La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 26 settembre 2015

Franceschini usa i laureati da tappabuchi nei Beni culturali

di Roberto Ciccarelli
Beni Cul­tu­rali. Dop­pia morale «made in Italy»: due ore di assem­blea al Colos­seo sono un danno di imma­gine, il pre­ca­riato no. Il caso dei tiro­ci­nanti usati per sup­plire alle carenze di orga­nico pro­vo­cate da pen­sio­na­menti e blocco delle assun­zioni. Sono i pro­grammi di tiro­ci­nio per gio­vani, for­mati e deman­sio­nati nei beni cul­tu­rali. Altro che Jobs Act. Il paese «pizza, arte e mandolino».
Spente le luci sul Colos­seo, pagati gli straor­di­nari ai custodi dopo la cagnara del governo «per il grave danno d’immagine» cau­sato alla patria, sei ragazzi hanno deciso di rac­con­tare la loro espe­rienza lavo­ra­tiva in uno dei set­tore stra­te­gici del «made in Italy». Ales­san­dra Gabel­lone, Mar­tina De Mon­tis, Daniela Enas, Bruno Maf­fei, Anna­rita Romano e Elena Stil­litti hanno scritto una let­tera al mini­stro Dario Fran­ce­schini dove rac­con­tano il lavoro dei gio­vani nel paese della dop­pia morale: quello della vetrina all’estero (pizza, arte e man­do­lino) e quella del cini­smo verso gli occu­pati con il lavoro pre­ca­rio, volon­ta­rio o gratuito.
Lau­reati magi­strali in archi­vi­stica e biblio­te­co­no­mia hanno vinto una borsa nell’ambito del pro­getto «150 gio­vani per la Cul­tura» ban­dito l’anno scorso dal Miur. Uno simile è stato ban­dito poco tempo fa e riguarda altri 130 gio­vani. Il tiro­ci­nio è stato svolto fino ad ago­sto alla Biblio­teca nazio­nale di Firenze. «Siamo stati impie­gati non sulla scorta di un per­corso for­ma­tivo (come da noi più volte sol­le­ci­tato) ma per sop­pe­rire alle man­canze det­tate dalla ristret­tezza di risorse – scri­vono i neo-laureati — Tutti i nostri entu­sia­smi e le nostre pro­po­ste sono state fre­nate da un man­tra: “non abbiamo risorse, né per­so­nale, né tempo a suf­fi­cienza per rea­liz­zare nes­suna di que­ste buone iniziative”».
«Tiro­ci­nio for­ma­tivo di orien­ta­mento e inse­ri­mento al lavoro? Un sistema di auto­com­bu­stione di ener­gie lavo­ra­tive che non pro­duce effetti dura­turi e sta­bili, ma che tende alla dila­ta­zione del pre­ca­riato — con­ti­nuano — Il pro­blema, Mini­stro Fran­ce­schini, sono le attuali poli­ti­che che non solo non pre­ve­dono alcun pro­spet­tiva di assun­zione, ma insi­stono nel pro­porre nuove sele­zioni di tiro­ci­nanti (i bandi: 500 gio­vani per la cul­tura e il neo pub­bli­cato dei 130) limi­tate a tem­po­ra­lità ristrette e non pro­ro­ga­bili. Segnali che deno­tano ormai una scelta con­sa­pe­vole indi­riz­zata alla cri­stal­liz­za­zione della pre­ca­rietà lavo­ra­tiva dei gio­vani lau­reati. Una vera e pro­pria ban­ca­rotta culturale».
Ridotti all’impotenza, e silen­ziata la loro voglia di fare nel paese che tira a lucido i monu­menti a misura dei turi­sti e non si occupa di chi ci lavora den­tro, i ragazzi hanno tro­vato un’immagine effi­cace per descri­vere l’uso della forza-lavoro spe­cia­liz­zata nei beni cul­tu­rali: «Siamo stati usati da tap­pa­bu­chi. L’espressione è brutta ma rende l’idea. Abbiamo col­mato le carenze del per­so­nale che è andato in pen­sione – rac­conta Ales­san­dra, 28 anni, por­ta­voce del gruppo — Se mai arri­ve­remo a un posto di lavoro in Ita­lia non avremo il sup­porto di chi ci ha lavo­rato per trent’anni. Abbiamo speso sei mesi della nostra vita e oggi non abbiamo pro­spet­tive di lavoro. Come prima».
Alla domanda su come siano state impie­gate le com­pe­tenze matu­rate in un corso di stu­dio uma­ni­stico di un certo livello come quello archi­vi­stico la rispo­sta è deso­lante: «Li abbiamo pas­sati nel magaz­zino a ricol­lo­care i libri richie­sti dai let­tori». Una man­sione ese­cu­tiva dei dipen­denti, che non ci sono più, svolta da chi dovrebbe invece cata­lo­gare i libri. Il 31 ago­sto, quando i tiro­ci­nanti se ne sono andati, all’entrata della biblio­teca è stato affisso un car­tello. La diri­genza si scu­sava per la ridu­zione dell’orario di distri­bu­zione dei libri. Ripren­derà quando arri­ve­ranno i ragazzi dei ser­vi­zio civile. Un’altra forma di pre­sta­zione lavo­ra­tiva figu­ra­tiva usata per nascon­dere il pre­ca­riato nello Stato. Sotto il Jobs Act, e il mito­lo­gico «con­tratto a tutele cre­scenti» il nulla pagato 430 euro al mese per un anno. Quello che farà Ales­san­dra. Nei pros­simi mesi svol­gerà il ser­vi­zio civile all’università Roma tre. «Non so cosa andrò a fare in quel pro­getto – rac­conta — l’ho scelto per svi­lup­pare pro­getti fina­liz­zati all’incremento l’utenza. È stata una scelta obbli­gata per­ché altri­menti sta­rei a casa».

Fonte: il manifesto 

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