La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 25 settembre 2015

Volkswagen: scandalo mondiale, Europa travolta, la Francia trema

di Giorgio Ferrari
Una trama degna di Michael Cri­ch­ton quella che si va sve­lando nell’affaire Volk­swa­gen, se non fosse che non di un romanzo si tratta ma di uno scon­tro di potere ai mas­simi livelli.
La sto­ria – diver­sa­mente da quel che si legge in giro — ini­zia nel 2011 presso un ente della Comu­nità euro­pea, pre­ci­sa­mente l’Istituto per l’energia e i tra­sporti con sede a Ispra (Varese). Un gruppo di ricer­ca­tori, tra cui due ita­liani, met­tono a punto un test di misura delle emis­sioni che non si svolge in labo­ra­to­rio ma on the road, cioè con la vet­tura in movimento.
La con­clu­sione dei ricer­ca­tori, già allora, è che i vigenti test di labo­ra­to­rio non sono adeguati.
I risul­tati indi­cano che men­tre le emis­sioni di idro­car­buri totali e di monos­sido di car­bo­nio nelle vet­ture a ben­zina e die­sel rispet­tano le nor­ma­tive vigenti, quelle degli ossidi di azoto – nelle vet­ture die­sel Euro 5– supe­rano i limiti di 3–4 volte e il con­te­nuto di ani­dride car­bo­nica allo sca­rico risulta supe­riore del 30% rispetto a quello misu­rato in laboratorio.
La con­clu­sione dei ricer­ca­tori è che i vigenti test di labo­ra­to­rio non sono ade­guati, tanto che nel 2013, con la pub­bli­ca­zione di un altro stu­dio, met­tono a punto una pro­ce­dura per risol­vere il problema.
Ma le diret­tive Ue che disci­pli­nano la mate­ria non ven­gono modi­fi­cate e i costrut­tori di auto­mo­bili dor­mono sonni tran­quilli anzi, gra­zie al rego­la­mento (CE) N. 595/2009 che armo­nizza a livello mon­diale i dif­fe­renti limiti di emis­sione tra Europa e resto del mondo, pun­tano ad espan­dersi nel mer­cato ame­ri­cano del die­sel (negli USA 98% di vet­ture cir­co­lanti a ben­zina; 2% diesel).
Anche per que­sto nel 2014 l’Inter­na­tio­nal Coun­cil on Clean Trans­por­ta­tion(che non è una orga­niz­za­zione filan­tro­pica come si vuol accre­di­tare, ma una potente lobby ali­men­tata dai soldi delle fon­da­zioni create da Bill Hew­lett e David Pac­kard, crea­tori di un impero elet­tro­nico con forti inte­ressi nel set­tore mili­tare) inve­ste diversi milioni di dol­lari per rea­liz­zare un pro­gramma di ricer­che sulle emis­sioni delle vet­ture die­sel di impor­ta­zione tede­sca, le uni­che pre­senti signi­fi­ca­ti­va­mente sul mer­cato Usa. La rea­liz­za­zione del pro­gramma è affi­data alla West Vir­gi­nia Uni­ver­sity che richia­man­dosi espres­sa­mente allo stu­dio fatto nel 2011 dai ricer­ca­tori della Ue rea­lizza un test senza pre­ce­denti: tre vet­ture tede­sche con appa­rec­chia­ture di misura a bordo per­cor­rono, in diversi mesi, le strade di San Diego, Los Ange­les e San Fran­ci­sco men­tre una di que­ste è testata lungo i 4000 Km di auto­strada tra San Fran­ci­sco e Seat­tle. I risul­tati con­fer­mano quanto già regi­strato dai ricer­ca­tori euro­pei, con sfo­ra­menti dei limiti che vanno da 5 a 20 volte per l’anidride car­bo­nica a 15 a 35 volte per gli ossidi di azoto. Il tutto viene inviato all’Epa (Agen­zia fede­rale di pro­te­zione dell’ambiente) e al Carb (Ente pre­po­sto alla qua­lità dell’aria della Cali­for­nia). Quest’ultimo chiede imme­dia­ta­mente spie­ga­zioni alla Volk­swa­gen la quale, dopo aver ten­tato di attri­buire gli scom­pensi a una cat­tiva cali­bra­zione dei dispo­si­tivi antin­qui­na­mento, il 2 dicem­bre 2014 si ras­se­gna a richia­mare volon­ta­ria­mente 500.000 vet­ture (50.000 nella sola Cali­for­nia) pre­senti negli Usa.
Ma i nuovi test del Carb, a mag­gio 2015, con­fer­mano che gli ossidi di azoto sono ancora fuori norma e alla Volk­swa­gen non resta che ammet­tere di aver mon­tato sulle vet­ture Euro 5 sotto inda­gine un dispo­si­tivo con­ce­pito appo­sta per fun­zio­nare solo durante i test di cer­ti­fi­ca­zione, ovvia­mente per aggi­rarli. Il 18 set­tem­bre del 2015, con­tem­po­ra­nea­mente, Epa e Carb scri­vono una let­tera uffi­ciale alla Volk­swa­gen in cui la accu­sano, senza pos­si­bi­lità di replica, di «aver impie­gato senza suc­cesso un dispo­si­tivo atto ad aggi­rare le pro­ce­dure sui test di emissione».
Una truffa senza pre­ce­denti che nes­suno può dire come finirà, per­ché al di là dell’imbarazzo della Ue (come ha potuto igno­rare gli studi dei suoi stessi ricer­ca­tori? avrà il corag­gio di inve­sti­gare tutto il com­parto dell’automobile e di mul­tare, come pre­vi­sto dalle sue diret­tive, la potente Volk­swa­gen?), al di là del falso stu­pore di chi sco­pre solo adesso che c’è del mar­cio anche nel regno di frau Mer­kel (dimen­ti­cando che la Sie­mens è stata coin­volta nel 2003 nello scan­dalo Enel­po­wer in Ita­lia e per le olim­piadi del 2004 in Gre­cia insieme alle con­na­zio­nali Fer­ro­staal e Hoch­tief), viene da pen­sare ai con­trac­colpi sull’occupazione, alle even­tuali rica­dute sui nego­ziati del Ttip per imporre le nor­ma­tive ame­ri­cane Epa e Fda, ai danni per la salute per aver con­cesso libertà di cir­co­la­zione a vet­ture taroc­cate, con buona pace dei van­tati suc­cessi del pro­to­collo di Kyoto.
Diceva il giu­dice Fal­cone che «La mafia non è affatto invin­ci­bile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un ini­zio, e avrà anche una fine».
Diver­sa­mente, non si può dire la stessa cosa del capi­ta­li­smo per­ché, nono­stante la sua natura cri­mi­nale, esso è del tutto inu­mano e per­ciò capace di distrug­gerci tutti quanti siamo su que­sta terra anche se ciò com­porti la sua fine.
In fondo non è que­sta la meta­fora sot­tesa all’affaire Volkswagen?

Approfondimenti: Europa travolta dallo scandalo emissioni
di Jacopo Rosatelli

Il trono non poteva restare vacante. All’indomani dalla caduta di Mar­tin Win­ter­korn ieri è stato già reso noto il nome del nuovo numero uno della Volk­swa­gen: Mat­thias Mül­ler, finora alla guida della Por­sche, il fiore all’occhiello del gruppo. La nomina uffi­ciale sarà oggi, ma ieri dai piani alti dell’azienda di Wol­fsburg è stato fatto tra­pe­lare il nome alla stampa: segno che per nem­meno un minuto può essere tol­le­rato un vuoto di potere, per­ché il momento è drammatico.
Ogni giorno che passa, infatti, porta con sé l’aggravarsi dello scan­dalo che col­pi­sce la prin­ci­pale casa auto­mo­bi­li­stica tede­sca, e il con­se­guente adden­sarsi di nubi sem­pre più nere all’orizzonte.
Ciò che all’inizio sem­brava enorme – mezzo milione di auto die­sel «truc­cate» negli Stati Uniti, e il rischio di 18 miliardi di multa – ormai sem­bra una baz­ze­cola: le auto a motore die­sel sono appena il 3% di quelle ven­dute nel 2014 negli Usa, men­tre nell’Europa occi­den­tale sono il 53%.
Ieri il mini­stro dei tra­sporti tede­sco, il demo­cri­stiano bava­rese Ale­xan­der Dobrindt, ha reso noto di avere appreso diret­ta­mente dall’azienda che «anche in Europa auto­vet­ture con motori die­sel 1,6 e 2,0 sono state mani­po­late». Quante siano, non è ancora chiaro: lo si saprà nei pros­simi giorni, stando a quanto afferma il mini­stro. Nei giorni scorsi si par­lava di 11 milioni di vet­ture, ma potreb­bero essere di più. I fun­zio­nari inca­ri­cati di esa­mi­nare le auto incri­mi­nate non si limi­te­ranno alle sole Volk­swa­gen, ma con­trol­le­ranno a cam­pione anche quelle di altri mar­chi. Sicu­ra­mente mani­po­lati sono alcuni modelli di Skoda e Seat, mar­chi che fanno parte dello stesso gruppo tede­sco. E in un rin­cor­rersi di voci spesso incon­trol­late, die­tro le quali potreb­bero anche esserci mano­vre spe­cu­la­tive, ieri è finita nel cal­de­rone anche la Bmw, altra sto­rica casa auto­mo­bi­li­stica della Repub­blica fede­rale (la base è a Monaco di Baviera), con oltre 100mila dipen­denti e più di 2 milioni di vei­coli pro­dotti nel 2014. L’accusa di avere fal­si­fi­cato i dati sulle emis­sioni viene dal maga­zine Auto-Bild, ma i respon­sa­bili dell’impresa bava­rese negano. Smen­tite che non sono bastate a fare cadere in borsa il titolo: –5,15%.
La valanga di cause che inve­stirà Volk­swa­gen sarà la prima pre­oc­cu­pa­zione per il nuovo ammi­ni­stra­tore dele­gato. Di ieri è la noti­zia che si sta muo­vendo la giu­sti­zia mes­si­cana, ma ciò che spa­venta dav­vero è quello che può acca­dere negli Usa: le «class action», al momento 37, ma anche pro­cessi penali ai danni dei diri­genti. E non solo: ieri i siti di infor­ma­zione tede­schi ripor­ta­vano con evi­denza la noti­zia che anche la Pro­cura della Repub­blica di Torino, su ini­zia­tiva del pm Raf­faele Gua­ri­niello, ha aperto un fasci­colo, al momento con­tro ignoti, per veri­fi­care se la frode sulle emis­sioni riguardi anche i vei­coli che cir­co­lano in Ita­lia. E nei pros­simi giorni altri magi­strati potreb­bero seguire l’esempio, per­ché cia­scun acqui­rente o cit­ta­dino affetto da malat­tie respi­ra­to­rie, ovun­que in Europa sia stata ven­duta una mac­china «truc­cata», è poten­zial­mente inte­res­sato a una causa con­tro Volkswagen.
Il mini­stro Gra­ziano Del­rio ha con­fer­mato ieri sera in tv che anche in Ita­lia saranno con­trol­late mille vet­ture «a campione».
In ogni caso, al di là di cosa avverrà nelle aule dei tri­bu­nali di mezzo mondo, il nuovo numero uno Mül­ler dovrà in breve tempo, insieme ai mem­bri del con­si­glio di sor­ve­glianza (Auf­si­ch­tsrat), rior­ga­niz­zare la gover­nance dell’impresa: l’ex ad Win­ter­korn, infatti, non è l’unico ad avere rimesso il posto. Ieri sono sal­tate altre teste impor­tanti, fra le quali quella di Heinz-Jacob Neus­ser, capo del dipar­ti­mento ricerca e sviluppo.
Sul ver­sante poli­tico si regi­stra ancora il pro­filo basso della can­cel­liera Angela Mer­kel. Ieri mat­tina il dibat­tito gene­rale al Bun­de­stag era dedi­cato inte­ra­mente alla que­stione dei pro­fu­ghi in vista del ver­tice euro­peo: chi si aspet­tava che la lea­der demo­cri­stiana tro­vasse il modo di fare cenno allo scan­dalo Volk­swa­gen è rima­sto deluso. Dalle parti della Cdu ci si limita a par­lare di «pre­oc­cu­pa­zione» e «sconcerto».
Molto cri­tici con lo scarso impe­gno del governo nel fare piena luce sulla vicenda sono i Verdi: ieri sono stati sia Bar­bel Höhn, la pre­si­dente della com­mis­sione ambiente del par­la­mento, sia il capo­gruppo Toni Hofrei­ter a chie­dere al mini­stro dei tra­sporti di far ana­liz­zare tutte le auto con motore die­sel, e non solo un campione.
A dare voce all’opinione pub­blica tede­sca indi­gnata è il quo­ti­diano pro­gres­si­sta die Taz: «La men­ta­lità che sta die­tro allo scan­dalo era pos­si­bile per­ché i governi, tanto a livello fede­rale quanto regio­nale, hanno sem­pre coc­co­lato la Volk­swa­gen», si leg­geva ieri in un duris­simo com­mento a firma di Ulrike Fok­ken. «La frode era una pre­cisa stra­te­gia», che né i social­de­mo­cra­tici né i demo­cri­stiani hanno mai voluto vedere. La grosse Koa­li­tion che governa il Paese, insomma, si fonda (anche) sui truc­chi della Volkswagen.

La Francia, regno del diesel, trema
di Anna Maria Merlo

La Fran­cia è il paese al mondo dove cir­cola il mag­gior numero di auto die­sel, pari a circa il 60% del parco auto­mo­bi­li­stico (con­tro meno del 5% negli Usa) e molte auto sono vec­chie e quindi mag­gior­mente inqui­nanti. Renault e Psa, si sono spe­cia­liz­zate nel die­sel, da sem­pre favo­rito in Fran­cia con un fisco favo­re­vole: le tasse sono infe­riori e cau­sano un man­cato gua­da­gno per lo stato di circa 7 miliardi l’anno. Lo scan­dalo Volk­swa­gen pre­oc­cupa quindi in Fran­cia, anche se Psa e Renault (con l’alleata giap­po­nese Nis­san e il part­ner tede­sco Daim­ler) assi­cu­rano che i loro pro­dotti rispet­tano scru­po­lo­sa­mente le regole. Le due case auto­mo­bi­li­sti­che fran­cesi fanno inol­tre valere di aver adot­tato nuove tec­no­lo­gie molto meno inqui­nanti per le nuove auto diesel.
Ieri, la mini­stra dell’Ecologia, Ségo­lène Royal, ha pro­messo l’istituzione imme­diata di una “com­mis­sione indi­pen­dente” che avrà il com­pito di fare dei test, a caso, su un cen­ti­naio di auto­mo­bili, per veri­fi­care la con­for­mità alle norme. Royal, la vigi­lia, aveva accu­sato Volk­swa­gen di essersi resa col­pe­vole di “una forma di furto del con­tri­buente e dello stato”, con la truffa sui test. La Fran­cia, come altri paesi euro­pei, ha aperto un’inchiesta sulle Volk­swa­gen. Ma la difesa pre­ven­tiva di Renault e Psa fa acqua, per­ché nella Ue i test sono estre­ma­mente “fles­si­bili” a causa della pres­sione eser­ci­tata dai costrut­tori. Bru­xel­les si limita a sta­bi­lire dei tetti di inqui­na­mento per­messi e a defi­nire le pro­ce­dure dei test. Ma la Com­mis­sione non ha né i mezzi né i tec­nici per ese­guire que­sti test, che sono affi­dati a strut­ture nazio­nali, suscet­ti­bili di essere in con­flitto di inte­resse anche se sot­to­messe a loro volta a con­trolli, per evi­tare un eccesso di frodi su pres­sione dei costrut­tori nazio­nali. Le ong che si occu­pano di inqui­na­mento e i Verdi euro­pei hanno sot­to­li­neato in que­sti giorni che i test fatti nella Ue non sono affi­da­bili: avven­gono difatti esclu­si­va­mente in labo­ra­to­rio, in con­di­zioni par­ti­co­lari, che non rispec­chiano le emis­sioni su strada. L’eurodeputato Verde Yan­nick Jadot denun­cia delle pres­sioni dei costrut­tori sulla qua­lità dei test euro­pei: “durante a crisi – afferma – hanno fatto valere e messo sulla bilan­cia il rischio sull’occupazione” di test più effi­caci, “dif­fi­cile lot­tare con­tro” que­sto tipo di argo­menti in un periodo di forte disoccupazione.
La Com­mis­sione ha pro­po­sto una nuova tec­no­lo­gia per i test, più fedele alla realtà, ma non dovrebbe venire appli­cata prima del 2016. Per il 2017 è pre­vi­sta la revi­sione dei test di omo­lo­ga­zione e dovreb­bero venire messi la bando i test in labo­ra­to­rio. La Ue ogni 5 anni dimezza i valori-limite degli agenti inqui­nanti: le norme Euro sono in atto dal ’91 (ora è in vigore Euro6) e mirano a limi­tare emis­sioni di pol­veri sot­tili, ossidi di azoto, monos­sido e dios­sido di car­bo­nio. Ma, nei fatti, le case auto­mo­bi­li­sti­che fati­cano a stare die­tro a que­ste esi­genze. Di qui la per­si­stenza dei test in labo­ra­to­rio, più favo­re­voli ai costrut­tori. Secondo la ong euro­pea Transport&Environnement, 9 auto die­sel su 10 che cir­co­lano in Europa “non sono con­formi” alle regole Ue. Il Comi­tato dei costrut­tori fran­cesi di auto­mo­bili afferma ora che l’industria fran­cese difende ormai “l’introduzione di test euro­pei Rde (Real Dri­ving Emis­sions), che per­met­te­ranno di con­va­li­dare, su strada, i risul­tati di laboratorio”.
In Fran­cia, paese del die­sel, lo scan­dalo Volk­swa­gen pre­oc­cupa più di quanto fac­cia spe­rare ai costrut­tori nazio­nali di con­qui­stare il mer­cato della rivale tede­sca. Il die­sel ha anche un aspetto poli­tico molto deli­cato. I Verdi hanno chie­sto ieri la proi­bi­zione delle auto die­sel entro il 2020. Ma non saranno ascol­tati, per­ché i pro­prie­tari di auto die­sel – e soprat­tutto di quelle più vec­chie – sono soprat­tutto i meno abbienti, cioè la popo­la­zione che si sente mag­gior­mente abban­do­nata dal governo e più mas­sa­crata dal fisco (ed è ormai il prin­ci­pale bacino di voti per il Fronte nazio­nale). In que­sto con­te­sto, sono apparse pate­ti­che le prese di posi­zione “nazio­na­li­ste” di alcuni poli­tici. Jean-Luc Mélen­chon, del Front de Gau­che, che non perde occa­sione per attac­care la Ger­ma­nia, ha chie­sto di appli­care “il prin­ci­pio di pre­cau­zione” e di “sospen­dere le ven­dite di Volk­swa­gen” in Fran­cia. Il destroide Lau­rent Wau­quiez, dei Repub­bli­cani (il nuovo nome del par­tito di Sar­kozy) afferma: “Volk­swa­gen incarna l’arroganza del made in Ger­many, que­sta crisi dell’auto è una fine­stra di oppor­tu­nità per dire che il made in France non è poi cosi’ male”.

Fonte: il manifesto 

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