La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 7 settembre 2015

La marcia dei profughi verso l'Europa dei diritti

Le migliaia di profughi in movimento da Budapest verso il confine austriaco in direzione della Germania e le immagini dei cittadini ungheresi che offrono generi alimentari e di conforto ai profughi in marcia ci consegnano una speranza di un'Europa accogliente e diversa da quella matrigna e indifferente che ha campeggiato negli schermi televisivi in questi ultimi mesi. La strada è ancora lunga: i flussi migratori continueranno per anni e l'Europa dovrà cambiare le politiche sull'immigrazione, rivedere gli accordi di Dublino e Schengen, arrivando a una politica veramente comune e a un diritto di asilo europeo.
L'immagine più forte è quella dei profughi in marcia verso l'Austria con in testa la bandiera europea; ciò significa che costoro vedono nell'Europa il luogo del mondo dove poter cercare una vita migliore. Un luogo dove poter ambire al “diritto di avere diritti”.
L'altra immagine che supera l'inerzia dei governi nazionali sono le centinaia di cittadini ungheresi, austriaci e tedeschi che aiutano i profughi in marcia cosiccome gli striscioni alzati in diversi stadi in Germania con la scritta: “Refugees welcome” . O le manifestazioni in decine di città del nostro continente che mostrano un'Europa in movimento per rivendicare l'accoglienza di profughi e migranti aldilà di ogni frontiera.
La decisione di Austria e Germania di accogliere i profughi e l'arrivo di centinaia di migranti alla stazione di Monaco di Baviera ricevuti dagli applausi scroscianti di decine di tedeschi con la folla che ha cantato l'inno europeo e gridato più volte “Germania, Germania” è un'altra fotografia dell'Europa a cui non eravamo abituati. Di quell'Europa che ci piace e che è in grado di accogliere abbattendo tutte le frontiere.
La recente decisione di Angela Merkel di aprire ai profughi siriani, sebbene sia arbitraria nei confronti dei profughi di altre nazionalità, ha avuto l'indubbio merito di riaprire i giochi a livello europeo sia per rivedere gli accordi di Dublino sia per arrivare a un diritto di asilo europeo.
La marcia di profughi e migranti, distinzione quanto mai fastidiosa in quanto esseri umani come noi e con gli stessi diritti a una vita decente, mette a nudo e sconfigge tutte le politiche di chiusura messe in atto da governi e partiti nazionalisti: non ci sono muri e fili spinati che possano fermare persone in fuga da guerre, torture e fame. Di fronte alla marcia dei profughi naufragano le politiche e le proposte di partiti e movimenti xenofobi che di fronte all'emergenza umanitaria non sanno far altro che aizzare verso i più deboli le ire dei cittadini nostrani. Non avendo una soluzione alla crisi economica, ecologica e sociale che implicherebbe cambiamenti drastici allo stile di vita che conduciamo non hanno niente di meglio che trovare un capro espiatorio.
Certo l'Europa in movimento in questi giorni è quella dei profughi e di quei cittadini europei che li aiutano come possono. Un movimento dal basso che non può nascondere che la soluzione debba essere trovata dai leader europei se sapranno togliersi i vestiti nazionali dell'egoismo come invece stanno facendo i leader dei quattro paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) che in una dichiarazione congiunta hanno confermato un no secco alla quote obbligatorie sui profughi. La risposta al problema non può che essere una sola ed essere europea. Accogliere tutte le persone in fuga con corridoi umanitari e mettere in atto il diritto d'asilo europeo.
Le vicende di questi ultimi anni e l'aggravarsi della situazione dei flussi migratori di questi ultimi mesi ci indicano una sola cosa: gli stati nazionali europei divisi non sono in grado di trovare soluzioni credibili come ci mostrano chiaramente, e purtroppo, le migliaia di morti sulle rotte marine e terrestri verso l'Europa.
Solo da un'Europa unita politicamente con un governo democratico europeo controllato dal Parlamento europeo può scaturire una risposta all'altezza della situazione: non ci sono scorciatoie nè soluzioni alternative. Chi predica un ritorno allo stato nazionale sovrano, soluzione antistorica e inefficace di fronte a un processo di globalizzazione che non si può arrestare ma solo tentare di governare, è un sognatore di un mondo che fu.
La grande realtà che ci consegnano le immagini dei profughi in marcia dall'Ungheria verso la Germania con la bandiera europea è la necessità storica di costruire la federazione europea. Di fronte a questa situazione spariscono i nanetti della politica europea: Le Pen, Salvini, Farage, Grillo, Orban; ed emergono i giganti del progetto degli Stati Uniti d’Europa: Spinelli, Rossi e Colorni. Mai come oggi tornano di attualità le pagine scritte al confino nell'isola di Ventotene “per un'Europa libera e unita”.
A più di settant'anni di distanza dal Manifesto di Ventotene è necessario uno scatto d'orgoglio per noi europei al fine di costruire una nuova Europa: un'Europa 2.0, come ci ricorda la Presidente della Camera Laura Boldrini dalla sede delle Nazioni Unite a New York, che può forse nascere dalla spinta di profughi e migranti che sognano una vita migliore proprio nel nostro continente.

Fonte: Europa in Movimento

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