di Flaviano De Luca
Agli italiani piace bio. E cresce l’attenzione per l’ambiente, la natura e il buon cibo. Lo dice il rapporto Ismea Bio-Retail sul mercato al consumo dei prodotti biologici, presentato al Sana, il salone internazionale del biologico e del naturale che si è chiuso ieri a Bologna. Si tratta di un autentico boom per un giro d’affari al consumo superiore ai 2,1 miliardi di euro nel solo canale domestico, senza considerare quindi tutto quello che passa attraverso la ristorazione, i bar, le mense e in generale il food service.
Secondo le cifre, ai primi posti la Distribuzione moderna (ipermercati, supermercati, discount, libero servizio) con un fatturato nel segmento di circa 855 milioni (il 40% del valore del bio-retail) e le superfici specializzate nella vendita di prodotti biologici che muovono più di 760 milioni di euro (il 35% del totale). Ai restanti canali le stime Ismea attribuiscono un’incidenza complessiva di quasi il 25%, rappresentata per il 10% da mercatini, vendite dirette, gruppi di acquisto solidali (Gas) e e-commerce, per l’8,9% dai negozi tradizionali e per il 5,1% dalle farmacie. Segnale evidente che la cultura del buon cibo coltivato nel rispetto dell’ambiente e della salute è particolarmente apprezzata dai consumatori .
«In Italia la domanda di prodotti naturali è molto alta – racconta Francesco Cecere, direttore marketing e comunicazione Coop – il problema dell’alimentazione, la ricerca della buona qualità nel cibo è al primo posto per il consumatore. La crisi economica del 2008 ha portato a una ridefinizione dei consumi, a una maggiore consapevolezza del pubblico, a una spesa più sobria e ragionata, a un maggiore ricorso al riciclo e al riutilizzo degli oggetti. Così la linea di prodotti Viviverde è stata realizzata da diversi anni come uno stile di vita, un modello di consumo che sia rispettoso dell’ambiente e con un elevato livello di biodiversità, fatto di prodotti certificati e controllati, verificati da noi come produttori. L’idea del prodotto biologico ed ecologico risponde anche ad altre richieste del consumatore (dalle scelte dietetiche a quelle di evitare intolleranze e allergie). Sotto questo grande ombrello Viviverde troviamo i prodotti alimentari, quelli freschi dell’ortofrutta, i prodotti per la casa e i cosmetici. Abbiamo privilegiato le aziende italiane e la produzione cooperativa, entrando in nuovi mercati, andando anche da produttori molto piccoli ma di buona qualità. E siamo così riusciti a fare in modo che il nostro biologico abbia un prezzo contenuto, almeno il 20% in meno di altre catene».
I consumi di alimenti biologici presso la Gdo, spiega ancora il report dell’Ismea, esprimono tassi di crescita molto sostenuti, in evidente controtendenza rispetto alle vendite di prodotti alimentari convenzionali. Dopo aver chiuso il 2014 con un incremento dell’11%, gli acquisti di food bio hanno spiccato il volo nei primi sei mesi dell’anno in corso, facendo registrare un aumento in valore vicino al 20%, che allarga ulteriormente il divario con il trend dell’agroalimentare nel complesso, fermo nello stesso periodo a un +0,1%. I comparti più dinamici si confermano i derivati dei cereali (+28% nella prima metà del 2015) e gli ortaggi freschi e trasformati (+21,8%). La domanda bio cresce perché i prodotti vengono ritenuti più sicuri per la salute e più gustosi e di migliore qualità.
Importante anche la certificazione sul modo di produrre per consumatori evoluti come vegetariani e vegani. Nel comparto bio si acquistano non solo prodotti alimentari ma sempre più prodotti per la casa e l’igiene e più di recente anche abbigliamento e tessile casa. Presso il canale specializzato le vendite sono costituite per circa l’88% da prodotti alimentari e per il restante 12% da merceologie non food.
Tra queste ultime, preponderante è il peso dei prodotti per la cura della persona (10%), mentre risulta ancora limitato il contributo dei prodotti per l’igiene della casa (1,4%) e il pet-care (0,3%). Negli ultimi cinque anni i negozi bio sono aumentati del 16%: erano 1.163 nel 2010, sono arrivati quasi a 1.400 nel 2015.
Fonte: il manifesto
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