La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 22 ottobre 2015

Tasse, il gioco delle tre carte

di Roberto Romano 
La Com­mis­sione Euro­pea non è così con­vinta della Legge di Sta­bi­lità pre­sen­tata dal governo, in par­ti­co­lare sulla poli­tica fiscale. La posi­zione della Com­mis­sione è nota: occorre ridurre la pres­sione fiscale su lavoro e imprese. Il governo ita­liano, invece, da un lato agi­sce sulla ridu­zione delle impo­ste sugli immo­bili, al netto delle ultime cor­re­zioni di ieri su case di lusso e castelli, dall’altro pre­fi­gura una ridu­zione delle tasse, più o meno gene­ra­liz­zata, attra­verso l’innalzamento dell’indebitamento (defi­cit) al 2,2–2,4% del Pil.
Se pren­diamo per buone le tabelle for­nite dal governo, la mano­vra (espan­siva) di 27 mld, quella da 29 mld è poco cre­di­bile qua­lora la fles­si­bi­lità euro­pea legata agli immi­grati fosse uti­liz­zata per ridurre le tasse alle imprese, è del tutto evi­dente l’intento politico-mediatico: ridu­ciamo le tasse per rilan­ciare il paese. Come al solito pos­siamo ingan­nare i cit­ta­dini ita­liani, ma la Com­mis­sione Euro­pea è un osso duro. Le poli­ti­che euro­pee pre­fi­gu­rano e ali­men­tano la «sta­gna­zione seco­lare», com­pro­met­tendo lo svi­luppo eco­no­mico dell’area euro, la cri­tica dovrebbe fon­darsi su idee e pro­getti, ma non pos­siamo rag­gi­rare le «isti­tu­zioni» con dei truc­chi con­ta­bili. Inten­dia­moci, la cre­scita del defi­cit da 1,4 a 2,4% del Pil è un aspetto posi­tivo, ma spac­ciarla per ridu­zione delle tasse è un po’ troppo. La Com­mis­sione Euro­pea più o meno sostiene che: se pro­prio volete aumen­tare il defi­cit, allora riduce le impo­ste su lavoro e le imprese.
Seb­bene la Legge di Sta­bi­lità per il 2016 indica una ridu­zione di impo­ste per un valore di quasi 23 mld – Inu e Tasi, decon­tri­bu­zione per neo assunti a tempo inde­ter­mi­nato, super ammor­ta­menti e disin­ne­sco delle clau­sole di sal­va­guar­dia (17 mld) -, teo­ri­ca­mente rap­pre­sen­tano quasi l’80% della mano­vra, qual­cosa si nasconde den­tro la sca­tola nera della Legge di Stabilità.
Qual­che mag­giore entrata in realtà c’è: 2 mld di capi­tali dall’estero, 1 mld di impo­ste sui gio­chi. Quindi la ridu­zione delle tasse non è pro­prio di 23 mld, piut­to­sto di 20, ma il punto non è que­sto. C’è qual­cosa di più serio. Il calo delle tasse mil­lan­tato dal governo è fon­data sull’ipotesi, a legi­sla­zione vigente, di un aumento di Iva e accise, legata alla clau­sola di sal­va­guar­dia pari a 17 mld di euro. Con­cordo con F. Daveri: «l’eliminazione delle clau­sole di sal­va­guar­dia è un peri­colo scam­pato, non una ridu­zione di impo­ste in essere. Dif­fi­cile cre­dere che qual­cuno abbia anti­ci­pato al 2015 l’acquisto di un bene dure­vole per non pagare l’Iva aumen­tata nel 2016».
In altri ter­mini, la Com­mis­sione non apprezza il gioco delle tre carte fatto dal governo. Padoan met­terà una toppa, ma le clau­sole di sal­va­guar­dia non scom­pa­iono, piut­to­sto si spo­stano nel tempo. Per­so­nal­mente avrei uti­liz­zato il defi­cit aggiun­tivo per indu­stria­liz­zare la ricerca pub­blica e rea­liz­zare nuovi inve­sti­menti per soste­nere la cre­scita del Pil, ma non avrei mai rag­gi­rato l’Europa in que­sto modo. Ma qui entriamo nel ter­reno della poli­tica eco­no­mica neces­sa­ria per far cre­scere il Paese.

Fonte: il manifesto 

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