La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 8 settembre 2015

Il Pkk all'attacco

di Giuseppe Acconcia
Nel Kur­di­stan turco è guerra senza esclu­sione di colpi. 16 sol­dati di Ankara (31 secondo il par­tito di Oca­lan, incluso il colon­nello, Ilker Çeli­k­can) sono stati uccisi dome­nica notte ad Hak­kari. Due bombe hanno col­pito vei­coli mili­tari men­tre pas­sa­vano per Geliya Doski presso Daglica, al con­fine tra Tur­chia, Iraq e Iran. Il governo turco ha rispo­sto con attac­chi di F-4 e F-16 con­tro il Pkk per ven­di­care le bombe che hanno col­pito i mili­tari. Il pre­mier ad inte­rim, Ahmed Davu­to­glu ha can­cel­lato un viag­gio nella città di Konya e indetto una riu­nione di emer­genza con il capo dello staff dell’esercito, Hulusi Akar, e il capo dell’Intelligence, Hakan Fidan.
Nelle prin­ci­pali città del Kur­di­stan turco vige il copri­fuoco da set­ti­mane, dopo la cam­pa­gna di Ankara con­tro il Pkk, lan­ciata il 24 luglio scorso e che ha cau­sato la morte di cen­ti­naia di com­bat­tenti kurdi. In varie muni­ci­pa­lità i cit­ta­dini hanno dichia­rato l’autonomia e orga­niz­zato comi­tati di auto-difesa. Dall’inizio del con­flitto tra Ankara e Pkk sono oltre 40 mila i morti tra gli affi­liati al par­tito di Ocalan.
Dal 2013 è stato dichia­rato il ces­sate il fuoco con le auto­rità tur­che che avrebbe deter­mi­nato il pos­si­bile disarmo del Pkk se fosse entrata in vigore la dichia­ra­zione di Palazzo Dol­mah­bace, nego­ziata dal par­tito della sini­stra filo-kurda (Hdp), e poi strac­ciata da Erdo­gan in seguito alla vit­to­ria elet­to­rale del par­tito di Demir­tas che, entrando in par­la­mento il sette giu­gno scorso, ha scom­pa­gi­nato gli equi­li­bri poli­tici in Tur­chia. In seguito all’attacco di Hak­kari, Erdo­gan ha accu­sato il Pkk di aver sfrut­tato il pro­cesso di pace per «tra­dire il paese accu­mu­lando armi». Demir­tas invece ha con­dan­nato gli attac­chi chie­dendo una tre­gua immediata.
A Cizre, roc­ca­forte di Hdp dove il par­tito ha otte­nuto oltre il 90% dei voti lo scorso giu­gno, i carri armati dell’esercito hanno occu­pato il cen­tro urbano. Tre abi­ta­zioni sono state date alle fiamme, tra i morti un neo­nato che non è stato tra­spor­tato in tempo in ospe­dale per­ché le ambu­lanze non sono potute entrare nei quar­tieri con­trol­lati dall’esercito. Ci sareb­bero almeno altri tre morti a Cizre, secondo fonti di Hdp, Meh­met Emin Levent, Sait Cag­da­vul e Cemile Cagirga, una bam­bina di 13 anni.
Nep­pure gli attac­chi alla stampa indi­pen­dente si sono pla­cati. 150 soste­ni­tori di Erdo­gan hanno mar­ciato verso la sede del quo­ti­diano Hur­riyet, lan­ciando pie­tre. Anche la destra nazio­na­li­sta Mhp ha cri­ti­cato l’attacco. Men­tre la gior­na­li­sta olan­dese free­lance, Fre­de­rike Geer­dink, che da tempo vive e lavora a Diyar­ba­kir, è stata arre­stata per la seconda volta dall’inizio dell’anno con l’accusa di soste­nere il Pkk.
Scon­tri anche nel Kur­di­stan siriano (Rojava). In assenza degli annun­ciati bom­bar­da­menti della coa­li­zione inter­na­zio­nale con­tro l’Isis la guerra per la con­qui­sta della città di Marea, 20 chi­lo­men­tri a nord di Aleppo. Sareb­bero almeno 47 i morti nelle ultime 24 ore. Gli Usa si erano impe­gnati per inter­venti aerei raf­for­zati con­tro chiun­que (Isis e truppe gover­na­tive) minac­ciasse i ribelli soste­nuti da Washing­ton, dando il via libera all’attuazione del piano turco per la for­ma­zione di safe-zone in Siria. Il con­fine turco-siriano resta off-limits per i pro­fu­ghi che fug­gono da Rojava.
Ieri un quinto sca­fi­sta turco, respon­sa­bile del traf­fico di migranti tra Bodrum e Kos, costato la vita a decine di rifu­giati, tra cui il pic­colo Aylan Kurdi, la cui imma­gine ha fatto il giro del mondo, è stato arre­stato dalla poli­zia turca.

Fonte: il manifesto

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