La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 9 settembre 2015

Germania, si divide la grosse koalition


di Jacopo Rosatelli
Men­tre con­ti­nua l’afflusso di pro­fu­ghi alla sta­zione cen­trale di Monaco (ieri circa 4300), si fa più intenso il dibat­tito pub­blico intorno all’«apertura delle fron­tiere» annun­ciata l’altro ieri dal governo tede­sco. Nella grosse Koa­li­tion comin­ciano i distin­guo, e non sono di poco conto.
Il più cla­mo­roso, quello di Max Strau­bin­ger, numero due del gruppo par­la­men­tare della Csu, partito-fratello della Cdu di Angela Mer­kel nella ricca Baviera: con­trad­di­cendo quanto annun­ciato dalla can­cel­liera, l’esponente cristiano-sociale ha pro­po­sto che la Ger­ma­nia non accolga tutti i siriani, ma solo quelli che arri­vano da zone «real­mente peri­co­lose». «Non ovun­que in Siria si com­batte. Aleppo non è Dama­sco», ha dichia­rato Strau­bin­ger in un’intervista ai gior­nali del gruppo Redak­tion­sNe­tz­werk. Cri­ti­che anche in dire­zione del vice­can­cel­liere Sig­mar Gabriel, lea­der del par­tito social­de­mo­cra­tico (Spd), per avere ipo­tiz­zato che la Repub­blica fede­rale possa acco­gliere ogni anno 500mila persone.

Evi­den­te­mente, la «pan­cia» con­ser­va­trice, soprat­tutto in Baviera, si fa sen­tire. E alla Csu non basta avere otte­nuto un ina­spri­mento delle con­di­zioni di vita dei richie­denti asilo — al posto di una dia­ria rice­ve­ranno beni e il periodo di per­ma­nenza nei cen­tri di prima acco­glienza aumen­terà –, né la dichia­ra­zione degli stati dei Bal­cani occi­den­tali quali «Paesi sicuri». Quello che il cen­tro­de­stra bava­rese vuole è che dal governo tede­sco ven­gano man­dati segnali diversi da quelli che hanno por­tato Mer­kel a diven­tare la benia­mina di migliaia di siriani.
Ma i malu­mori non sono solo nei set­tori ostili all’apertura verso i pro­fu­ghi. Ieri ha alzato la voce anche la gover­na­trice della Rena­nia set­ten­trio­nale — West­fa­lia, la social­de­mo­cra­tica Han­ne­lore Kraft, figura molto popo­lare nel suo par­tito. «Stan­zia­menti insuf­fi­cienti», è il rim­pro­vero che viene mosso a Ber­lino: i comuni e i Län­der non hanno i mezzi suf­fi­cienti per dare attua­zione ai pro­po­siti annun­ciati da Mer­kel e Gabriel.
Ana­lo­ghe a quelle di Kraft sono le cri­ti­che che ven­gono mosse dalle oppo­si­zioni. Ieri al Bun­de­stag è comin­ciata la discus­sione sulla legge di bilan­cio: occa­sione che Linke e Verdi non si sono lasciati sfug­gire per denun­ciare l’«austerità» del governo appli­cata all’emergenza-profughi. «Se si vuole affron­tare sul serio la situa­zione — ha affer­mato il capo­gruppo in pec­tore della Linke Diet­mar Bar­tsch — l’esecutivo deve abban­do­nare la sua fis­sa­zione per il pareg­gio di bilancio».
Un grido di allarme che si può rac­co­gliere anche da parte di chi è impe­gnato sul campo nell’aiuto ai richie­denti asilo: «Senza noi volon­tari, le ammi­ni­stra­zione pub­bli­che da sole non ce la fareb­bero», dice al mani­fe­sto Seba­stian Wal­ter, gio­vane diri­gente della Linke del Bran­de­burgo che l’altro ieri ha accolto i pro­fu­ghi giunti nel cen­tro di rac­colta di Eise­n­hüt­ten­stad, cit­ta­dina al con­fine con la Polonia.
«Il governo ha tar­dato troppo a ren­dersi conto che cre­sceva il numero di per­sone inten­zio­nate a rag­giun­gere il nostro Paese, e ha deciso di aprire le fron­tiere ai siriani solo quando non aveva più altra scelta: i migranti sareb­bero pas­sati lo stesso, ma ci sareb­bero stati caos e inci­denti, con un grave rischio poli­tico per Mer­kel», ragiona Wal­ter. «Io ero ad Atene a soste­nere Syriza lo scorso gen­naio – ci dice ancora il mili­tante della Linke – e posso dire che pur­troppo la Ger­ma­nia è sem­pre la stessa: agi­sce solo per il pro­prio interesse».
Ci tiene a distin­guere l’azione del governo da quella delle per­sone che stanno aiu­tando i pro­fu­ghi anche Julia Fri­tzsche, gior­na­li­sta della radio­te­le­vi­sione pub­blica bava­rese: «Alla sta­zione di Monaco in que­sti giorni ho visto gente comune, che si potrebbe defi­nire anche “apo­li­tica”, spinta all’agire soli­dale dopo i 71 morti in Austria e la foto del pic­colo Aylan», ci riferisce.
«La logica che muove Mer­kel e Gabriel, invece, è un’altra: basta leg­gere le dichia­ra­zioni degli indu­striali, ad esem­pio quelle del capo della Daim­ler, per capire che al nostro Paese ser­vono nuovi lavo­ra­tori per man­te­nere alte le nostre per­for­mance eco­no­mi­che. E i pro­fu­ghi in arrivo dalla Siria sono ovvia­mente molto utili», argo­menta Fritzsche.
La Ger­ma­nia «cri­tica» non crede, dun­que, a una can­cel­liera con­ver­ti­tasi sulla via di Dama­sco alla soli­da­rietà. Anche se tutti le rico­no­scono una certa fles­si­bi­lità nell’agire, la stessa di cui diede prova già in occa­sione della svolta sul nucleare dopo l’incidente di Fuku­shima. Quando, con un occhio ai son­daggi, capì che la mag­gio­ranza dei tede­schi era favo­re­vole all’abbandono defi­ni­tivo dell’atomo: pur avendo soste­nuto il con­tra­rio fino al giorno prima, cam­biò idea stupì tutti. E soprat­tutto: tolse agli avver­sari un pesante argo­mento pole­mico per la cam­pa­gna elet­to­rale a venire. Una mossa che si rivelò azzeccatissima.

Fonte: il manifesto

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