
di Antonio Sciotto
Un premier a tutto spiano ieri a Porta a Porta: nel
corso della trasmissione, Matteo Renzi ha ribadito la volontà di
cancellare la tassa sulla prima casa nel 2016 (per poi intervenire
sull’Ires nel 2017 e sull’Irpef nel 2018), ma ha frenato sulla riforma
delle pensioni, molto attesa da lavoratori e sindacati. Si farà
dice, ma la rimanda a un generico «nelle prossime settimane o nei
prossimi mesi»: il che può voler dire che nella legge di stabilità
questo punto potrebbe anche non rientrare. Non ci sono le coperture,
e anzi secondo il presidente del consiglio a rigore non sarebbe
necessario neanche trovarle, visto che la riforma «dovrà essere
a somma zero per lo Stato». Priorità, al contrario, per Imu e Tasi,
su cui invece le risorse si stanno cercando, tanto che Renzi spiega che
ai sindaci «non verrà a mancare nulla», e che si impegna a coprire
tutto, «paro paro».
«Il 16 dicembre sarà l’ultima volta in cui si paga la tassa sulla
prima casa. La prima casa tornerà ad essere esentata dalle tasse, uno
ha lavorato 30 anni e ha fatto un mutuo è giusto che sulla prima casa
non paghi nulla — ha spiegato Renzi — Dicono, state agevolando
i ricchi. No. È la prima casa che tornerà a essere esentata dalle
tasse.
È giusto che non si paghi niente. Chi ha seconda, terza, quarta casa è giusto che paghi».
È giusto che non si paghi niente. Chi ha seconda, terza, quarta casa è giusto che paghi».
Sugli eventuali timori dei sindaci, che il taglio dell’Imu e della
Tasi possa essere ripagato con altrettanti tagli ai loro budget (la
tassa sulla casa è una delle maggiori fonti di alimentazione per
i comuni), il presidente del consiglio ha cercato di
rassicurare: «Daremo ai sindaci un assegno corrispondente» al
tagio dell’Imu e della Tasi, «quello che togliamo ai comuni lo
restituiamo paro paro, non è che poi aumentano le tasse. Su questo mi
impegno, assolutamente».
Subito dopo, le promesse per gli anni a venire, in modo da
“chiudere il cerchio”, anno per anno, nel caso ci fossero scadenze
elettorali: «L’economia sta andando meglio, bisogna dare messaggi di
serenità al Paese — ha spiegato il capo del governo — Stiamo
ripartendo, dopo anni con il segno meno siamo finalmente al segno più
e noi faremo una serie di iniziative». «Alcune già partite, come gli
80 euro — ha quindi detto Renzi — Nel 2015 c’è stato l’intervento su
Irap e costo del lavoro. Ne 2016 ci sarà quello su Imu e Tasi. Nel 2017
sull’Ires e nel 2018 sull’Irpef, la mettiamo piu bassa della Spagna».
«Le tasse sono bellissime, per riprendere quello che diceva Padoa
Schioppa — ha chiosato il premier — ma forse nei Paesi in cui
sono basse».
Renzi si sente ottimista anche nei confronti dell’Europa,
nonostante nei giorni scorsi Bruxelles abbia manifestato
contrarietà rispetto al taglio delle tasse sulla casa, e sia stata
molto fredda sulla possibilità di concedere nuovi margini di
flessibilità ai conti pubblici del nostro paese, dopo quella già
concessa: «Credo che in Ue le cose stiano cambiando anche sulla linea
economica. Con un pochino di buon senso abbiamo preso 17 miliardi
grazie alla flessibilità, ora si tratta di portare a casa tutto
quello che riusciamo in modo da avere un deficit il prossimo anno che
non sia l’1,4%, come voluto dal governo che ha firmato il fiscal compact, ratificato dal Parlamento. Lo dico anche a chi oggi mi critica, il fiscal compact lo hanno firmato loro».
Per il Sud, Renzi ha spiegato che il governo «sta ragionando su
alcune proposte»: «C’è chi suggerisce di usare il credito di
imposta, già utilizzato» in passato; «avrebbe un importo di un paio
di miliardi, secondo le stime». In alternativa, si pensa «alla
possibilità di continuare il taglio dei contributi per gli
assunti».
Stop, come detto, sulla riforma della legge Fornero: «Leggo — ha
detto Renzi — che ci siamo fermati sulla flessibilità
pensionistica, ma non siamo nemmeno partiti, per un principio di
buon senso: si annuncia una cosa sulle pensioni quando si è sicuri di
farla, spererei di farlo comunque nelle prossime settimane o nei
prossimi mesi, io sono fiducioso su questo. Oggettivamente — ha
aggiunto il premier — dobbiamo trovare un meccanismo per cui chi
vuole andare un po’ prima in pensione prendendo un po’ meno soldi
possa andarci. Ora dobbiamo vedere quanto prima e quanti soldi. Sono
ottimista ma per lo Stato deve essere a somma zero».
Insomma, zero costi, e a questo punto è molto probabile che
debbano pagare i soli pensionati. Cgil, Cisl e Uil ieri hanno
ribadito che invece la riforma è urgente: «È indispensabile che il
tema si affronti nella legge di stabilità», dice la Cgil. Per la Cisl
«un intervento è necessario, rimandare sarebbe un errore». Lo stesso
pensa la Uil: «Il governo ha promesso, no a rinvii».
Fonte: il manifesto
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