
di Geraldina Colotti
Una commissione di esperti indipendenti smentisce Peña
Nieto: i 43 studenti messicani non sono stati bruciati in una
discarica di Cucuta. Secondo la versione ufficiale, la polizia di
Iguala ha consegnato gli alunni della scuola Normal Rural di
Ayotzinapa (nel Guerrero) ai narcotrafficanti dei Guerreros
Unidos, che li avrebbero uccisi e bruciati. La ricostruzione ha
preso piede qualche giorno dopo la scomparsa degli studenti, vittime
dell’attacco congiunto di polizia e narcotrafficanti, il 26
settembre. Secondo il governo, i fatti sarebbero emersi dalla
confessione di alcuni narcotrafficanti, confermata dai
poliziotti arrestati.
Una versione subito contestata dagli antropologi forensi
argentini, nominati dai famigliari degli scomparsi e dai movimenti,
che da allora denunciano nelle piazze di tutto il mondo il “crimine
di stato”. Ora, un gruppo di esperti indipendenti designato dalla
Commissione interamericana dei diritti umani (Cidu) riprende gli
argomenti avanzati dagli specialisti argentini e sostenuti da
alcune coraggiose inchieste giornalistiche, e contesta la verità
ufficiale. Tre gli elementi principali messi in causa: il presunto
incenerimento dei corpi, i motivi dei crimine e il ruolo della
polizia militare e federale.
Nel corso di 550 pagine, il Gruppo interdisciplinare di esperti indipendenti (Giei) afferma che non esiste alcuna evidenza che un numero così elevato di cadaveri abbia potuto essere ridotto in cenere in una discarica senza essere notato nella zona. Per farlo, ci sarebbero volute 30 tonnellate di legna e il fuoco sarebbe divampato per 60 ore e non per circa 12 come hanno sostenuto i presunti pentiti. Le fiamme si sarebbero alzate per almeno sette metri e il fumo sarebbe stato notato nel raggio di 300 metri. E nei pressi della discarica non c’era combustibile sufficiente per bruciare neanche un corpo.
Nel corso di 550 pagine, il Gruppo interdisciplinare di esperti indipendenti (Giei) afferma che non esiste alcuna evidenza che un numero così elevato di cadaveri abbia potuto essere ridotto in cenere in una discarica senza essere notato nella zona. Per farlo, ci sarebbero volute 30 tonnellate di legna e il fuoco sarebbe divampato per 60 ore e non per circa 12 come hanno sostenuto i presunti pentiti. Le fiamme si sarebbero alzate per almeno sette metri e il fumo sarebbe stato notato nel raggio di 300 metri. E nei pressi della discarica non c’era combustibile sufficiente per bruciare neanche un corpo.
Uno dei sospetti emersi dalle indagini alternative è che i ragazzi
siano stati portati in qualche caserma militare, dove si ritiene
esistano prigioni sotterranee per le torture e forni crematori.
Per questo, nel corso dei mesi i movimenti hanno manifestato davanti
alle caserme, scontrandosi con la polizia e chiedendo inutilmente
di poterle ispezionare.
Il Giei ricostruisce diversamente anche il motivo dell’aggressione. In quei giorni, gli studenti si erano recati a Iguala per raccogliere fondi e preparare la commemorazione di un massacro avvenuto nel ’68. Secondo una loro modalità di lotta, avevano preso “in prestito” alcuni autobus per recarsi sul posto. Avrebbero così dirottato senza saperlo anche un autobus usato dai narcotrafficanti per il mercatodell’eroina che va verso gli Stati uniti. Un mezzo di proprietà dell’impresa Costa Line.
Il Giei ricostruisce diversamente anche il motivo dell’aggressione. In quei giorni, gli studenti si erano recati a Iguala per raccogliere fondi e preparare la commemorazione di un massacro avvenuto nel ’68. Secondo una loro modalità di lotta, avevano preso “in prestito” alcuni autobus per recarsi sul posto. Avrebbero così dirottato senza saperlo anche un autobus usato dai narcotrafficanti per il mercatodell’eroina che va verso gli Stati uniti. Un mezzo di proprietà dell’impresa Costa Line.
Esercito e polizia federale — dicono poi gli esperti sulla base di
testimonianze dirette — hanno costantemente seguito e controllato
gli studenti fin da quando hanno lasciato la scuola. Un gruppo di
soldati ha anche interrogato i ragazzi che stavano trasportando in
ospedale uno dei loro compagni, ferito durante l’attacco armato. Il
Giei ha cercato di interpellare il 27mo battaglione di fanteria,
il gruppo militare competente per Iguala e dintorni, ma il governo
non lo ha permesso. Sulla base di questi elementi, il rapporto degli
esperti indipendenti conclude inviando al governo federale «20
raccomandazioni» e l’invito a riprendere le indagini.
I famigliari degli scomparsi hanno chiesto una riunione urgente
con Peña Nieto, e alla presenza della commissione di esperti
indipendenti: il Giei — hanno auspicato — dovrebbe rimanere nel
paese fino al ritrovamento dei 43. Per il 23 settembre, famigliari
e movimenti hanno annunciato uno sciopero della fame e per il 26
hanno indetto una marcia nella capitale. Con un Twitter, Nieto ha
ringraziato gli esperti Giei e ha sostenuto di aver esortato gli
inquirenti a tener conto delle loro conclusioni.
Intanto, un gruppo di organizzazioni, riunite nel Congresso nazionale cittadino, dal 29 agosto sta raccogliendo le firme per denunciare Nieto e i membri del suo gabinetto per appropriazione illecita di fondi pubblici. I deputati federali di Morena, il partito di Lopez Obrador, presenteranno un progetto di legge perché possa essere processato: come Otto Pérez Molina in Guatemala.
Intanto, un gruppo di organizzazioni, riunite nel Congresso nazionale cittadino, dal 29 agosto sta raccogliendo le firme per denunciare Nieto e i membri del suo gabinetto per appropriazione illecita di fondi pubblici. I deputati federali di Morena, il partito di Lopez Obrador, presenteranno un progetto di legge perché possa essere processato: come Otto Pérez Molina in Guatemala.
Fonte: il manifesto
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