La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 26 settembre 2015

Il papa all'Onu e le ferite aperte dell'America latina

di Geraldina Colotti
Sono arri­vati ieri all’Onu anche i pre­si­denti dell’America latina, per esporre riven­di­ca­zioni, cer­care media­zioni o rea­liz­zare incon­tri a mar­gine per que­stioni deli­cate. Prima di tutto Raul Castro, che lunedì pro­nun­cerà il suo primo discorso nell’ambito delle aper­ture volute da Obama. La Casa Bianca ha con­fer­mato le voci di un fac­cia a fac­cia tra il capo di stato cubano e quello Usa, dopo la tele­fo­nata inter­corsa tra i due la scorsa set­ti­mana alla vigi­lia dell’arrivo del papa all’Avana. Castro tor­nerà a chie­dere la fine del blocco eco­no­mico — impo­sto 55 anni fa dagli Usa — che ha stre­mato ma non pie­gato il suo paese.
Una misura ripe­tu­ta­mente con­dan­nata dalla mag­gio­ranza dei paesi all’Onu, ma sem­pre con l’eccezione degli Usa e di Israele e di qual­che paese di con­torno, suf­fi­ciente a bloc­carne la rimo­zione. Que­sta volta, invece, gli Usa potreb­bero aste­nersi. Obama darebbe così un altro segnale al Con­gresso, comun­que a mag­gio­ranza repub­bli­cana. L’altro grande tema è quello della resti­tu­zione di Guan­ta­namo, sede della base mili­tare Usa e campo di con­cen­tra­mento che Obama – nono­stante le pro­messe – non è ancora riu­scito a sman­tel­lare. Il Nobel per la pace Adolfo Pérez Esqui­vel gli ha inviato una let­tera al riguardo.
E da Cuba è arri­vato anche il pre­si­dente colom­biano Manuel San­tos. All’Avana ha con­cluso uno sto­rico accordo con Timo­shenko, lea­der della guer­ri­glia mar­xi­sta Farc, sotto l’egida di Raul Castro. Un primo passo ancora lon­tano dalla meta: gli accordi di pace che le parti vor­reb­bero con­clu­dere entro sei mesi. Nel frat­tempo, infatti, in Colom­bia si è sca­te­nata l’isteria dell’estrema destra capeg­giata da Alvaro Uribe e dalla sua lunga mano giu­di­zia­ria, il pro­cu­ra­tore Ale­jan­dro Ordo­nez. Gruppi di potere che temono di vedersi scip­pare i lauti finan­zia­menti che Washing­ton potrebbe (in parte) dirot­tare dalla “lotta al ter­ro­ri­smo” al “post-conflitto”. Papa Ber­go­glio ha dato il suo soste­gno alla solu­zione poli­tica e il Vati­cano ha avuto un peso nel pla­cet con­cesso da Obama nono­stante l’opposizione dei fal­chi di Washington.
All’Onu è andato anche il pre­si­dente vene­zue­lano Nico­las Maduro, che si è for­te­mente ado­pe­rato per age­vo­lare il pro­cesso di pace in Colom­bia (messo in moto da Cha­vez). Maduro deve ora fare i conti con la dop­pia fac­cia del neo­li­be­ri­sta San­tos: pronto a dismet­tere i panni della colomba per difen­dere i traf­fici loschi di fron­tiera. Una que­stione emersa a livello inter­na­zio­nale dopo la deci­sione di Maduro di chiu­dere la fron­tiera tra Vene­zuela e Colom­bia per arre­stare il con­trab­bando e la vio­lenza desta­bi­liz­zante dei para­mi­li­tari. Le parti hanno con­cluso un accordo, ma la Colom­bia glissa sugli impe­gni con­creti per risol­vere i pro­blemi alla radice e costruire la «fron­tiera di pace» pro­po­sta da Maduro. Quest’ultimo ha anche un altro fronte aperto di cui si par­lerà all’Onu: quello con la Guyana e la zona con­tesa dell’Esequibo. Ban Ki-moon ha pro­po­sto una media­zione, ma il pre­si­dente Gran­ger (a nome della Exxon Mobil, a cui ha già con­cesso di estrarre petro­lio nelle acque con­tese dal Vene­zuela) ha rifiu­tato. Ma intanto, lavo­ra­tori dei due paesi hanno fir­mato un’intesa dal basso. Maduro cerca anche incon­tri a mar­gine per affron­tare la caduta del prezzo del petro­lio e recu­pe­rare i rap­porti con gli Usa.
Sul tavolo anche il con­flitto fra Cile e Boli­via per la richie­sta di uno sbocco al mare chie­sto da Mora­les, anch’egli all’Onu. Il pre­si­dente boli­viano vuole la media­zione del papa, che si è già espresso al riguardo. E poi c’è il con­te­sta­tis­simo pre­si­dente mes­si­cano Enri­que Pena Nieto, che deve discu­tere con Obama l’Accordo Trans­pa­ci­fico, di cui il Mes­sico è perno e che dovrebbe con­cre­tiz­zarsi a breve. Ma all’Onu con­tano di farsi sen­tire anche le madri dei 43 stu­denti mes­si­cani, scom­parsi un anno fa a Iguala. In Mes­sico, i fami­gliari hanno pre­sen­tato a Nieto un docu­mento in 8 punti ma, a parte vaghe pro­messe — hanno com­men­tato– «il pre­si­dente e i suoi fun­zio­nari non hanno accet­tato nes­suno dei punti». Anzi, li hanno malmenati.

Fonte: il manifesto 

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