La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 24 ottobre 2015

Le parole di Benyamin «Bibi» Netanyahu e la rivolta palestinese

di Carlo Tagliacozzo
Nel 2000 Nor­man Fin­kel­stein, sto­rico e scrit­tore ebreo ame­ri­cano e figlio di soprav­vis­suti allo ster­mi­nio, scrisse «L’Industria dell’Olocausto», un libro pro­vo­ca­to­rio, apprez­zato da Noam Chom­sky ma di alterna for­tuna e scon­tro, dichia­ra­ta­mente scritto «con­tro ogni forma di spe­cu­la­zione, eco­no­mica e poli­tica, sulla memo­ria della Shoah». Egli rispon­deva così alle domande sul per­ché della sua pro­vo­ca­zione e indi­gna­zione: «La rispo­sta più ovvia è che è stato usato per giu­sti­fi­care la poli­tica cri­mi­nale dello Stato di Israele e il soste­gno ame­ri­cano a tale politica».
Le dichia­ra­zioni di Benya­min Neta­nyahu sulle respon­sa­bi­lità del Gran Muftì di Geru­sa­lemme come prin­ci­pale respon­sa­bile della «Solu­zione finale» ne sem­brano ora una diretta testi­mo­nianza.
La fon­da­tezza sto­rica delle affer­ma­zioni di Neta­nyahu è stata per for­tuna già con­fu­tata dagli sto­rici, israe­liani e non. Ma qual è la ragione di que­sta affer­ma­zione, in que­sto par­ti­co­lare con­te­sto? Neta­nyahu non è stu­pido, ma è arro­gante, dice e fa quello che ritiene utile per i suoi fini infi­schian­dosi delle rea­zioni che può provocare.
A mio parere lo scopo del suo discorso è duplice. Intanto siamo di fronte al para­dosso che il pre­mier israe­liano rischia di con­fer­mare pro­prio le tesi pro­vo­ca­to­rie di Finkelstein.
Impu­tando al Gran Muftì di Geru­sa­lemme la respon­sa­bi­lità nello ster­mi­nio gli ebrei, Neta­nyahu cerca di giu­sti­fi­care sto­ri­ca­mente quello che la pro­pa­ganda gover­na­tiva israe­liana sostiene da sem­pre: gli «arabi» ci odiano e ci vogliono distrug­gere per­ché anti­se­miti. Israele, dopo la Shoah, è legit­ti­mata a difen­dersi a qua­lun­que prezzo. La puli­zia etnica, il furto delle terre, lo stran­go­la­mento dell’economia, il raz­zi­smo e le poli­ti­che di apar­theid non sono la causa della dispe­rata rivolta dei pale­sti­nesi di que­sti giorni. Le aggres­sioni all’arma bianca col­pi­scono gli ebrei in quanto tali, poco importa che siano sol­dati di un eser­cito di occu­pa­zione o coloni che rubano la terra ed attac­cano i vil­laggi palestinesi.
Dare la colpa al Gran Muftì ha un secondo fine: sca­gio­nare l’Occidente delle pro­prie colpe sto­ri­che. Signi­fica porsi dalla parte della civiltà euro­pea con­tro la «bar­ba­rie» orien­tale, rap­pre­sen­tata dall’Isis. Non a caso Israele ed i suoi soste­ni­tori insi­stono sul paral­lelo tra i gruppi della resi­stenza armata di ispi­ra­zione isla­mica e gli attac­chi pale­sti­nesi di que­sti giorni, con lo Stato Isla­mico. Desto­ri­ciz­zare e decon­te­stua­liz­zare quanto avve­nuto nel XX secolo e quanto avviene in Pale­stina, asso­lu­tiz­zare il ruolo degli ebrei, incar­nati nello Stato di Israele, nel ruolo di vit­time disto­glie l’attenzione sulle cause pro­fonde del con­flitto. Così è inu­tile inda­gare sulle carat­te­ri­sti­che del car­ne­fice del popolo ebraico: tutti gli altri popoli lo sono stati o lo pos­sono diven­tare in qua­lun­que momento. Ora quello che conta è dimo­strare che chi sta pra­ti­cando l’antisemitismo sono i musul­mani, i palestinesi.
È evi­dente quanto ci sia di immo­rale, di «por­no­gra­fico» nel discorso di Neta­nyahu. A chiun­que abbia vis­suto, anche indi­ret­ta­mente, la tra­ge­dia delle per­se­cu­zioni raz­ziali e dello ster­mi­nio, a chiun­que abbia a cuore la memo­ria delle vit­time (di tutte le vit­time), que­ste dichia­ra­zioni non pos­sono che ripu­gnare. Come durante «Mar­gine pro­tet­tivo», non man­che­ranno sicu­ra­mente le prese di posi­zione nette da parte di soprav­vis­suti e discen­denti di soprav­vis­suti all’Olocausto con­tro que­sta vol­gare misti­fi­ca­zione. Ma ci vuole una forte mobi­li­ta­zione inter­na­zio­nale, sopra­tutto della società civile, per porre fine ad un regime che tenta, spe­cu­lando per­sino sulla memo­ria dei morti, di legit­ti­mare un sistema di domi­na­zione nei con­fronti del popolo palestinese.

Fonte: il manifesto 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.