La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 24 ottobre 2015

Cariche, sgomberi e pistole. Che succede nell’università?

di Roberto Ciccarelli
Cari­che, sgom­beri, arre­sti e pistole. Che suc­cede nell’università? L’incapacità di gover­nare, la man­canza di una visione stra­te­gica, l’assenza di un sapere rela­zio­nale e di un’idea di demo­cra­zia non auto­ri­ta­ria mol­ti­plica solu­zioni peri­co­lose e improv­vi­sate. Lo si è visto a Roma il 16 otto­bre scorso con il pestag­gio (e l’arresto di 4 ragazzi poi rila­sciati) da parte delle forze dell’ordine di una set­tan­tina di stu­denti paci­fici della Sapienza che pro­te­sta­vano con­tro la con­ces­sione in affitto dello spa­zio uni­ver­si­ta­rio alla Maker Faire, la sua chiu­sura a lavo­ra­tori e stu­denti non con­cor­data con i sin­da­cati.
Lo si è visto a Pisa dove, gio­vedì pome­rig­gio, in un’occupazione uni­ver­si­ta­ria ha fatto irru­zione la Digos con pistola in pugno, scor­tata da cin­que volanti e tre camio­nette. Ieri a Udine, ai ricer­ca­tori pre­cari la Celere ha impe­dito di entrare in un’aula dell’università per con­fron­tarsi con il par­tito demo­cra­tico che ha orga­niz­zato una «Leo­polda» sulla ricerca. Nel mezzo lo sgom­bero degli occu­panti dell’Ex Tele­com a Bolo­gna, un altro a Torino, le cari­che a Porta Pia a Roma con­tro un pre­si­dio dei movi­menti della casa in soli­da­rietà. Da tempo è sal­tata la media­zione poli­tica dei corpi inter­medi. Ora si chiama la poli­zia. Alla nego­zia­zione sociale ci pensa la magistratura.
Il caso pisano è cla­mo­roso come dimo­strano le imma­gini dif­fuse in rete. In una città uni­ver­si­ta­ria gra­vata dalla crisi, la nuova riforma dell’Isee ha eroso oltre 2 mila borse di stu­dio e espel­lerà i bor­si­sti dalle resi­denze uni­ver­si­ta­rie. A que­sto si aggiunge il dibat­tito sulla desti­na­zione dell’Ex Gea, lo spa­zio occu­pato dagli stu­denti nel polo dei corsi di Scienze per la pace in via Ema­nuele Fili­berto che l’ateneo inten­de­rebbe cedere a un’azienda in cam­bio dell’ex con­vento delle Bene­det­tine sul lun­garno Son­nino. «L’università ha taciuto e non ha dato alcuna rispo­sta sul destino dell’area come richie­sto da 12 anni dai movi­menti sociali della città – sostiene la lista civica pisana “Una città in comune” che chiede le dimis­sioni del ret­tore Augello e del que­store Fran­cini — È troppo impe­gnata nel riu­scire a otte­nere dal Comune una variante urba­ni­stica per “valo­riz­zare” quelle aree al fine di ven­derle per costruire nuove case».
L’azione degli stu­denti ha sol­le­vato il pro­blema dell’uso di migliaia di libri tro­vati insca­to­lati in un magaz­zino. I respon­sa­bili ammi­ni­stra­tivi dell’ateneo li hanno accu­sati del furto di «alcune decine» di libri. I 40 inte­res­sati non vogliono farsi trat­tare da ladri, dopo che la poli­zia li ha scam­biati per cri­mi­nali, e respin­gono l’accusa: «Che ci fanno quei libri distrutti, impol­ve­rati, dalle coper­tine rovi­nate e l’intonaco caduto sugli sca­to­loni?». Que­sta matassa di pro­blemi non si può risol­vere con un’irruzione a mano armata della poli­zia in spazi dove non dovrebbe entrare. Gli stu­denti chie­dono le dimis­sioni del ret­tore Augello (incon­trato ieri, hanno otte­nuto un’assemblea gio­vedì con sospen­sione della didat­tica) al quale adde­bi­tano la respon­sa­bi­lità poli­tica di una simile azione. Il coor­di­na­tore di Sel, Nicola Fra­to­ianni, ha pre­sen­tato un’interrogazione al mini­stro dell’Interno Alfano: «Dovrà chia­rire fino in fondo la vicenda che poteva avere con­se­guenze tragiche».
Le città sono gover­nate come un Far West. L’unico impe­gno civile è quello di tenere lindi e pinti i loro muri. Chi pone una con­trad­di­zione, o un’istanza di giu­sti­zia e redi­stri­bu­zione, viene punito. Le ano­ma­lie o i dis­sidi sono trat­tati come atti cri­mi­nali o devianze da san­zio­nare. “Que­sta è una guerra dall’alto con­dotta dal potere poli­tico che com­batte i poveri e non la povertà e la disu­gua­glianza con un totale alli­nea­mento dei media al governo” è l’analisi degli stu­denti della rete della Cono­scenza. È pos­si­bile datare que­sta svolta auto­ri­ta­ria a due anni fa, quando l’attacco al movi­mento della casa è ini­ziato da Roma, con la giunta Marino impo­tente davanti agli sgom­beri. Da quel momento, la domanda più ricor­rente è: chi governa le nostre città?

Fonte: il manifesto 

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