La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 24 settembre 2015

E ora sciopero generale della sanità

di Ivan Cavicchi
Il decreto messo a punto dal mini­stero della salute è uno schiaffo in piena fac­cia alla pro­fes­sione medica. E’ la ridu­zione della cli­nica a una sorta di medi­cina di Stato quindi di medi­cina ammi­ni­strata. E’ para­dos­sal­mente la nega­zione di una medi­cina dav­vero ade­guata verso la com­ples­sità espressa dal malato. E’ la fine di qual­siasi reto­rica su uma­niz­za­zione e per­so­na­liz­za­zione delle cure.
Con que­sto decreto sulla “appro­pria­tezza pre­scrit­tiva” si passa dalla cen­tra­lità del malato, dalla alleanza tera­peu­tica, dal valore della per­sona, alla cen­tra­lità dei vin­coli ammi­ni­stra­tivi ai quali tutti gli atti medici dovranno con­for­marsi pena la pos­si­bi­lità (fino ad ora solo dichia­rata) di pena­liz­zare i malati e i medici con san­zioni pecu­nia­rie. Così i medici diven­tano dei dispen­ser buro­cra­ti­ca­mente ete­ro­gui­dati, una sorta di distri­bu­tori di ben­zina, che pre­scri­vono non più in scienza e coscienza ma secondo pro­to­colli stan­dar­diz­zati. Così la cli­nica diventa l’esercizio di atti dia­gno­stici e tera­peu­tici stan­dard, i malati per­dono la loro indi­vi­dua­lità diven­tando astra­zioni sta­ti­sti­che. Come si è arri­vati a tutto questo?
Con il decreto lo Stato intende recu­pe­rare almeno 10/13 mld dalla spesa sani­ta­ria cor­rente spe­rando di azze­rare quel feno­meno defi­nito “medi­cina difen­siva” per il l quale almeno l’80 % dei medici (inda­gini fatte dalla cate­go­ria) adotta com­por­ta­menti oppor­tu­ni­sti per pre­ve­nire rischi di con­ten­ziosi legali: pre­scri­vono ana­lisi, far­maci e rico­veri anche quando non servono.
Che i medici abbiano la coda di paglia lo si capi­sce dalle loro dichia­ra­zioni: da una parte stig­ma­tiz­zano il decreto ma dall’altra si dichia­rano dispo­ni­bili a “trat­tare” cor­reg­gendo sin­goli punti, soprat­tutto pre­oc­cu­pati di evi­tare le san­zioni eco­no­mi­che anzi­ché scen­dere in piazza per respin­gere que­sto inu­si­tato attacco alla loro cre­di­bi­lità, al loro ruolo e alla loro autonomia.
Il decreto è il più for­mi­da­bile atto di dele­git­ti­ma­zione della pro­fes­sione medica e in par­ti­co­lare dei medici di medi­cina gene­rale, che dalle inda­gini della Fnom­ceo, risul­tano coloro che più degli altri adot­tano com­por­ta­menti oppor­tu­ni­sti, ma anche quelli che sul piano poli­tico sin­da­cale in que­sti anni si sono oppo­sti più degli altri a qual­siasi ripen­sa­mento del loro status.
Que­sti medici pre­ziosi e inso­sti­tui­bili ma anche nel loro com­plesso ter­ri­bil­mente cor­po­ra­tivi (a un tempo con le libertà dei liberi pro­fes­sio­ni­sti e con le garan­zie dei pub­blici dipen­denti), con il decreto sulle pre­sta­zioni inap­pro­priate rischiano di diven­tare degli ossi­mori cioè dei liberi pro­fes­sio­ni­sti senza auto­no­mia, quindi dei dipen­denti di fatto ma che ope­rano nei loro studi personali.
Nello stesso tempo è evi­dente che i camici bian­chi rischiano di essere maciul­lati dal mai risolto pro­blema del con­ten­zioso legale e della respon­sa­bi­lità pro­fes­sio­nale. Sor­prende a que­sto pro­po­sito che l’Istituto supe­riore di sanità abbia dato il via libera ad un prov­ve­di­mento tanto discu­ti­bile quanto rischioso anche rispetto ai suoi pro­fili di scien­ti­fi­cità. Que­sta strana e ina­spet­tata dispo­ni­bi­lità da una parte spiega la diva­ri­ca­zione che c’è tra la medi­cina acca­de­mica e la medi­cina in trin­cea, cioè tra scienza e realtà, ma dall’altra spiega la com­pia­cenza di un orga­ni­smo scien­ti­fico nei con­fronti del mini­stero, che per gran parte è stato lot­tiz­zato con logi­che tutt’altro che scien­ti­fi­che e che oggi di fatto copre le scelte del mini­stero ma non i diritti dei malati e meno che mai un’idea uma­niz­zata di medi­cina.
E il malato? E’ l’innocente che paga i vizi e gli errori degli altri. Egli deve avere la for­tuna di rien­trare den­tro le regole di Stato ma se per ragioni gene­ti­che per­so­nali situa­zio­nali o con­tin­genti non vi rien­tra (il che è più comune di quello che si creda) egli o non riceve le cure appro­priate o per avere cure appro­priate deve pagare anche se la ragione per cui paga altro non è che il suo diritto.
Voglio ricor­dare a pro­po­sito di costi pri­vati impo­sti ai malati, che nelle regioni, in par­ti­co­lare in Toscana, sono in atto stra­te­gie per spin­gere i cit­ta­dini, soprat­tutto per le pre­sta­zioni spe­cia­li­sti­che, verso il pri­vato. La Toscana si è accor­data con il pri­vato per far costare le pre­sta­zioni spe­cia­li­sti­che meno del costo del tic­ket pro­prio per incen­ti­vare i malati a lasciare il pubblico.
Tor­nando al decreto sulle pre­sta­zioni inap­pro­priate, la pos­si­bi­lità per il malato di rien­trare nella regola pre­scrit­tiva dipende in genere dal grado di sin­go­la­rità della sua malat­tia. Sic­come l’appropriatezza pre­scrit­tiva del mini­stero non è in fun­zione del malato ma del rispar­mio, è facile pre­ve­dere che mol­tis­simi malati saranno ingiu­sta­mente pena­liz­zati, cioè la medi­cina di Stato per essere appro­priata con la spesa sarà cli­ni­ca­mente inap­pro­priata con il malato.
Mi chiedo cosa altro deve essere fatto con­tro i malati e le pro­fes­sioni, con­tro l’art 32 della Costi­tu­zione, per con­vin­cerci a dare corso ad uno scio­pero gene­rale del set­tore. Ormai la sanità pub­blica è bom­bar­data da tempo da una serie di atti con­tro­ri­for­ma­tori: con­tro il lavoro, con rior­dini regio­nali che distrug­gono ogni ter­ri­to­ria­lità, con liste di attesa abnormi, ser­vizi messi in ginoc­chio da anni di blocco del turn over, con regioni mani­fe­sta­mente immo­rali e inca­paci di gover­nare e con in più con­ti­nui tagli lineari ai fab­bi­so­gni della nostra popolazione.
Natu­rale sarebbe dare seguito a uno scio­pero gene­rale della sanità per bloc­care la con­tro­ri­forma e per ripen­sare il nostro sistema pub­blico che ha biso­gno di fun­zio­nare meglio, costare di meno e con­ti­nuare a essere soli­dale e universale.

Fonte: il manifesto 

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