La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 18 ottobre 2015

Politica della fiducia: oltre lo stato, verso le persone

di Carlos Delclos 
Sabato 10 ottobre più di cento persone sono state uccise a una manifestazione per la pace ad Ankara da attentatori suicidi. E’ stato il peggior attacco terroristico mai registrato in suolo turco. La manifestazione era stata organizzata da sindacati fa favore della pace tra le autorità statali turche e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), con il sostegno del Partito Democratico Popolare (HDP).
Dopo l’attacco l’ufficio del primo ministro turco ha vietato la copertura mediatica, citando “motivi di sicurezza”. Contemporaneamente c’è stato un blocco di Twitter e di altri media sociali. Nonostante questi ostacoli alcuni gruppi mediatici locali hanno disubbidito agli ordini del ministero e molte persone hanno avuto accesso a media sociali attraverso reti virtuali private (VPN).
Come riferito dal The Guardian il primo ministro Ahmet Davoutoglu ha dapprima affermato che gli attacchi potevano essere stati condotti dall’ISIS, da militanti curdi o da militanti di estrema sinistra. Contemporaneamente il ministro turco delle acque e delle foreste, Veysel Eroglu, incolpava gli organizzatori della manifestazione per la pace affermando: “Il nostro popolo deve fare attenzione a simili provocatori che organizzano dimostrazioni terroristiche al fine di eccitare discordia nell’armonia sociale”.
Ma questo articolo non si occupa degli attacchi terroristici ad Ankara. Riguarda un concetto che è chiamato “fiducia politica”. E’ il genere di cosa che è compromesso quando i politici si riferiscono regolarmente ai loro avversari come a “terroristi” al fine di segnare dei punti in politica, o quando la reazione iniziale dello stato a un’atrocità consiste nel fare del suo meglio per limitare l’accesso alle informazioni, citando una vaga logica di sicurezza.
E’ allettante per gli europei credere che questa reazione sia specifica del regime straordinariamente autoritario turco, che un approccio dalla mano così pesante sia improbabile negli stati membri della UE. Ciò non è soltanto razzista, ma falso.
Dopo gli attentati ai treni dell’11 marzo 2004 a Madrid, che uccisero 193 persone e ne ferirono 1.858, il governo spagnolo, guidato dal Partito Popolare di José Maria Aznar, mentì al popolo spagnolo per fargli credere che gli attacchi fossero stati perpetrati dal Paese Basco e Libertà (ETA), mentre sapeva che erano stati condotti da Al Qaeda. Come l’attentato in Turchia essi ebbero luogo nella fase di preparazione di elezioni generali. La versione del governo di Aznar era intesa a massimizzare il profitto elettorale.
Quello non è stato neppure il caso più recente in cui il Partito Popolare ha definito terroristi i propri avversari. Quando la notevolmente affermata Piattaforma delle Vittime delle Ipoteche spagnola (PAH) – un movimento sociale noto per la sua disobbedienza civile pacifica – ha reagito al rigetto da parte del Partito Popolare della legge massicciamente proposta dai cittadini che tenevano proteste fuori dalle case dei politici, diversi dirigenti del Partito Popolare hanno ripetutamente fatto riferimento ai dimostranti e ai loro portavoce come a “terroristi” o “nazisti” nei media. Hanno assunto un approccio simile nel trattare il nuovo partito di sinistra Podemos, accusandolo costantemente di nutrire simpatia per l’ETA.
L’interesse per la nozione di “fiducia politica” sta probabilmente crescendo in conseguenza dell’ondata di proteste che hanno avuto luogo in anni recenti in Tunisia, Egitto, Grecia, Spagna, Turchia o Brasile, che sono solitamente collegate a qualche forma di disaffezione derivante da una combinazione di leggi impopolari e di corruzione. Alla luce di queste proteste la domanda che è spesso posta è che cosa si possa fare per ripristinare la fiducia politica.
Ma, posta in tale contesto, la domanda non presuppone una definizione ristretta della fiducia politica, una definizione che la identifica con la fiducia in istituzioni politiche incapaci di confrontarsi con le realtà materiali in cui sono inserite? E se considerassimo l’azione politica – e la fiducia è in larga misura un’azione – come qualcosa che esiste al di là della portata delle istituzioni formali?
Nella maggior parte dei paesi che hanno assistito a proteste su vasta scala, grandi movimenti hanno generato una considerevole quantità di fiducia politica tra persone comuni che si sono organizzate attorno a un insieme comune di bisogni lasciati insoddisfatti dallo stato e da istituzioni sovranazionali, ma sono stati svenduti a vantaggio di interessi privati.
Dalla fine del 2010 abbiamo visto le strade riempirsi di atti di mutuo aiuto e solidarietà incentrati su questi bisogni comuni, che includono la casa, gli spazi pubblici, l’acqua, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, la cultura, l’informazione e via dicendo. E ciò è avvenuto in condizioni che hanno frequentemente imposto alle persone di assumersi rischi per gli altri.
In molte occasioni gli stati hanno reagito cercando di destabilizzare questi legami mediante diffamazione e coercizione. Ma tali tentativi dovrebbero essere considerati un segno della “mancanza di legittimità sociale” degli stati; una mancanza di fiducia nei politici e nei partiti politici è semplicemente un sintomo di questo.
Per illustrare questo punto torniamo ad Ankara. Secondo testimoni citati nell’articolo di cui sopra del The Guardian le ambulanze non sono riuscite a raggiungere immediatamente la scena dell’attentato perché la polizia ostruiva la rapida evacuazione dei feriti dalla piazza.
Questo video (https://youtu.be/ojxBTxRYZHQ) pare sostenere tali resoconti, mostrando dimostranti che si scontrano con la polizia per aprire un corridoio per l’ambulanza. Di nuovo, la gente ha dimostrato una fiducia in sé stessa, nella propria opposizione alle forze di sicurezza statali, che è profondamente politica.
Forse sarebbe saggio costruire sui legami che emergono qui, tra le persone dello “sciame”, tra le persone e i lavoratori nell’ambulanza, piuttosto che affidarsi ai legami spezzati dalla polizia in ritirata. Potrebbe ben essere che la domanda non sia perché la gente ha meno fiducia nelle istituzioni formali, ma perché tali istituzioni non si fidano più di essa.

Originale: open democracy
Traduzione di Giuseppe Volpe
©2015 ZNet Italy- Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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