesa pubblica, la privatizzazione dei servizi pubblici, la riduzione dei salari e il deterioramento delle condizioni di lavoro.
In terzo luogo, in molti Paesi europei l’iniquità dei sistemi fiscali non corregge il divario di reddito ma, al contrario, contribuisce di fatto ad allargare il baratro della disuguaglianza. Tali sistemi fiscali sono fortemente sbilanciati verso una più pesante tassazione del lavoro e del consumo rispetto al capitale e consentono così ai soggetti ad alto reddito, ai ricchi e alle aziende con maggiori profitti di sottrarsi ai propri obblighi fiscali, trasferendo il peso dell’imposizione sulle spalle dei comuni cittadini. In questo contesto, il costo stimato dell’elusione ed evasione fiscale nell’UE ammonta a 1.000 miliardi di euro l’anno in termini di perdita di gettito, una cifra pari al doppio degli investimenti totali nella sanità pubblica dei Paesi UE.
Il dato più preoccupante è che, negli ultimi anni, molti Paesi UE hanno registrato un aumento delle persone scese al di sotto della soglia nazionale di povertà.19 Tra il 2009 e il 2013 il numero di cittadini soggetti a grave deprivazione materiale è aumentato di 7,5 milioni nel complesso dei 27 Paesi UE.
In Europa il settore dei beni di lusso è cresciuto del 28% tra il 2010 e il 201326 e ci sono attualmente 342 miliardari, con un patrimonio totale di quasi 1.500 miliardi di dollari27. La Spagna, dove nel 2014 oltre tre milioni di persone vivevano in stato di grave deprivazione, conta 21 miliardari con un patrimonio totale di 116 miliardi di dollari.
La povertà che affligge i Paesi UE non è un problema di carenza di risorse, bensì di come le risorse sono ripartite: un’esigua minoranza di persone detiene un livello sproporzionato di reddito e ricchezza che va ben oltre i suoi fabbisogni, mentre altre ne sono escluse e fanno fatica a pagare le bollette.
La distribuzione della ricchezza in Europa è ancor più disomogenea di quella del reddito. Secondo stime di Credit Suisse l’1% più ricco della popolazione europea possiede quasi un terzo delle ricchezze del continente
I 7 milioni di europei più ricchi possiedono oggi la stessa quantità di risorse dei 662 milioni più poveri (compresi i Paesi extra UE).
Disuguaglianza e condizionamento politico, cioè il controllo del potere e della politica da parte di un’élite, sono strettamente interconnessi. La concentrazione di ricchezza conferisce alle élite economiche il potere e la possibilità di svolgere attività di lobbying e dominare i processi politici decisionali a livello europeo. Si genera in tal modo un circolo vizioso in cui esse influenzano politiche e normative piegandole ai propri interessi a tutto discapito degli interessi della popolazione; di conseguenza cresce la disuguaglianza e il potere delle élite si rafforza ulteriormente.
La concentrazione di ricchezza è direttamente proporzionale al potere di influenzare i processi decisionali, mentre chi si trova in stato di povertà, vulnerabilità ed emarginazione non ha la capacità di chiedere politiche più eque di ridistribuzione, pari opportunità e piena realizzazione dei propri diritti. Si rischia così che in tutta Europa le dinamiche di concentrazione di ricchezza, condizionamento politico e aumento della povertà, già comuni in molti Paesi, divengano un fenomeno istituzionalizzato. In Europa molti cittadini sono consapevoli delle dinamiche di condizionamento delle politiche che tanta parte hanno nelle loro vite. In un sondaggio del 2013 la maggioranza di essi dichiarava di percepire i propri governi come dominati dagli interessi particolari di pochi111. Ciò valeva in particolare nei Paesi più duramente colpiti dalle ripercussioni della crisi finanziaria globale: oltre 80% in Grecia, 70% in Italia e 66% in Spagna112.
Di conseguenza molti cittadini sviluppano una crescente disaffezione nei confronti dei propri governi, delle istituzioni nazionali ed europee e del funzionamento della democrazia nel suo insieme. I risultati dei sondaggi effettuati da Eurobarometro tra il 1986 e il 2013 indicano che nell’area meridionale del Mediterraneo la maggioranza della popolazione è scontenta della democrazia
Le misure di austerità adottate ovunque in Europa, basate su principi di fiscalità regressiva che guardano solo ai risultati a breve termine e su drastici tagli alla spesa, specialmente nei servizi pubblici come educazione, sanità e sicurezza sociale, hanno demolito i meccanismi che riducono la disuguaglianza e consentono una crescita equa. Tali misure stanno producendo gravi conseguenze sulle società europee, proprio in un periodo in cui molti Paesi sperimentano già livelli di disoccupazione senza precedenti e le donne subiscono ancora la mancanza di pari opportunità
Anche se obiettivamente esistono margini di miglioramento delle politiche sociali e dei servizi pubblici sotto l’aspetto dell’efficacia e dell’efficienza, la tendenza verso una crescente privatizzazione dà luogo ad una segmentazione di opportunità che sposta la bilancia dei vantaggi verso la popolazione più ricca.
I trend fiscali all’interno della UE vanno però generalmente nella direzione opposta rispetto all’auspicata creazione di sistemi equi e giusti che correggano le disuguaglianze. A causa della pressione create dalla crisi finanziaria e dalle esigenze di stabilizzazione dei bilanci, senza dubbio vi è la necessità di riscuotere una maggiore gettito fiscale; il problema è che lo si riscuote secondo criteri che gravano eccessivamente sul cittadino medio e in particolare sui soggetti più vulnerabili. Fonte, Oxfam"

Fonte: MicroMega online - blog dell'autore

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