La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 8 settembre 2015

La lotta di classe di Renzi: avanti sulle tasse improgressive, stop sulle pensioni

di Antonio Sciotto
Un pre­mier a tutto spiano ieri a Porta a Porta: nel corso della tra­smis­sione, Mat­teo Renzi ha riba­dito la volontà di can­cel­lare la tassa sulla prima casa nel 2016 (per poi inter­ve­nire sull’Ires nel 2017 e sull’Irpef nel 2018), ma ha fre­nato sulla riforma delle pen­sioni, molto attesa da lavo­ra­tori e sin­da­cati. Si farà dice, ma la rimanda a un gene­rico «nelle pros­sime set­ti­mane o nei pros­simi mesi»: il che può voler dire che nella legge di sta­bi­lità que­sto punto potrebbe anche non rien­trare. Non ci sono le coper­ture, e anzi secondo il pre­si­dente del con­si­glio a rigore non sarebbe neces­sa­rio nean­che tro­varle, visto che la riforma «dovrà essere a somma zero per lo Stato». Prio­rità, al con­tra­rio, per Imu e Tasi, su cui invece le risorse si stanno cer­cando, tanto che Renzi spiega che ai sin­daci «non verrà a man­care nulla», e che si impe­gna a coprire tutto, «paro paro».
«Il 16 dicem­bre sarà l’ultima volta in cui si paga la tassa sulla prima casa. La prima casa tor­nerà ad essere esen­tata dalle tasse, uno ha lavo­rato 30 anni e ha fatto un mutuo è giu­sto che sulla prima casa non paghi nulla — ha spie­gato Renzi — Dicono, state age­vo­lando i ric­chi. No. È la prima casa che tor­nerà a essere esen­tata dalle tasse.
È giu­sto che non si paghi niente. Chi ha seconda, terza, quarta casa è giu­sto che paghi».
Sugli even­tuali timori dei sin­daci, che il taglio dell’Imu e della Tasi possa essere ripa­gato con altret­tanti tagli ai loro bud­get (la tassa sulla casa è una delle mag­giori fonti di ali­men­ta­zione per i comuni), il pre­si­dente del con­si­glio ha cer­cato di ras­si­cu­rare: «Daremo ai sin­daci un asse­gno cor­ri­spon­dente» al tagio dell’Imu e della Tasi, «quello che togliamo ai comuni lo resti­tuiamo paro paro, non è che poi aumen­tano le tasse. Su que­sto mi impe­gno, assolutamente».
Subito dopo, le pro­messe per gli anni a venire, in modo da “chiu­dere il cer­chio”, anno per anno, nel caso ci fos­sero sca­denze elet­to­rali: «L’economia sta andando meglio, biso­gna dare mes­saggi di sere­nità al Paese — ha spie­gato il capo del governo — Stiamo ripar­tendo, dopo anni con il segno meno siamo final­mente al segno più e noi faremo una serie di ini­zia­tive». «Alcune già par­tite, come gli 80 euro — ha quindi detto Renzi — Nel 2015 c’è stato l’intervento su Irap e costo del lavoro. Ne 2016 ci sarà quello su Imu e Tasi. Nel 2017 sull’Ires e nel 2018 sull’Irpef, la met­tiamo piu bassa della Spa­gna». «Le tasse sono bel­lis­sime, per ripren­dere quello che diceva Padoa Schioppa — ha chio­sato il pre­mier — ma forse nei Paesi in cui sono basse».
Renzi si sente otti­mi­sta anche nei con­fronti dell’Europa, nono­stante nei giorni scorsi Bru­xel­les abbia mani­fe­stato con­tra­rietà rispetto al taglio delle tasse sulla casa, e sia stata molto fredda sulla pos­si­bi­lità di con­ce­dere nuovi mar­gini di fles­si­bi­lità ai conti pub­blici del nostro paese, dopo quella già con­cessa: «Credo che in Ue le cose stiano cam­biando anche sulla linea eco­no­mica. Con un pochino di buon senso abbiamo preso 17 miliardi gra­zie alla fles­si­bi­lità, ora si tratta di por­tare a casa tutto quello che riu­sciamo in modo da avere un defi­cit il pros­simo anno che non sia l’1,4%, come voluto dal governo che ha fir­mato il fiscal com­pact, rati­fi­cato dal Par­la­mento. Lo dico anche a chi oggi mi cri­tica, il fiscal com­pact lo hanno fir­mato loro».
Per il Sud, Renzi ha spie­gato che il governo «sta ragio­nando su alcune pro­po­ste»: «C’è chi sug­ge­ri­sce di usare il cre­dito di impo­sta, già uti­liz­zato» in pas­sato; «avrebbe un importo di un paio di miliardi, secondo le stime». In alter­na­tiva, si pensa «alla pos­si­bi­lità di con­ti­nuare il taglio dei con­tri­buti per gli assunti».
Stop, come detto, sulla riforma della legge For­nero: «Leggo — ha detto Renzi — che ci siamo fer­mati sulla fles­si­bi­lità pen­sio­ni­stica, ma non siamo nem­meno par­titi, per un prin­ci­pio di buon senso: si annun­cia una cosa sulle pen­sioni quando si è sicuri di farla, spe­re­rei di farlo comun­que nelle pros­sime set­ti­mane o nei pros­simi mesi, io sono fidu­cioso su que­sto. Ogget­ti­va­mente — ha aggiunto il pre­mier — dob­biamo tro­vare un mec­ca­ni­smo per cui chi vuole andare un po’ prima in pen­sione pren­dendo un po’ meno soldi possa andarci. Ora dob­biamo vedere quanto prima e quanti soldi. Sono otti­mi­sta ma per lo Stato deve essere a somma zero».
Insomma, zero costi, e a que­sto punto è molto pro­ba­bile che deb­bano pagare i soli pen­sio­nati. Cgil, Cisl e Uil ieri hanno riba­dito che invece la riforma è urgente: «È indi­spen­sa­bile che il tema si affronti nella legge di sta­bi­lità», dice la Cgil. Per la Cisl «un inter­vento è neces­sa­rio, riman­dare sarebbe un errore». Lo stesso pensa la Uil: «Il governo ha pro­messo, no a rinvii».

Fonte: il manifesto

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