La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 25 settembre 2015

Le due sfide della scuola democratica



di Alain Goussot
Oggi la scuola democratica aperta a tutti, di tutti e per tutti si trova di fronte due rischi mortali. Il primo: la pedagogia neoliberista che la trasforma in una azienda puro ingranaggio funzionale al mondo dell’impresa e ai bisogni del mercato. Il secondo: la medicalizzazione dell’educazione e il tecnicismo procedurale didattico (normalizzatore e omologante).
La pedagogia neoliberista
L’aziendalizzazione della scuola, la precarizzazione del corpo docente, la gerarchizzazione delle funzioni e dei ruoli con un dirigente manager, la privatizzazione con l’ingresso massicio degli sponsor privati, la trasformazione del prodotto scuola in un business, il passaggio dalla scuola delle conoscenze (che forma il cittadino) alla scuola delle competenze (che forma il tecnico), l’accentuata competitività nel percorso formativo, la standardizzazione e la frammentazione delle conoscenze sono tutti aspetti fondanti dell’ideologia neoliberale e neocapitalista che caratterizza oggi la controriforma della scuola. In questa logica formativa si riproducono i dualismi: lavoro manuale e intellettuale, materie scientifiche e materie umanistiche, si riduce il peso delle scienze umani nella formazione (quelle materie come la filosofia, la storia e la letteratura che fanno pensare) e si accentua il peso delle materie scientifiche identifiche con la tecnica.
A questo aggiungiamo la colonizzazione linguistico-culturale dell’inglese che è la lingua dell’impero attuale che domina il mondo, questo a scapito dell’apprendimento delle lingue e delle culture in un mondo che non è unipolare (centrato unicamente sulla cultura capitalistica anglosassone) ma multipolare.
La scuola delle competenze è quella della concorrenza tra alunni e dell’iperspecializzazione precoce. Questo vuol dire l’assenza di una solida formazione generale di base nonché di una conoscenza approfondita della lingua italiana che non permette più agli alunni di fare il collegamento tra il particolare e il globale, tra i segmenti di sapere tecnico e la totalità che produce comprensione e quindi pensiero critico. L’efficienza concorrenziale di tipo individualistico, la formazione di una mentalità passiva da consumatore, l’idea che oltre l’orizzonte attuale di una società atomizzata non ci sia altra prospettiva di sviluppo umano fa parte di questa ideologia neoliberista che si presenta sotto le veste di un approccio scientifico-oggettivo e neutrale. La pedagogia neoliberista riproduce nella pratica le diseguaglianze e fornisce una giustificazione ideologica a una struttura d’ingiustizia.
La medicalizzazione dell’educazione (e della società) e il tecnismo procedurale didattico
La pedagogia neoliberista fa della diversità una ideologia, un tratto naturale che implica una logica differenzialistica. Oggi nel mondo della scuola ma anche nella società domina il paradigma clinico-terapeutico: le difficoltà di apprendimento oppure di relazioni sono identificate come disturbi e comportamenti-problema. La marginalizzazione della pedagogia che fa leva sulle potenzialità e il carattere dinamico-evolutivo del processo di sviluppo e che mette al centro la persona umana come insieme di relazioni, il dominio degli orientamenti clinici, comportamentali e cognitivistici nella stessa formazione o produzione editoriale rivolta al corpo insegnante fa parte di questo dispositivo ideologico neoliberale che mira a conquistare l’egemonia culturale come modello.
Le difficoltà di apprendimento non sono più viste come una opportunità di crescitaper l’alunno e come una sfida educativa e pedagogica per l’insegnante, ma come una “devianza” da riparare. L’alunno va curato, ovviamente per il suo bene e anche sidice per favorire l’inclusione, il problema è identificato nell’individuo che con i sostegni adeguati va riportato alla norma. Il concetto centrale è quello di adattamento funzionale, mentre nell’approccio delle pedagogia attiva si parla di accessibilità ai sapere e le conoscenze. Sapere e conoscenza che permettono una effettiva cittadinanza attiva, coscienza critica e quindi anche un vero potere contrattuale. Medicalizzando le difficoltà: del tipo, “se non hai successo è solo colpa tua, quindi devi essere curato”, l’alunno che ha delle difficoltà momentanee (cosa intriseca a qualsiasi processo di apprendimento) è un “alunno con bisogni educativi speciali” che va riparato.
Quest’approccio clinico-terapeutico è un vero strumento di controllo sociale. Inoltre si accompagna da parte della scuola di un intervento didattico individualizzato standardizzato: la didattica è solo una procedura e non un processo vivo che implica la realzione e la gestione pedagogica delle dinamcihe complesse del gruppo classe. In una logica differenzialistica che categorizza e classifica con varie etichette la popolazione scolastica si crea un dispositivo razionale di riproduzione delle diseguaglianze sociali e culturali (per esempio non si dà risposte serie alla scuola multiculturale e meticcia).
In questo momento la scuola democratica, che vuol dire gli insegnanti, gli educatori, i genitori e gli alunni, concepita come comunità educante e inclusiva, è di fronte alla sfida della pedagogia neoliberista e del suo strumento pratico cioé il paradigma clinico-terapeutico che deve medicalizzare, patoligizzare e tecnicizzare le differenze per neutralizzarle e controllare socialmente il corpo sociale della scuola e quindi della società del futuro. Quello che viene messo radicalmente in discussione è il carattere democratico e pluralista della scuola repubblicana.

Fonte: comune-info.net 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.