La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 22 ottobre 2015

Egitto al voto, parte l’#invecediandareavotare

di Giulia Quercini
55 milioni di egiziani hanno iniziato a votare domenica 18 ottobre per il rinnovo del Parlamento, sciolto e mai più rinnovato dopo la deposizione dell’ex presidente Mohammed Morsi nel 2013. Secondo un complicato meccanismo elettorale le giornate elettorali sono 4: 18 e 19 ottobre per il primo turno e l’elezione di quattordici governatorati del paese e 21 e 22 ottobre per i restanti tredici governatorati. I risultati finali delle elezioni legislative si sapranno ufficialmente il prossimo 4 dicembre. Il successo del dittatore, ex generale dell’esercito, Abdelfatà al-Sisi, risulta però alquanto scontato. La bassissima partecipazione elettorale registrata finora ha portato gli analisti a considerare l’astensionismo alle urne una vera e propria forma di protesta contro al-Sisi nel Paese. E sui social network, in particolare su Twitter e Facebook, più difficilmente controllabili da parte delle autorità del regime, i giovani egiziani si sono divertiti a scherzare sulla bassa affluenza e sul meccanismo volutamente farraginoso con cui si vota nel Paese.
L’#badal_min_tantajib (“invece di andare a votare”) ha canalizzato tutte le battute e i pensieri di chi non è andato a votare e lunedì 19, il secondo giorno delle votazioni, è diventato un topic di tendenza con più di 7.000 messaggi. L’idea, lanciata da vari attivisti, ha incoraggiato i cittadini a proporre altre attività migliori del recarsi alle urne: un modo originale per promuovere il boicottaggio delle elezioni. Alle elezioni non sono infatti stati ammessi gran parte dei partiti di opposizione laica e islamista, o perché messi fuori legge, come i Fratelli Musulmani, o perché non vi erano le minime garanzie per partecipare alla competizione elettorale. Inoltre, molti osservatori hanno parlato diviolazioni fuori dai seggi, inclusi episodi di voto di scambio da parte di singoli candidati, per non parlare dei noti provvedimenti restrittivi presi alla vigilia del voto nei confronti delle donne completamente velate o con abiti succinti, che non possono prendere parte al processo elettorale. Attualmente, non esiste una cifra ufficiale per lapartecipazione, anche se fonti governative l’hanno collocata intorno al 22%. Durante il secondo giorno di votazioni, le autorità hanno dichiarato una giornata di festa per i dipendenti pubblici, che rappresentano la maggioranza della forza lavoro, e hanno pubblicamente ricordato che la legge prevede multe di 500 sterline (poco più di 50 euro) per chi non compie il dovere civico di recarsi alle urne. Il regime di al-Sisi dovette già ricorrere a strategie mirate ad aumentare la partecipazione nelle elezioni presidenziali dello scorso anno, che raggiunsero il 46% dei votanti. Come, per esempio, rimandare le votazioni di un giorno, prolungando le votazioni all’ultimo.
«Io sono uno dei primi a partecipare a #badal_min_tantajib, vedrò il film Everest», ha scritto nel suo account Twitter l’attivista Jamal Eddin Bin, poco prima dell’apertura dei seggi. Altri partecipanti invitavano a mettersi lo smalto, a ballare, a bere vodka, o a tirare uno schiaffo a qualcuno a caso, con il pretesto, per esempio, della recente svalutazione della sterlina egiziana nei confronti del dollaro. Tutto, pur di non andare a votare.
Un noto blogger egiziano, The Big Pharaon, ha scritto nel suo account Twitter: «secondo le tendenze di Twitter in Egitto, (l’attore ndr) Morgan Freeman, attualmente in visita nel Paese, è più popolare che le elezioni per il Parlamento».
Nonostante i social network siano espressione di libertà, l’ironia troppo pungente non è sempre piaciuta al regime: Amr Nohan, un normalissimo ragazzo egiziano è stato infatti condannato a tre anni di carcere semplicemente per aver postato su Facebook una foto del presidente al-Sisi con le famose orecchie made in Disney di Topolino. L’accusa principale contro di lui è stata «tentativo di rovesciare il governo».
La prova che i seggi elettorali fossero vuoti è stata così innegabile che anche i media governativi, espressione del regime, hanno dovuto ammettere il fallimento che le elezioni stanno rappresentando. «Il governo annuncia una quota di partecipazione non inferiore al 22%. Non c’era bisogno di annunciarlo, le persone non sono mica cieche!» titolava il quotidiano Al-Dustur. Nelle sue pagine, molti commenti critici sono stati spesi inoltre per la legge elettorale, disegnata ad hoc per favorire il ritorno dei capi locali, molti dei quali membri del disciolto partito di Mubarak.

Fonte: Left.it 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.