La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 22 ottobre 2015

Intifada, coltelli, e manipolazione semantica

di Emilio Piano
La semantica è quella parte della linguistica che studia il significato delle parole, delle frasi e dei testi; in particolare, in filosofia è quella parte della logica volta a determinare i limiti di un linguaggio corretto e rigoroso, è lo studio delle relazioni fra le espressioni linguistiche e il mondo a cui esse si riferiscono o che dovrebbero descrivere.
Alla luce di questo, suggerisco ora unariflessione semantica delle curiose espressioni di cui fanno uso alcuni giornali italiani, in particolare quelli che esprimono l'opinione che fa più tendenza presso un pubblico medio che non ha tempo da perdere a soppesare e raffrontare le parole usate da giornali diversi per raccontare la stessa cosa.
In tema di conflitto tra palestinesi e israeliani, in questi giorni tutte le testate nei loro titoli parlano della cosiddetta "Intifada dei coltelli", volendo in tal modo riferirsi ad azioni violente di «terroristi» palestinesi finalizzate all'omicidio di israeliani, azioni violente che però inspiegabilmente hanno un esito nefasto solo per i presunti assalitori.
La lezione da trarre è che aggredire col coltello gli israeliani porta molta sfortuna.
Il fatto è che nella cronaca riportata nel corpo degli articoli i coltelli hanno talvolta un ruolo marginale − dato che per esempio "La Repubblica" parla più spesso di palestinesi che con l'auto cercano di travolgere soldati israeliani (peraltro armati fino ai denti) − o comunque sono chiamati in causa in modo grottesco, nel senso che il passo successivo sarebbe quello di riferire di kamikaze palestinesi che tentano di fare una strage facendosi esplodere con un coltello carico tenuto in mano.
In queste cronache imparziali gli aggressori risultano essere sempre e inequivocabilmente palestinesi e le vittime quasi sempre palestinesi, ma mai falciate in modo spietato dalle armi da fuoco dei soldati israeliani bensì colpite da proiettili vaganti partiti fatalmente da quelle stesse armi da fuoco, come per esempio riferisce "La Repubblica": «A Gaza un adolescente palestinese di 17 anni è morto e altri cinque sono rimasti feriti nel corso di scontri con soldati israeliani lungo la barriera fra la Striscia di Gaza e Israele. Il giovane ucciso si chiamava Ahmad Sharhan ed è morto a causa di un proiettile che lo ha colpitodurante gli scontri al campo profughi di al-Bureij. Anche i cinque feriti sono stati colpiti da proiettili.» Gli aggressori palestinesi non vengono uccisi direttamente dalle efficientissime armi dei militari israeliani, muoiono indirettamente a causa dei proiettili che li hanno colpiti, sparati non si sa da chi: qui non si uccide facendo fuoco senza pietà, si muore colpiti da proiettili. Tanto è la stessa cosa, no?
Forse no, dato che "Il Corriere della Sera" riporta la stessa notizia nel seguente modo: «Un altro palestinese è stato ucciso dall'esercito israeliano lungo la linea di demarcazione della striscia Gaza, presso el-Boureij.» Ucciso vuol dire ucciso, non morto a causa di anonimi proiettili vaganti a Gaza.
"Il Sole 24 Ore", tra gli altri, usa espressioni più sfumate ed eufemistiche, riferendo di un agente della polizia israeliana «ferito leggermente» e del presunto attentatore palestinese «neutralizzato», secondo la definizione della stessa polizia.
Qui la questione non si ferma all'uso delle parole ma si estende anche alla fonte di queste notizie che pare essere una sola, come si deduce da ciò che riporta anche "Il Fatto Quotidiano", che però chiarisce cheneutralizzato in questo caso significa morto: «Un poliziotto israeliano è stato accoltellato e l'agente è stato ferito leggermente mentre l'attentatore palestinese è stato, secondo la definizione della stessa polizia, "neutralizzato". In questo caso l'assalitore è morto.»
Più rispettoso dell'intelligenza dei lettori è stato "Il Messaggero", che ha usato la correttezza di indicare la fonte e di chiarire anche la posizione della controparte: «A distanza di poche ore sono stati assaliti da adolescenti palestinesi (secondo la versione israeliana) un ebreo che stava recandosi in sinagoga, una agente della guardia di frontiera e un soldato di guardia a un posto di blocco. In un caso protagonista dell'aggressione è stata una ragazza palestinese, rimasta uccisa. Gli abitanti palestinesi della città hanno espresso scetticismo sulla ricostruzione fornita dall'esercito.»
Vorrei infine segnalare questa perla riportata dall'agenzia AGI, che dà l'idea della dimensione grottesca dell'informazione a senso unico proveniente da fonti israeliane, informazione che vuole farci credere che soldati armati fino ai denti riescano a farsi intimorire da un sedicenne folle, che non pago di essere "sospetto" arriva ad aggredire col coltello i militari nella speranza di "essere colpito da proiettili" vaganti, anzi di essere "neutralizzato": «Il secondo tentativo di accoltellamento è avvenuto in un quartiere arabo di Gerusalemme est dove la polizia di frontiera israeliana ha fermato un 16enne palestinese che era stato segnalato perché "camminava in modo sospetto" con una borsa. Il giovane ha estratto un coltello e ha tentato di colpire i militari, ma è stato ucciso. Un agente è rimasto leggermente ferito a una mano.»
Un episodio dagli esiti inimmaginabili.

Fonte: Megachip Globalist

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