La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 26 settembre 2015

L’ecologia politica oltre le discipline

di Stefania Barca
Disuguaglianze, potere e conflitto sociale sono al cuore della questione ambientale, ma le attuali strutture della conoscenza non sono attrezzate per affrontarli. La maggior parte della ricerca avviene dentro silos disciplinari isolati e le domande sono strutturate in rapporto a tradizioni e linguaggi di ciascuna disciplina, non alla struttura del problema. Il progetto europeo Marie Curie ITN ‘Entitle’ – Rete Europea di Ecologia Politica – partito nel 2012, é stato creato con l’idea di superare questi limiti della formazione e della ricerca socio-ecologica, e si concluderá nel marzo prossimo con una conferenza internazionale a Stoccolma che intende appunto discutere le possibilitá per una ecologia politica non-disciplinare, o anche, come il titolo suggerisce, ‘indisciplinata’.
La conferenza offre tre sessioni plenarie, ciascuna organizzata in forma di dialogo tra due speakers provenienti da contesti gegorafici e disciplinari diversi, e una serie di sessioni parallele, che raccoglieranno i contributi dei/le partecipanti. Le tre sessioni plenarie ruoteranno intorno ai temi della decolonizzazione del sapere, del post-capitalismo, e dei beni comuni.
Con colonialismo intendiamo non soltanto le disuguaglianze di potere che pervadono ancora le interazioni sociali, culturali, economiche ed ambientali a livello globale, ma anche le attitudini mentali e relazionali di dominio e sfruttamento che informano il nostro rapporto con noi stessi, i nostri simili, e gli altri essere viventi. Vogliamo perció discutere in che modo l’Ecologia Politica puó interagire con le epistemologie de-coloniali (in particolare quelle indigene e femministe/queer) , e con le filosofie dell’emancipazione, per produrre un pensiero socio-ecologico decolonizzato. Questa sessione sará basata su un dialogo tra l’antropologa nativo-americana Kim Tallbear e lo scrittore/attivista indigeno brasiliano Ailton Krenak.
Kim Tallbear insegna alla facoltá di Native Studies dell’Universitá di Alberta, in Canada. Nata in una riserva Sioux del Sud Dakota da una famiglia di origini miste nativo-americane, e laureata in pianificazione ambientale/comunitaria al MIT, Kim prende poi un dottorato in Storia della Coscienza all’Universitá di Santa Cruz, California, studiando con Donna Haraway – la filosofa piú conosciuta a livello mondiale nel campo degli studi su scienza e tecnologia. Il suo libro Native American DNA discute il ruolo della tecno-scienza nella colonizzazione dei popoli indigeni e dell’ ‘altro’ in genere e le strutture di (auto)governo e sovranitá corporale/territoriale che ne scaturiscono. Oltre al lavoro accademico, Kim partecipa al collettivo di scrittura nativo-americana Oak Lake Writers ed è co-autrice del volume This Stretch of the River, una raccolta di memorie, saggi critici e poesie che documenta il rapporto delle comunitá Oceti Sakowin con il fiume Missouri.
Ailton Krenak è un rappresentante politico dell’etnia Krenak, popolo nativo della regione di Minas Gerais. Grafico, giornalista e scrittore impegnato nella difesa dei diritti indigeni e dell’ambiente, Ailton fondò nel 1985 la ONG Nucleo di Cultura Indigena e fu eletto al parlamento brasiliano nel 1986, alle prime elezioni successive alla caduta della dittatura. Partecipò all’Assemblea Costituente, dove lottò per la consacrazione giuridica dei diritti dei popoli indigeni, e alla Alleanza dei Popoli della Foresta, creata da Chico Mendes per la difesa della foresta amazzonica e la creazione di ‘riserve estrattive’ (aree protette affidate a comunità locali per attività di estrazione e lavorazione sostenibile di frutti selvatici, caucciù, pesca etc.). La sua prima raccolta di scritti autobiografici è stata pubblicata nel 2014 dall’Instituto Socio-Ambiental di São Paulo.
Ecologie post-capitaliste
Questa sessione intende mettere in discussione l’idea di ‘umanità’, in quanto figura dell’Uomo Moderno Universale, che sta alla base del concetto di Antropocene, e invita a riflettere sulle possibilità emancipatrici di una situazione apocalittica come quella del cambiamento climatico globale. Le politiche ambientali continuano infatti ad essere orientate da nozioni di ‘conservazione’, ‘sostenibilità’ e ‘economia verde’, che puntano sulla compatibilità tra l’attuale sistema politico-economico globale e la natura. Al contrario, se l’Antropocene è l’età del capitalismo, diventa allora fondamentale immaginare uno scenario post-capitalista di liberazione ecologica, e una democrazia radicale post-umana basata su una trasformazione dei rapporti socio-ecologici in senso ugualitario. La sessione sarà centrata su un dialogo tra la filosofa Catherine Larrère e il geografo Noel Castree.
Catherine Larrére è professora emerita di filosofia morale e politica alla Sorbona. Si è occupata a lungo di etica dell’ambiente, tecno-scienza e rapporto economia/natura, ed è stata recentemente nominata presidente della Fondation de l’Écologie Politique. Il suo ultimo libro, Penser et agir avec la nature (in co-autoria con Raphaël Larrère), mette in discussione le idee dominanti sulla ‘protezione della natura’ e la stessa distinzione tra natura e cultura che è alla base del pensiero occidentale moderno.
Noel Castree è professore di geografia umana all’Università di Manchester, e si occupa di cambiamento ambientale da un punto di vista di economia politica marxista. Ha pubblicato diversi libri sulle implicazioni ecologiche del modo di vita capitalista e sul concetto di natura nelle scienze sociali; allo stesso tempo, si è occupato di processi di trasformazione socio-spaziali e del lavoro salariato. Il suo ultimo libro, Making Sense of Nature, è una riflessione trans-disciplinare sulla natura come potente argomento usato da diverse tipologie di maître à penser per plasmare le idee, sentimenti ed azioni delle persone comuni.
Privatizzazioni e ritorno del comune
Dal Chiapas al Rojava e Gezi Park, dall’agricoltura urbana alla giustizia climatica, i beni comuni sono diventati una chiave di volta del discorso politico ecologico e delle pratiche sociali più innovative negli ultimi anni. Stiamo assistendo nel frattempo ad una nuova fase di privatizzazioni, testimoniate dalla recrudescenza degli accaparramenti di terra e degli sfratti urbani, così come dalla mercificazione dell’atmosfera e della vita stessa. Questa sessione invita a riflettere su come l’ecologia politica può contribuire ad allargare il dibattito sui beni comuni al di là dei confini disciplinari, e attraverso diverse scale spaziali e organizzative, per arrivare a formulare una nuova ecologia politica dei beni comuni. Ne parleranno la sociologa Nancy Peluso e il giurista Ugo Mattei.
Nancy Peluso insegna sociologia dell’ambiente all’Università della California in Berkeley. Si occupa delle diverse forme di accesso, uso e controllo di risorse agrarie, forestali e costiere in rapporto alle multiple identità sociali (etniche, di genere, classe, età, nazionalità) che si intrecciano in ciascun individuo. Il suo primo libro, Rich Forest, Poor People, indagava le contraddizioni sociali ed ecologiche dei processi di pulizia etnica e appropriazione della terra nell’Indonesia dell’era di Suharto. Ha pubblicato poi diversi lavori sui temi della violenza ambientale e del land grabbing. Attualmente sta lavorando ad un nuovo libro sulla globalizzazione dei sistemi legali, in particolare riguardo alla proprietà, e sulla soppressione dei diritti collettivi consuetudinari.
Ugo Mattei è professore di diritto civile all’Università di Torino e di diritto internazionale e comparato alla Università della California in Hastings. È autore di numerosi lavori di carattere transdisciplinare sul tema del diritto di proprietá, tradotti in diverse lingue, ed è stato protagonista del movimento in difesa dell’acqua pubblica in Italia. Il suo ultimo libro, The Ecology of Law – scritto insieme con il fisico Fritjof Capra – sostiene che la crisi ecologica globale rende necessario ridisegnare il diritto in base alla teoria dei sistemi, liberandolo dalla vecchia visione meccanicistica occidentale, che concepisce il mondo come un insieme di parti individualmente appropriabili, con la conseguente svalutazione e degrado dei beni comuni.
Attivismo intersettoriale
La conferenza ospiterà poi un workshop per attivisti/e di movimenti e organizzazioni che lavorano su temi diversamente connessi con l’ecologia: lavoro, giustizia sociale, pace, femminismo, diritti queer, salute, migrazioni, razzismo. Alla base dell’iniziativa c’è una insoddisfazione di fondo con due modi di considerare l’ecologismo. Da una parte, c’è la separazione tra forme diverse di attivismo, che riflette in un certo modo la separazione tra le politiche sociali e quelle ambientali. L’effetto di questa separazione è quello di produrre un ambientalismo che non mette in discussione le strutture politiche e sociali che sottendono alla crisi ecologica. Una proposta alternativa, e che ha ispirato in parte il workshop, è quella che viene dal movimento per la Giustizia Ambientale, che guarda all’ambiente come territorio, e dunque luogo di vita, lavoro, tempo libero, cultura, e riproduzione delle comunità umane, che lo condividono con altre specie e forme di vita. Questo approccio implica che il sociale e l’ambientale siano fondamentalmente legati.
Vorremmo dunque che il workshop sia l’occasione per discutere le forme e possibilità per un attivismo intersettoriale, in cui la prospettiva ecologica diventi parte integrante e possa contribuire ad affrontare le altre.
Dall’altro lato, crediamo che l’enfasi sui movimenti sociali oscuri forme di attivismo che potremmo definire ‘istituzionali’ – cioè condotte dentro le istituzioni con l’intento di trasformarle radicalmente dall’interno. Un esempio è quello del movimento per il rinnovamento della psichiatria che rivoluzionò le istituzioni e le pratiche della salute mentale negli anni ’70, basandosi su un approccio olistico al disagio psichico che partiva dalla centralità dell’ambiente di vita della persona.Vorremmo discutere quindi le possibilità per promuovere oggi forme istituzionali di attivismo ecologista, che coinvolga le istituzioni di governo del territorio, della salute pubblica, della formazione, etc.
Come mettere in discussione la separazione implicita tra le diverse sfere dell’esistenza individuale e collettiva – l’attivismo, la professione, la creatività – e i diversi spazi in cui la vita degli individui si svolge? Quali condizioni permettono la permeabilità tra questi spazi e la cooperazione? Cosa significa integrare il nostro impegno ecologista dentro le nostre pratiche e relazioni quotidiane?
Il workshop è organizzato dall’associazione A Sud – Centro di Documentazione Conflitti Ambientali di Roma, partner del progetto Entitle. Chi è interessato a partecipare può contattare Lucie Greyl all’indirizzo: luciegreyl@asud.net
Una conferenza non-disciplinare
L’idea di fondo che anima la conferenza è quella di avere un dibattito non-disciplinare sulla crisi ecologica contemporanea, e le sue implicazioni politiche, sociali, epistemologiche, che incroci diverse forme di ricerca/azione. Il call for papers invita quindi a proporre interventi di formati diversi: da quello accademico tradizionale a quello della tavola rotonda, da materiali video a mostre fotografiche o installazioni artistiche, e anche performance di vario tipo (teatro, musica, poesia).La lingua ufficiale della conferenza è l’inglese, ma il comitato organizzativo considererà proposte in altre lingue laddove sia disponibile un supporto per la traduzione. Istruzioni dettagliate sulle modalità della proposta sono su 
http://www.politicalecology.eu/news/item/conference.

Fonte: comune-info.net 

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