
di Arvind Subramanian
Democrazia significa che i cittadini hanno la possibilità di fare delle scelte, ma durante la crisi del loro Paese ai greci è stata negata e i responsabili di questo sono l’Unione Europea e soprattutto l’Fmi.Alla Grecia sono state offerte due scelte difficili: uscire dall’eurozona senza aiuti o restare e ricevere sostegno in cambio di altra austerità. Ma alla Grecia spettava una terza opzione: lasciare l’euro, ma con un aiuto generoso.
Quell’opzione avrebbe dovuto essere messa sul tavolo, riconoscendo che la Grecia ha ragioni politiche più grandi per restare nell’eurozona. Uscire dall’unione monetaria avrebbe portato benefici considerevoli, ma una Grexit avrebbe anche implicato costi elevatissimi.Tra i benefici ci sarebbe stata una massiccia svalutazione che avrebbe riportato dinamismo a quella che una volta era un’economia in rapida crescita. Ma i costi sarebbero stati spaventosi. Il governo avrebbe dovuto dichiarare default, le banche sarebbero andate in rovina ed entrambi avrebbero lottato anni per ritrovare la fiducia dei mercati finanziari. Di conseguenza, i tassi di interesse sarebbero rimasti alti per molto tempo, ostacolando gli sforzi per riportare la crescita.
C’è ancora da stupirsi che il governo greco si sia rifiutato davanti a quell’orrore e abbia scelto l’opzione “sicura” dell’austerità?Ma quell’opzione potrebbe non essere affatto sicura. Con «l’ardimento terribile di un attimo di abbandono» per citare T.S. Eliot, ora la Grecia dovrà continuare con il regime di austerità, sperando che in un futuro lontano una “svalutazione interna” – ovvero deflazione dei salari e dei prezzi – aiuti ad alimentare una ripresa. Solo l’Fmi avrebbe potuto offrire la terza opzione di un’uscita ordinata: poteva dire alla Grecia di prendersi i benefici della svalutazione, mentre la comunità internazionale avrebbe agito per arginare i costi concomitanti. I termini esatti di una Grexit – approvati dalla troika (Fmi, Commissione europea e Banca centrale europea) e dalle autorità greche – di sicuro avrebbero previsto una rinegoziazione dei debiti greci, oltre a una strategia per ricapitalizzare il sistema bancario e arginare incertezza, sofferenze e perturbazioni. Ma i costi sarebbe stati altissimi e così l’Fmi avrebbe dovuto offrire un aiuto finanziario generoso per coprire i bisogni delle importazioni greche per diciamo due anni, offrendo liquidità per gestire la transizione verso una nuova moneta. Questa ovviamente avrebbe aumentato la già notevole esposizione dell’Fmi nei confronti della Grecia, ma il gioco sarebbe valso la candela perché avrebbe seguito una strategia che avrebbe avuto possibilità di riuscita molto più alte.
Ma c’è una strategia che sarebbe riuscita a rimettere in sesto l’economia greca? Dopotutto, con qualsiasi scenario, la Grecia dovrà avere un avanzo primario e intraprendere riforme strutturali per trasformare la sua economia. E molti insistono che questo semplicemente non succederà perché la Grecia si rifiuta di cambiare.Tuttavia, quelle valutazioni non tengono conto di quanto è successo negli ultimi anni, durante i quali i governi che si sono succeduti hanno intrapreso misure molto radicali per consolidare la posizione fiscale della Grecia e ridurre gradualmente gli stipendi pubblici.
Inoltre, gli scettici trascurano il fatto che gli incentivi per portare avanti le riforme strutturali sono in parte endogeni. Senza la svalutazione e la prospettiva di un alleggerimento del debito, la riforma porterà altri patimenti a breve termine, anziché ridurli.La ragione per cui non è mai stata proposta l’opzione di una Grexit assistita sembra chiara: i creditori europei della Grecia si opponevano fermamente. Ma non è chiaro se l’Fmi avrebbe dovuto dare grande peso a quelle preoccupazioni.Nel 2010, i Paesi creditori erano preoccupati di un contagio al resto dell’eurozona.
Se la Grexit fosse riuscita, l’intera unione monetaria sarebbe stata a rischio perché gli investitori avrebbero temuto che altri Paesi dell’eurozona molto indebitati seguissero l’esempio della Grecia.Ma questo rischio è in realtà un altro argomento a favore dell’offerta alla Grecia di uscire. È un’impresa davvero ardua tenere insieme dei Paesi quando andarsene sarebbe più vantaggioso.Più recentemente, i Paesi creditori si sono preoccupati dei costi finanziari per i governi che hanno prestato soldi alla Grecia. Ma l’America Latina negli anni Ottanta ha dimostrato che i Paesi creditori hanno più probabilità di essere ripagati quando i Paesi debitori sono di fatto in grado di crescere.In breve, l’Fmi non avrebbe dovuto mettere al centro delle sue decisioni le preoccupazioni europee di un possibile contagio o della restituzione del debito. Avrebbe dovuto invece spingere apertamente per la terza opzione, un segnale forte perché avrebbe fatto capire che l'Fmi non sarebbe stata costretto dai suoi potenti membri ad accettare politiche sbagliate. Per l’Fmi sarebbe stata un’occasione di riparare alla miseria provocata dalle misure di austerity imposte dai creditori alla Grecia negli ultimi cinque anni e di cui il Fondo si era reso complice. Ma, soprattutto, avrebbe permesso all’Fmi di andare oltre l’immagine di strumento delle potenze dello status quo, Usa e Europa. Sfidando i suoi azionisti europei, l’Fmi avrebbe fatto un grande passo per affermarsi come istituzione nuova: un fondo monetario veramente internazionale invece dell'attuale fondo monetario euro-atlantico. Ma non tutto è perduto. Se l’attuale strategia fallisce, la terza opzione – quella di una Grexit assistita – resterà percorribile. L’Fmi dovrebbe pensarci. Il popolo greco si merita la possibilità di fare scelte vere in un futuro prossimo.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Traduzione di Francesca Novajra
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.