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di Angela Mayr
Il primo autobus ungherese è arrivato al confine coll’Austria
di notte, alle 2.32. I primi 39 rifugiati delle migliaia della
disperata marcia della speranza verso l’Austria e la Germania ce
l’hanno fatta, lo attraversano a piedi, ancora increduli di essere
scampati all’Ungheria, esausti e bagnati. Oltreconfine sono accolti
da applausi e cartelli, welcome refugees sventolati da cittadini accorsi qui a Nickelsdorf dai dintorni ma anche dalla vicina Vienna.
Si sono messi in moto quando in piena notte, dopo una giornata di
silenzio è arrivato il tweet del cancelliere austriaco Werner
Faymann che annunciava l’apertura dei confini, concordata con la
Germania. Ora i rifugiati in arrivo dall’Ungheria possono chiedere
asilo in Austria o proseguire verso la Germania, che è la meta
agognata dalla stragrande maggioranza.
«Si tratta di una situazione di emergenza, bisogna aprire le porte
all’umanità, che deve prevalere sulla burocrazia» ha ribadito il
cancelliere anche ieri pomeriggio alla conferenza di programma
dei socialdemocratici a Vienna: «Se l’Europa non sa essere solidale
accogliendo le persone che fuggono dalla guerra deve restituire il
nobel per la pace».
Sbarre di confine quindi finalmente alzate, il regolamento di
Dublino e Schengen, sulla carta ancora difesi dall’Austria sono di
fatto sospesi. Fino a quando? Non si sa, «siamo in uno stato di
eccezione» dicono le fonti governative.
Stato di eccezione, davvero. Poliziotti gentili e persino con
gli occhi lucidi «è come l’89» ( arrivarono qui i profughi della
Germania Est) che rassicurano le centinaia e poi migliaia di
persone in arrivo. Sono 6.500 mentre scriviamo, a Vienna se ne
attendono oggi fino a 10mila.
Dalla stazione ovest di Vienna fin dal mattino sono partiti
i treni speciali delle Oebb, le ferrovie austriache al ritmo di
mezz’ora, per portare i rifugiati dal confine nella capitale. Hanno
mobilitato tutte le risorse possibili, personale e interpreti di
inglese e arabo, gli annunci sono anche in lingua araba. Ognuno che
arriva riceve informazioni e indicazioni precise, cibo,
assistenza, posti letti… Il governo ungherese denunciava
l’aggressività dei profughi, qui al contrario polizia
ferroviaria e Ong lodano la perfetta cooperazione
e gratitudine dei rifugiati.
Il primo treno è arrivato intorno alle 6 del mattino: famiglie con
bambini, vecchi, gente in carrozzella tutti visibilmente
provati. Accolti da tantissimi cittadini in loro attesa, che
applaudono, sventolio di cartelli welcome refugees, alcuni piangono vedendoli finalmente arrivare.
Eccoli , scendono, prima è sorpresa, poi grande sollievo per questa accoglienza, la speranza rinasce.
I telegiornali austriaci e i tweet del settimanale viennese der Falter
raccontano scene strappacuore: un piccolo bimbo viennese regala
a un bambino siriano la sua macchina matchbox, i due bambini si
abbracciano, «vederlo mi ha fatto piangere» racconta il direttore di der Falter.
Davanti alla stazione c’è gente, intere famiglie in coda per portare cibo, vestiti, scarpe, coperte.
I profughi sono arrivati con vestiti estivi, molti hanno le scarpe
bagnate o sono in ciabatte, Giocattoli, comprati da bambini con la
paghetta, persone che offrono il loro tempo o competenze.
La Caritas è stata costretta a pregare la gente che vuole ricevere i rifugiati in prima persona di non
venire più ai binari, perché altrimenti non hanno più spazio per
scendere dai treni. E ha chiesto anche uno stop alle donazioni, fino
a che non ci sarà un nuovo appello.
Migliaia gli arrivi ma tutto fila liscio, scelta la via umanitaria
tutto funziona. E’ il contromodello di Traiskirchen, il discusso
centro di accoglienza gestito in modo volutamente respingente, dove
non funziona niente.
Fonte: il manifesto
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