La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 16 settembre 2015

Una sobria decrescita di qualità

di Flaviano De Luca
Agli ita­liani piace bio. E cre­sce l’attenzione per l’ambiente, la natura e il buon cibo. Lo dice il rap­porto Ismea Bio-Retail sul mer­cato al con­sumo dei pro­dotti bio­lo­gici, pre­sen­tato al Sana, il salone inter­na­zio­nale del bio­lo­gico e del natu­rale che si è chiuso ieri a Bolo­gna. Si tratta di un auten­tico boom per un giro d’affari al con­sumo supe­riore ai 2,1 miliardi di euro nel solo canale dome­stico, senza con­si­de­rare quindi tutto quello che passa attra­verso la risto­ra­zione, i bar, le mense e in gene­rale il food service.
Secondo le cifre, ai primi posti la Distri­bu­zione moderna (iper­mer­cati, super­mer­cati, discount, libero ser­vi­zio) con un fat­tu­rato nel seg­mento di circa 855 milioni (il 40% del valore del bio-retail) e le super­fici spe­cia­liz­zate nella ven­dita di pro­dotti bio­lo­gici che muo­vono più di 760 milioni di euro (il 35% del totale). Ai restanti canali le stime Ismea attri­bui­scono un’incidenza com­ples­siva di quasi il 25%, rap­pre­sen­tata per il 10% da mer­ca­tini, ven­dite dirette, gruppi di acqui­sto soli­dali (Gas) e e-commerce, per l’8,9% dai negozi tra­di­zio­nali e per il 5,1% dalle far­ma­cie. Segnale evi­dente che la cul­tura del buon cibo col­ti­vato nel rispetto dell’ambiente e della salute è par­ti­co­lar­mente apprez­zata dai consumatori .
«In Ita­lia la domanda di pro­dotti natu­rali è molto alta – rac­conta Fran­ce­sco Cecere, diret­tore mar­ke­ting e comu­ni­ca­zione Coop – il pro­blema dell’alimentazione, la ricerca della buona qua­lità nel cibo è al primo posto per il con­su­ma­tore. La crisi eco­no­mica del 2008 ha por­tato a una ride­fi­ni­zione dei con­sumi, a una mag­giore con­sa­pe­vo­lezza del pub­blico, a una spesa più sobria e ragio­nata, a un mag­giore ricorso al rici­clo e al riu­ti­lizzo degli oggetti. Così la linea di pro­dotti Vivi­verde è stata rea­liz­zata da diversi anni come uno stile di vita, un modello di con­sumo che sia rispet­toso dell’ambiente e con un ele­vato livello di bio­di­ver­sità, fatto di pro­dotti cer­ti­fi­cati e con­trol­lati, veri­fi­cati da noi come pro­dut­tori. L’idea del pro­dotto bio­lo­gico ed eco­lo­gico risponde anche ad altre richie­ste del con­su­ma­tore (dalle scelte die­te­ti­che a quelle di evi­tare intol­le­ranze e aller­gie). Sotto que­sto grande ombrello Vivi­verde tro­viamo i pro­dotti ali­men­tari, quelli fre­schi dell’ortofrutta, i pro­dotti per la casa e i cosme­tici. Abbiamo pri­vi­le­giato le aziende ita­liane e la pro­du­zione coo­pe­ra­tiva, entrando in nuovi mer­cati, andando anche da pro­dut­tori molto pic­coli ma di buona qua­lità. E siamo così riu­sciti a fare in modo che il nostro bio­lo­gico abbia un prezzo con­te­nuto, almeno il 20% in meno di altre catene».
I con­sumi di ali­menti bio­lo­gici presso la Gdo, spiega ancora il report dell’Ismea, espri­mono tassi di cre­scita molto soste­nuti, in evi­dente con­tro­ten­denza rispetto alle ven­dite di pro­dotti ali­men­tari con­ven­zio­nali. Dopo aver chiuso il 2014 con un incre­mento dell’11%, gli acqui­sti di food bio hanno spic­cato il volo nei primi sei mesi dell’anno in corso, facendo regi­strare un aumento in valore vicino al 20%, che allarga ulte­rior­mente il diva­rio con il trend dell’agroalimentare nel com­plesso, fermo nello stesso periodo a un +0,1%. I com­parti più dina­mici si con­fer­mano i deri­vati dei cereali (+28% nella prima metà del 2015) e gli ortaggi fre­schi e tra­sfor­mati (+21,8%). La domanda bio cre­sce per­ché i pro­dotti ven­gono rite­nuti più sicuri per la salute e più gustosi e di migliore qua­lità.
Impor­tante anche la cer­ti­fi­ca­zione sul modo di pro­durre per con­su­ma­tori evo­luti come vege­ta­riani e vegani. Nel com­parto bio si acqui­stano non solo pro­dotti ali­men­tari ma sem­pre più pro­dotti per la casa e l’igiene e più di recente anche abbi­glia­mento e tes­sile casa. Presso il canale spe­cia­liz­zato le ven­dite sono costi­tuite per circa l’88% da pro­dotti ali­men­tari e per il restante 12% da mer­ceo­lo­gie non food.
Tra que­ste ultime, pre­pon­de­rante è il peso dei pro­dotti per la cura della per­sona (10%), men­tre risulta ancora limi­tato il con­tri­buto dei pro­dotti per l’igiene della casa (1,4%) e il pet-care (0,3%). Negli ultimi cin­que anni i negozi bio sono aumen­tati del 16%: erano 1.163 nel 2010, sono arri­vati quasi a 1.400 nel 2015.

Fonte: il manifesto 
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