La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 26 settembre 2015

Il voto in Catalogna. Baños, capolista della Cup: «Vogliamo la repubblica»

Intervista a Anto­nio Baños di Luca Tancredi Barone 
Anche se la lista pot-pourri “Junts pel Sí” (Uniti per il sì), die­tro cui si nasconde l’attuale pre­si­dente cata­lano Artur Mas, di centro-destra, secondo tutti i son­daggi sarà la più votata nelle ele­zioni cata­lane di dome­nica, il vero pro­ta­go­ni­sta di que­ste ele­zioni sarà un par­tito che non è un par­tito: la CUP.
La Can­di­da­tura d’Unità Popo­lare è un’organizzazione assem­blea­ri­sta e indi­pen­den­ti­sta che dal 2012 è entrata per la prima volta nel Par­la­mentcata­lano con 3 rap­pre­sen­tanti. I son­daggi oggi le danno almeno 10 seggi – ma pro­ba­bil­mente saranno di più.
Il gior­na­li­sta indi­pen­dente Anto­nio Baños è stato scelto come capo­li­sta per que­sta tor­nata elet­to­rale dato che i tre depu­tati si erano impe­gnati a rima­nere in par­la­mento solo per una legislatura.
“Io sono solo il por­ta­voce della CUP, la CUP non ha lea­der né capi”, ci spiega subito. “Saranno le assem­blee che deci­de­ranno il da farsi”.
Qual è il vostro piano?
"Fon­de­remo una repub­blica, punto. Che c’è di più bello? Una repub­blica per ampliare i diritti. Abbiamo un piano di riscatto cit­ta­dino per far sì che le per­sone pos­sano man­giare 3 volte al giorno – pensa che fol­lia! E che si bloc­chino le pri­va­tiz­za­zioni in sanità ed edu­ca­zione. Vogliamo fare la repub­blica per vivere meglio e con più diritti."
Per que­sto vi met­tete d’accordo con chi come Mas que­ste pri­va­tiz­za­zioni le ha fatte?
"Anche loro vogliono una repub­blica cata­lana. Certo, uno di destra la vorrà diversa da noi. Siamo d’accordo che que­sto è il momento sto­rico per costruire un sog­getto poli­tico sovrano che sia indi­pen­dente. Una cosa tanto nor­male come la repub­blica slo­vacca o quella ita­liana. Nel modo di farlo e negli obiet­tivi finali ovvia­mente non siamo d’accordo."
Avete detto molte volte che per voi il nome del pre­si­dente non è impor­tante, e che non lo voterete.
"Non fer­me­remo un governo che ci porti all’indipendenza. Se vinciamo…"
Se vin­cete che vuol dire? In voti o in seggi?
"Se vin­ciamo anche in voti, noi con­si­de­re­remo che abbiamo rice­vuto un man­dato demo­cra­tico, che siamo sovrani e che pos­siamo costruire una repub­blica. In ogni caso, con o senza mag­gio­ranza dei voti, si dovrà for­mare un governo di con­cen­tra­zione nazio­nale, con diversi par­titi e sen­si­bi­lità poli­ti­che. La figura che lo pre­sieda ovvia­mente deve essere di con­senso. Non sarà né la Cup, né Mas – i due estremi ideologici.
L’importante sarà chi entra in que­sto governo, chi sarà il mini­stro d’economia o quello che andrà a nego­ziare a Madrid e Bru­xel­les e ciò che faremo. Ridurre tutto a Mas sì o no è un insulto per i milioni di cata­lani che appog­giano que­sto pro­cesso. La repub­blica siamo tutti, non solo Mas, al con­tra­rio di quello che pen­sano il Pp e Pode­mos. Sarà comun­que un governo prov­vi­so­rio, di 18 mesi. Va bene anche un pre­si­dente a rota­zione, per noi è lo stesso."
Quindi, anche se nei posti chiave del governo andranno espo­nenti di Con­vèr­gen­cia, il par­tito di Mas, lo voterete.
"Noi non vogliamo un governo gui­dato da Con­vèr­gen­cia, è vero, ma non vogliamo nem­meno far dera­gliare un pro­cesso indi­pen­den­ti­sta in cui cre­dono milioni di per­sone. Pos­siamo non appog­giare il governo, aste­nen­doci. Se vuole pro­cla­mare la repub­blica, lo appog­giamo. Su altre que­stioni, no. La dot­trina è: pugno chiuso ai tagli, alle pri­va­tiz­za­zioni, sui temi sociali. E mano tesa per la costru­zione della repubblica."
Quindi lavo­re­rete anche con quelli di Cata­lu­nya sí que es pot, la lista uni­ta­ria di Pode­mos, verdi e Izquierda unida?
"Ci spe­riamo, anche loro cre­dono nella sovra­nità cata­lana e in un pro­cesso costi­tuente uni­la­te­rale. Il loro pro­blema è che non faranno niente fino a che non è chiaro chi gover­nerà a Madrid a dicem­bre: pen­sano che se non ci sono “amici” non si può fare. Se gli dimo­striamo che sì, si può fare, potremo averli a fianco."
Secondo quello che ha rac­con­tato Dante Fachin al mani­fe­sto, la loro prio­rità è met­tere in discus­sione molto più che la que­stione territoriale.
"Per me non ha senso. Non si può fare un refe­ren­dum su tutto, se no si deve fare ogni giorno un refe­ren­dum. E poi ci sono cose su cui non c’è nulla da deci­dere: la scuola, la sanità sono pub­bli­che. Non c’è un cam­bia­mento sociale più grande che recu­pe­rare la sovra­nità e costruire una repub­blica. Imma­gi­nati – dio non voglia, per­ché non vogliamo male nes­suno – che a dicem­bre ritorna a vin­cere il Pp, magari con Ciu­ta­da­nos. Quelli di Cata­lu­nya sí que es pot ver­ranno a com­bat­tere con noi il governo spa­gnolo per cer­care di uscire da que­sto pozzo."
Avete fatto una stima seria sul costo della costru­zione di que­sto nuovo stato? In cam­pa­gna elet­to­rale non ne ha par­lato nessuno.
"Ci sono un sacco di stime, basta entrare in qual­siasi libre­ria. Però i costi vanno messi a fianco dei bene­fici. Il costo di mon­tare un nuovo stato è sem­pre ragio­ne­vole e posi­tivo. Tant’è che non esi­ste nes­sun caso nella sto­ria di uno stato che si sia for­mato e che abbia deciso di fare un passo indie­tro. Se per­sino Mon­te­ne­gro ha mon­tato uno stato, per­ché non dovremmo farlo noi? Per costruire l’Italia ci sono volute 5 guerre, noi usiamo solo le urne!"
I van­taggi pos­sono essere poli­tici e non eco­no­mici… in ogni caso: numeri.
"Mi sem­bra che un numero che si è fatto è di 50 miliardi. Però ne paghiamo 17 in tasse e non dovremo pagare per esem­pio gli inte­ressi del debito mili­tare. Oppure, quest’anno paghiamo in droni mili­tari lo stesso che var­rebbe met­tere in piedi il red­dito di cit­ta­di­nanza: 172 milioni d’euro. Noi con l’autonomia abbiamo già la poli­zia, un’amministrazione, fun­zio­nari, uni­ver­sità. Non è che par­tiamo da zero. E poi dovremmo vedere quanta parte di debito pub­blico ci tocca: il 16%, se con­tiamo la popo­la­zione, il 25% se par­liamo del Pil… Il debito ille­git­timo, come quello per riscat­tare le ban­che, secondo la Cup non biso­gna pagarlo. Per noi la lotta con­tro l’esclusione sociale e la crea­zione di uno stato sono la stessa lotta."
Per molti non cata­lani è dif­fi­cile capire come si fa a essere nazio­na­li­sti e di sinistra.
"Ma noi non siamo nazio­na­li­sti. Siamo cata­lani e di sini­stra. Per­ché voler avere uno stato deve essere “nazio­na­li­smo”? Si tratta di sovra­nità popo­lare. Il cata­la­ni­smo poli­tico è un pro­cesso che ha 150 anni. Ma in que­sti ultimi anni, l’indipendentismo è cre­sciuto fra per­sone come me, di lin­gua spa­gnola, o fra gli immi­grati. Per­ché uno che non parla cata­lano vuole uno stato? Per­ché non è nazio­na­li­sta, vuole uno stato sociale, pulito, tra­spa­rente, effi­ciente. Finora le “cata­la­nità” sono state seque­strate dal nazio­na­li­smo di destra di Con­ver­gèn­cia, cul­tu­ra­li­sta ed etni­ci­sta. Le cata­la­nità del futuro sono il milione di immi­granti che è venuto dall’inizio del secolo, sono quelli che fra loro par­lano spa­gnolo, e ai figli in cata­lano, e che non hanno refe­renti cul­tu­rali in “un pas­sato glo­rioso”. Que­sto spiega per­ché gli indi­pen­den­ti­sti sono pas­sati dal 15% a più del 50%, spe­riamo. Del pas­sato non ci frega niente, stiamo costruendo una repub­blica del futuro."

Fonte: il manifesto 

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