La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 22 ottobre 2015

Le pensioni delle partite Iva e freelance sono una bomba sociale pronta a esplodere

di Roberto Ciccarelli 
In attesa che gli annunci di Renzi sul “Jobs Act delle par­tite Iva” pren­dano corpo (sem­pre che non si tratti di una fre­ga­tura) nel bilan­cio sociale 2014 dell’Inps è pos­si­bile fare il ritratto di una por­zione minima, ma pur sem­pre signi­fi­ca­tiva, della con­di­zione del lavoro auto­nomo in Ita­lia. I free­lance sono in fuga da un regime che pre­tende alti con­tri­buti ma non garan­ti­sce alcuna protezione.
I lavo­ra­tori auto­nomi e col­la­bo­ra­tori iscritti alla gestione sepa­rata dell’Inps sono in fuga. Un’altra con­ferma viene dal bilan­cio sociale: –78.213 (-8,6). Si è pas­sati da 911.765 unità del 2013 a 833.552. È un calo rile­vante per una cassa in attivo e si spiega per le con­di­zioni proi­bi­tive impo­ste a que­sti lavo­ra­tori: i loro con­tri­buti non garan­ti­scono assi­stenza né tutele.
Con i red­diti medi da povertà, le ali­quote al 27,72% ren­dono la vita impos­si­bile. I con­tri­buti ver­sati ammon­tano a 6.820 milioni di euro (-5,2%), 840 milioni dai pro­fes­sio­ni­sti e 5980 milioni dai col­la­bo­ra­tori “pre­cari”. Fondi che finan­ziano altre gestioni in per­dita.
Il calo degli auto­nomi (4 milioni e 376 mila) è regi­strato anche in altri set­tori: tra gli arti­giani (-1,6%, 1.747 milioni); col­ti­va­tori diretti (-0,8%, 453 mila). I com­mer­cianti invece aumen­tano: 2.175 milioni (+0,4%). Calano gli auto­nomi che usu­fruito del con­gedo di mater­nità obbli­ga­to­ria: –21.1%. Chi ne usu­frui­sce di più sono iscritte alla gestione com­mer­cianti. Le lavo­ra­trici para­su­bor­di­nate che hanno usu­fruito di tale diritto sono dimi­nuite del 15,6% (8.652). Sono i numeri della crisi del quinto stato.
Que­sto calo si riscon­tra anche nei dati dell’Osservatorio sulle par­tite Iva del mini­stero del lavoro.
Ad ago­sto 2015 sono state aperte 16.265 nuove par­tite Iva. Rispetto allo stesso mese dell’anno pre­ce­dente si osserva una fles­sione (-6,5%). Sem­bra con­so­li­darsi la ten­denza degli effetti deri­vanti dalle nuove forme con­trat­tuali intro­dotte dal “jobs act”, accom­pa­gnate dagli incen­tivi fiscali per le assun­zioni a tempo inde­ter­mi­nato, che sem­brano aver con­ti­nuato a favo­rire la costi­tu­zione di rap­porti di lavoro dipen­dente rispetto a rap­porti di lavoro auto­nomo con par­tita Iva.
Riguardo alla ripar­ti­zione ter­ri­to­riale, circa il 42% delle nuove aper­ture è loca­liz­zato al Nord, il 21,7% al Cen­tro ed il 36,1% al Sud e nelle Isole. Rispetto allo stesso mese dell’anno pre­ce­dente, i pochi aumenti di aper­ture di par­tite IVA sono loca­liz­zati in Pro­vin­cia di Trento (+11,9%), Abruzzo (+6,4%) e Sar­de­gna (+3,8%); invece le fles­sioni più con­si­stenti si sono veri­fi­cate in Basi­li­cata (-22,4%), Lazio (-12,2%) e Toscana (-11,5%).
Con rife­ri­mento alla clas­si­fi­ca­zione per set­tore pro­dut­tivo, il com­mer­cio regi­stra, come di con­sueto, il mag­gior numero di aper­ture di par­tite Iva (25,3% del totale), seguito dalle atti­vità pro­fes­sio­nali (11,4%) e dall’agricoltura (10,4%). Rispetto ad ago­sto dello scorso anno, tra i set­tori prin­ci­pali si osserva un aumento di aper­ture nell’istruzione (+11,7%), incre­menti più con­te­nuti per la sanità (+2,1%) e le atti­vità immo­bi­liari (+1,8%), men­tre le fles­sioni più evi­denti si regi­strano nei tra­sporti (-18%), edi­li­zia (-13,3%) e ser­vizi d’informazione (-12,2%).
Il 47,6% delle aper­ture è attri­bui­bile ai gio­vani fino a 35 anni e il 34,1% a sog­getti tra 36 e 50 anni. Rispetto al cor­ri­spon­dente mese dello scorso anno tutte le classi di età accu­sano cali di aper­ture, prin­ci­pal­mente la più gio­vane (-6,8%).
L’osservatorio ha regi­strato anche le con­se­guenze del pastic­cio del governo Renzi sul regime fiscale age­vo­lato per gli under 35. Nello scorso mese di luglio 1.249 lavo­ra­tori hanno ade­rito al nuovo regime for­fe­ta­rio, men­tre 4.016 hanno ade­rito al regime fiscale di van­tag­gio . Que­ste ade­sioni sono il 32,4% del totale delle nuove aper­ture. La pos­si­bi­lità di opzione tra i due regimi è stata pre­vi­sta dal decreto “mil­le­pro­ro­ghe” ed è valida solo per l’anno in corso. Da gen­naio 2016 resterà in vigore solo il regime for­fe­ta­rio, con le moda­lità che saranno chia­rite da un col­le­gato alla legge di sta­bi­lità del 2016.
Ecco dove si fugge
Il dibat­tito sulla gestione sepa­rata riguarda una por­zione minima di par­tite Iva, poco meno di 300 mila per­sone, il 20% circa del totale. Rispetto ai lavo­ra­tori auto­nomi pro­pria­mente detti (oltre 3 milioni) sono una mino­ranza, ma la loro con­di­zione rap­pre­senta bene quella degli iscritti agli ordini pro­fes­sio­nali e, in gene­rale, a coloro che sono “pre­cari” (lavo­rano da “para­su­bor­di­nati” ad esem­pio). La bat­ta­glia dell’associazione dei free­lance Acta, diven­tata nel tempo un sim­bolo, ed è stata assunta da altre asso­cia­zioni fino a con­qui­starsi la pro­messa di Renzi di inter­ve­nire defi­ni­ti­va­mente con­tro l’aumento dei con­tri­buti pre­vi­den­ziali al 33,72% con­te­nuto nella riforma For­nero, per ripor­tarla al 24% (l’aliquota di altre gestioni degli auto­nomi, come i com­mer­cianti). Dell’attuale 27,72%, lo 0,72% della con­tri­bu­zione è dedi­cata a mater­nità, con­gedi paren­tali, malat­tia. Un free­lance che si ammala, come Daniela Fre­gosi, ha tutele minori (o ine­si­stenti) rispetto ad un col­lega lavoratore-dipendente.
Ffo­to­grafi, gra­fici e infor­ma­tici lasciano da anni la gestione sepa­rata e si iscri­vono alla gestione arti­giani, sem­pre dell’Inps. I tra­dut­tori, pub­bli­ci­tari, orga­niz­za­tori di eventi o di ricer­che di mer­cato scel­gono la cassa com­mer­cianti che con­ti­nua a cre­scere. La for­mula dei diritti d’autore offre van­taggi per quanto riguarda il com­penso sullo sfrut­ta­mento eco­no­mico dell’opera (un testo, una ricerca, una con­su­lenza scritta) è escluso da qual­siasi obbligo con­tri­bu­tivo, anche nei con­fronti della Gestione sepa­rata dell’Inps. Se i diritti di autore ven­gono per­ce­piti nell’ambito di un lavoro auto­nomo, usu­frui­scono di un abbat­ti­mento for­fet­ta­rio, a titolo di dedu­zione for­fet­ta­ria delle spese, pari al 25% (ele­vata al 40% se il per­cet­tore ha un’età infe­riore a 35 anni). Inol­tre, il pro­fes­sio­ni­sta non deve nean­che emet­tere la fattura.
Pre­cari che pagano la pen­sione degli altri (e non ne avranno una)
Le lavo­ra­trici e i lavo­ra­tori «para­su­bor­di­nati», le par­tite Iva, tutti coloro che sono impie­gati a tempo e in maniera inter­mit­tente. den­tro e fuori la gestione sea­prata dell’Inps, hanno ripia­nato le ingenti per­dite dell’Inps.Scri­veva la corte dei Conti a pro­po­sito di un bilan­cio pre­ce­dente (2012): l’istituto si avva­leva allora (come oggi) del «mas­sic­cio saldo posi­tivo di eser­ci­zio dei “para­su­bor­di­nati” e quello delle pre­sta­zioni tem­po­ra­nee, i cui netti patri­mo­niali con­sen­tono ancora la coper­tura di quelli nega­tivi delle altre prin­ci­pali gestioni e il man­te­ni­mento di un attivo nel bilan­cio gene­rale, espo­sto peral­tro ad un rapido azzeramento».
Dun­que, in Ita­lia i pen­sio­nati con­ti­nue­ranno a cre­scere, ma il capi­tale garan­tito dai lavo­ra­tori auto­nomi e dai pre­cari non basterà a «ripia­nare lo squi­li­brio» tra le gestioni in defi­cit. La con­se­guenza sarà «la dila­ta­zione dei saldi nega­tivi e dell’indebitamento, aggra­vati dal fondo dei dipen­denti pub­blici, in pro­gres­sivo e cre­scente dissesto».
La Corte avverte inol­tre che i lavo­ra­tori indi­pen­denti (pre­cari, par­tite Iva, inter­mit­tenti) saranno pena­liz­zati mag­gior­mente dal metodo con­tri­bu­tivo. Il loro trat­ta­mento pen­sio­ni­stico, sem­pre che rie­scano a tota­liz­zarlo, rischia di essere molto lon­tano da quello riser­vato a chi è andato, o andrà, in pen­sione con il metodo retri­bu­tivo. La Corte chiese «un costante moni­to­rag­gio degli effetti delle riforme del lavoro e della pre­vi­denza sulla spesa pen­sio­ni­stica e una cre­scente atten­zione al pro­filo di ade­gua­tezza delle pre­sta­zioni col­le­gate al metodo con­tri­bu­tivo e degli ecces­sivi divari nei trat­ta­menti con­nessi a quello retri­bu­tivo, uni­ta­mente all’urgenza di rilan­ciare la pre­vi­denza complementare».
Resta tut­ta­via il mistero su come i lavo­ra­tori indi­pen­denti, ad esem­pio le par­tite Iva che ver­sano i con­tri­buti nella gestione sepa­rata dell’Inps con un red­dito medio men­sile pari a 515 euro pos­sano finan­ziarsi un fondo pri­vato. Per loro si pre­para un futuro senza pen­sione. L’Inps, con­clude la Corte, ha biso­gno di «indi­la­zio­na­bili misure di risa­na­mento». In realtà di una riforma del Wel­fare e, magari, di una ripresa che non si vede. Almeno quella del lavoro retribuito.


La bomba sociale in arrivo
Quando la prima coorte di lavo­ra­tori auto­nomi e pre­cari avrà rag­giunto l’età pen­sio­na­bile (tra il 2035 e il 2040) con il sistema, spe­ri­men­te­ranno le con­se­guenze del sistema con­tri­bu­tivo puro. Loro sono stati i primi a capire che non garan­ti­sce le tutele fon­da­men­tali e saranno i primi a capire cosa signi­fica vivere con un pen­sione di poche cen­ti­naia di euro. Pro­prio come accade oggi al 12% dei pen­sio­nati che vivono con meno di 500 euro. La dif­fe­renza è che, tra vent’anni, que­sta situa­zione riguar­derà i lavo­ra­tori che ten­gono in piedi il wel­fare e in molti casi rap­pre­sen­tano la parte più viva (e la più sfrut­tata) del ter­zia­rio e dei servizi.
I movi­menti dei free­lance sono da tempo impe­gnati a tro­vare una solu­zione. Non altret­tanto è la poli­tica impe­gnata a garan­tire la bolla che pro­durrà il disa­stro o a rime­diare agli incre­di­bili errori com­piuti dal governo Monti ai danni dei pen­sio­nati e pen­sio­nandi retri­bu­tivi: gli eso­dati, la fles­si­bi­liz­za­zione del’età di pen­sio­na­mento, la riva­lu­ta­zione, in seguito alla sen­tenza della con­sulta, delle pen­sioni che erano state bloc­cate (le pen­sioni supe­riori a 1.500 euro lordi).
Il pro­blema del futuro riguarda la nuova forza lavoro, oggi senza prospettive.
Tra le nume­rose pro­po­ste in campo emerge quella della “pen­sione minima” o “di cit­ta­di­nanza” avan­zata da Acta, ma anche dalle reti dei movi­menti dei free­lance come la Coa­li­zione 27 feb­braio. A que­sto asse­gno minimo, uguale per tutti e rico­no­sciuto dopo 10 o 15 anni di ver­sa­menti, si potrebbe aggiun­gere una parte varia­bile, cal­co­lata con il metodo con­tri­bu­tivo, pro­por­zio­nale agli importi versati.
Mol­tis­simi free­lance e pre­cari non arri­ve­ranno a per­ce­pire una pen­sione decente, ade­guata a garan­tire la soprav­vi­venza in vec­chiaia. Oggi non per­ce­pi­scono alcun red­dito minimo, nè tutela in caso di disoc­cu­pa­zione. E’ la nuova que­stione sociale che tutti vivono, ma nes­suno vuole vedere.

Fonte: il manifesto 

1 commento:

  1. Manca un attenta e doverosa analisi sul perchè e sul futuro. Come sia possibile garantirsi una pensione dignitosa su un reddito medio di 515 euro mensile.....
    Il problema sta tutto li e non nella pensione nel qual caso, come ormai è entrato nella mentalità comune, la pensione sranno gli altri a pagaglierla,

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.