La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 24 settembre 2015

Riforme, compromesso con guastafeste

di Domenico Cirillo
Gli ottan­ta­due anzi ottan­ta­cin­que milioni di emen­da­menti di Cal­de­roli nes­suno li ha mai visti né tan­to­meno letti, sarebbe del resto impos­si­bile, qual­cuno a cal­co­lato che ser­vi­reb­bero 374 anni. For­mal­mente depo­si­tati entro il ter­mine di ieri mat­tina, adesso dor­mono nei dvd al senato in attesa che il mac­chiet­ti­stico pre­sen­ta­tore trovi il momento adatto per riti­rarli. L’iniziativa ostru­zio­ni­stica con­tro il dise­gno di legge di riforma costi­tu­zio­nale pro­voca rea­zioni varia­mente allar­mate della mag­gio­ranza (per il capo­gruppo Zanda è un «sabo­tag­gio», per Renzi un «gesto ridi­colo») ma anche del pre­si­dente del senato. «È un’offesa alla dignità delle isti­tu­zioni», dice Grasso, i cui rap­porti con il Pd sono in rapida risa­lita dopo che l’accordo tra il governo e la mino­ranza ha tolto dal tavolo il pro­blema dell’emendabilità dell’articolo 2 del dise­gno di legge di riforma.
Cal­de­roli chiede innan­zi­tutto visi­bi­lità, poi modi­fi­che al Titolo V negli arti­coli che riguar­dano le com­pe­tenze delle regioni ordi­na­rie (vor­rebbe espan­derle fino a quelle delle regioni a sta­tuto spe­ciale); nes­sun esito diverso dal ritiro è pos­si­bile. Solo ordi­nare i milioni di emen­da­menti farebbe sal­tare il ter­mine del 15 otto­bre al quale il governo non può rinun­ciare, visto che subito dopo par­tirà la dif­fi­cile ses­sione di bilan­cio. Ieri si è con­clusa la discus­sione gene­rale, oggi ci sarà la replica della mini­stra Boschi, dalla pros­sima set­ti­mana le vota­zioni.
Tolta la buf­fo­nata leghi­sta, restano decine di migliaia di emen­da­menti delle oppo­si­zioni per supe­rare i quali Grasso dovrà recu­pe­rare la tec­nica del can­guro che ha già appli­cato in pas­sato, mal­grado il rego­la­mento del senato non la preveda.
L’accordo nel Pd ha preso la forma di tre emen­da­menti fir­mati dalla pre­si­dente della prima com­mis­sione Finoc­chiaro e dai capi­gruppo della mag­gio­ranza. L’intervento sull’articolo 2 è sul solo comma 5, quello sicu­ra­mente «aperto» per­ché modi­fi­cato alla camera; la for­mula di com­pro­messo recita che i sena­tori sono eletti all’interno dei con­si­gli regio­nali «in con­for­mità alle scelte espresse dagli elet­tori per i can­di­dati con­si­glieri in occa­sione del rin­novo dei mede­simi organi». Quanto alle com­pe­tenze del nuovo senato, arti­colo 1, ven­gono leg­ger­mente allar­gate, ripri­sti­nando la com­pe­tenza esclu­siva sulle «fun­zioni di rac­cordo» tra lo stato e gli altri enti costi­tu­tivi della Repub­blica. Anche il terzo emen­da­mento è un ritorno al testo appro­vato dal senato in prima bat­tuta: palazzo Madama non par­te­ci­perà più con la camera alla scelta di cin­que giu­dici costi­tu­zio­nali ma ne eleg­gerà da solo due.
Restano in attesa di ritiro gli emen­da­menti della mino­ranza Pd per l’elezione popo­lare diretta dei sena­tori, ma è solo que­stione di tempo in attesa che Grasso come tutti a que­sto punto si aspet­tano blindi l’articolo 2. Non tutti i 28 sena­tori che li ave­vano fir­mati tor­ne­ranno indie­tro, non Mineo e Tocci che l’hanno annun­ciato in aula durante il dibat­tito. Ma l’intesa di Renzi con i ber­sa­niani e i cuper­liani ren­derà solo aggiun­tivi i voti dei tran­sfu­ghi del cen­tro­de­stra. Che pure con­ti­nuano a aumen­tare e non più solo al senato dove potreb­bero in futuro tor­nare utili. Il sena­tore for­zi­sta Gasparri ha denun­ciato diret­ta­mente in aula la pre­sunta com­pra­ven­dita dell’ex col­lega Amo­ruso, pas­sato con Ver­dini a suo dire per­ché «gli inte­res­sa­vano le con­su­lenze per i fami­liari». Il Movi­mento 5 Stelle ha annun­ciato che pre­sen­terà una denun­cia alla pro­cura di Roma.

Fonte: il manifesto 

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