La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 11 settembre 2015

Violenza di genere e scuola

di Maria G. Di Rienzo
“8 settembre 2015, Cagliari – Professore di liceo condannato a 10 anni di carcere per gli abusi sessuali commessi sulle sue allieve.”
Notizia clamorosa? Tuoni e fulmini? Indignazione dell’opinione pubblica e interventi della classe politica? No, siamo in Italia. E’ semplicemente un “trend”. Peschiamo a caso:
“10 marzo 2015, Trapani – Bidello, colto sul fatto, arrestato per abusi sessuali su un’alunna di quarta elementare.”
“26 maggio 2015, Salerno – Bullismo e molestie sessuali tra i banchi di scuola.”
“10 giugno 2015, Bellinzona – Insegnante delle elementari in carcere per atti sessuali su bambini…”
Circa un minore su cinque è vittima di violenze sessuali. Poco meno del 90% dei perpetratori appartiene alla famiglia o alla famiglia allargata del minore o è persona conosciuta, eventualmente di riferimento: educatore, istruttore, docente, sacerdote.
L’80% dei perpetratori è di sesso maschile. La maggioranza delle vittime è di sesso femminile. Di solito, la bambina o la ragazza che ha subito violenza a scuola cambia istituto: se chi ha abusato di lei è parimenti un minore tende invece a non spostarsi. L’abuso è trasversale a classi sociali, gruppi etnici, località geografiche.
I dati provengono da studi differenti datati dal 2010 al 2014, ma tenete conto che si tratta della punta dell’iceberg, perché gli episodi di abuso per la maggior parte non sono denunciati e non rientrano nelle statistiche ufficiali. Aggiungete pure al quadro, perciò, le vicende di cui siete a conoscenza per esperienza diretta o perché ve le hanno raccontate: le bambine chiuse in bagno dai compagni che le palpeggiano o peggio; le foto di ragazzine seminude scattate sempre nei bagni e scambiate tramite i cellulari; le molestie quotidiane e normalizzate; gli abusi sessuali perpetrati direttamente in classe, eccetera.
Adesso torniamo un attimo a Cagliari. L’insegnante di matematica in questione, il sig. Melis, in precedenza sospeso per le sue lezioni più centrate sul sesso che sulla sua materia, per tre anni di fila si è sentito legittimato a stuprare una decina di adolescenti di età compresa fra i 14 e i 18 anni, certo di farla franca: nessuna delle ragazze lo ha denunciato direttamente (solo quando un’allieva ha parlato con altri professori sono iniziate le indagini).
Come mai? Le minacciava di bocciatura. Le minacciava tramite Facebook o via sms di diffondere le loro immagini “compromettenti”. Quando una ragazza in una delle sue classi si è dichiarata lesbica è stata costretta a rapporti sessuali con la minaccia di rendere noto il fatto ai suoi genitori. Un’altra è stata stuprata in aula mentre una compagna era costretta a stare di sentinella sulla porta.
Cos’ha fatto pensare a questo signore che le allieve fossero a sua disposizione, come in un harem? Stava esercitando il suo “diritto al sesso”? La valanga di immagini pornificate di donne, ragazze e bambine rigurgitate dai media di ogni tipo lo hanno un po’ stordito? Le ripetute attestazioni di inferiorità, incapacità, inadeguatezza delle femmine umane lo hanno convinto di aver a che fare con insetti, e non con persone?
Ad ogni modo, non è da lui che cerco risposte. Quelle le voglio dal governo del paese in cui vivo.
Le amministrazioni scolastiche e i/le docenti hanno in maggioranza scarse idee su come trattare le vittime e i perpetratori degli assalti sessuali. Del genere hanno sentito parlare quasi esclusivamente da complottisti ignoranti e sono inconsapevoli delle pressioni sessuali legate ai ruoli di genere che interessano le vite dei giovani, maschi e femmine.
Perciò, dal governo italiano voglio sapere quale formazione e quali risorse sono disponibili a tutto il personale scolastico, agli/alle studenti e ai loro genitori, per rispondere alla violenza sessuale. Come avete detto? Non sento niente. Forse perché niente c’è.
Allora, chiedo al governo del mio paese di stilare un piano per fornire formazione e risorse a livello nazionale e locale. Chiedo tale piano sia collegato a chi ha esperienza di contrasto alla violenza di genere: le associazioni femministe, le case per non subire violenza, i gruppi di donne / femministe che le sostengono. Educazione al genere, educazione sessuale, educazione al consenso in ambito sessuale non possono essere delegati a chi biasima le vittime e scusa gli stupratori: niente politici – religiosi – accademici che pensano “lei se l’è andata a cercare per questo e quel motivo”, perché se vogliamo liberarci dalla violenza sessuale niente deve giustificarla (niente scientificamente ed eticamente può, in effetti).
Il governo dovrebbe anche:
a) prendere l’impegno di raccogliere e rendere pubbliche le informazioni sulle percentuali di abusi commessi nelle scuole su base annuale, incluse quelle su genere e età di vittime e perpetratori, di modo che le differenze possano essere viste e le politiche adattate ad esse;
b) adeguare le risorse a disposizione per chi subisce violenza: tagli, mancanza di finanziamenti a lungo termine e di riconoscimento hanno mandato in crisi o provocato la chiusura di rifugi e centri d’ascolto;
c) affrontare seriamente, una volta per tutte, 1) l’enorme quantità di messaggi dannosi – pubblicità, televisione, giornali, social media – ove le donne e le ragazze sono costantemente ritratte come oggetti sessuali a cui gli uomini hanno diritto d’accesso; 2) la persistente diseguaglianza (di diritti, opportunità, legittimazione, risorse) fra uomini e donne e il modo in cui intersecandosi con diseguaglianze relative a etnia, classe sociale, orientamento sessuale, abilità fisica, età, essa conduce a razionalizzare e minimizzare gli abusi.
Questo è il modo di cominciare a togliere terreno agli stupratori e ai molestatori in ambito scolastico. Questo è ciò che la politica istituzionale dovrebbe fare se volesse davvero dare a bambine/i e ragazze/i una “buona scuola”.
Fonte: Comune-info

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