La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 24 ottobre 2015

Gamal al Ghitani, ruvida voce d’Egitto

di Elena Chiti
Gamal al-Ghitani era uno dei più noti e accla­mati scrit­tori egi­ziani degli ultimi decenni. Un clas­sico, anche se aveva solo set­tanta anni. I suoi libri, tra­dotti in tante lin­gue, sono capo­la­vori della let­te­ra­tura araba. In Zayni Bara­kat, pub­bli­cato nel 1974 e ambien­tato nel sedi­ce­simo secolo, la rap­pre­sen­ta­zione di un potere mame­lucco cor­rotto e decli­nante diventa meta­fora dell’individualismo dei potenti e dell’ipocrisia delle riforme nell’Egitto di Nas­ser. E c’è chi sostiene che con que­sta denun­cia poli­tica, che si legge come un romanzo sto­rico, al-Ghitani si sia impo­sto come il degno erede di Nagib Mah­fuz.
Nel Libro delle illu­mi­na­zioni («Kitâb al-tajliyyât»), la morte del padre diventa il punto di par­tenza per un viag­gio inte­riore il cui scopo è tra­scen­dere se stessi. E que­sta opera auto­bio­gra­fica, che si legge come un trat­tato filo­so­fico, lo ha tra­sfor­mato nell’erede di tutto un patri­mo­nio nar­ra­tivo, in cui la mistica sufi è così pre­sente da essere vita vissuta.
Scrit­tore pro­li­fico, polie­drico, al-Ghitani lascia un’opera ambi­ziosa e varie­gata, che pos­siede le sfac­cet­ta­ture dell’Egitto con­tem­po­ra­neo. Eppure, nel suo ambiente, niente lo pre­di­spo­neva a diven­tare una voce di spicco e nem­meno uno scrit­tore tra i tanti. Appro­dato al Cairo dall’Alto Egitto, Gamal al Ghi­tani veniva da una fami­glia mode­sta. Dopo una scuola pro­fes­sio­nale, aveva ini­ziato a lavo­rare come tes­si­tore di tap­peti. E forse que­sto pas­sato di arti­giano, di uomo che si alzava all’alba per lavo­rare con le sue mani, aveva for­giato un’umiltà che poteva appa­rire anche ruvida. E’ pro­prio gra­zie a que­sto piglio che l’autore ha impron­tato la sua vita all’«azione». Ha comin­ciato a pub­bli­care rac­conti, ma poi una sua cri­tica a Nas­ser gli è costata mesi di pri­gione, tra il 1966 e il 1967. Assunto nel 1969 come inviato di guerra dal quo­ti­diano Akh­bâr al-yawm, nel 1970 è stato inter­detto dalla pos­si­bi­lità di pub­bli­care per aver cri­ti­cato Sadat. Rein­te­grato al gior­nale, si è fatto strada fino a pren­dere le redini dell’intera sezione letteraria.
Nel 1993 ha fon­dato un sup­ple­mento let­te­ra­rio, Akh­bâr al-adab, che si è impo­sto come rivi­sta cul­tu­rale di pre­sti­gio in tutto il mondo arabo. L’ha diretta fino al 2011. Ha seguito con pas­sione feb­brile e pun­ti­glio gior­na­li­stico le rivolte in Egitto, cele­brando la caduta di Muba­rak come lo spi­ra­glio di una nuova era di libertà. Insieme ad altri intel­let­tuali e all’uomo d’affari Nagib al-Sawiris, ha con­tri­buito alla fon­da­zione del Par­tito degli Egi­ziani Liberi, che si pro­po­neva di fer­mare l’avanzata dei Fra­telli musul­mani in vista delle ele­zioni pre­si­den­ziali del 2012.
In una delle sue tri­bune poli­ti­che su Akh­bâr al-yawm, il 18 set­tem­bre 2012, al-Ghitani ha chia­rito però di non voler essere mem­bro di alcun par­tito, per sal­va­guar­dare il suo ruolo di intel­let­tuale indi­pen­dente. Ciò non gli ha impe­dito di soste­nere pub­bli­ca­mente al-Sisi, in cui diceva di rico­no­scere le carat­te­ri­sti­che del lea­der.
Ci piace infine ricor­darlo con le parole di un altro scrit­tore egi­ziano, Yous­sef Rakha: «Gamal al Ghi­tani era un’autorità cul­tu­rale, ma un’autorità vicina all’arte e lon­tana dalla cor­ru­zione. Uno dei mag­giori espo­nenti della gene­ra­zione degli anni Ses­santa. E anche se non ero d’accordo con tutto quello che faceva come per­so­na­lità pub­blica, la sua pre­senza nel suo campo, e nella vita, era rassicurante».

Fonte: il manifesto 

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