
di Roberto Pietrobon
Era la notte del 24 gennaio scorso quando un’apparente immobile città si apprestava, come tutta la Grecia, a risvegliarsi la mattina dopo per votare in massa la Coalizione della Sinistra Radicale; per la prima volta dal dopoguerra in un paese europeo veniva permessa la formazione di un governo di sinistra comunista in uno stato del vecchio Continente.
Quella notte, per respirare l’aria della Grecia resistente, insieme ad altri compagne e compagni italiani e insieme a diversi giovani della “Linke” tedesca, andai nello spazio sociale anarchico “Nosotros”, nel cuore del quartiere “libertario” di Atene Exarchia. Bevvi un paio di birre e venni avvicinato da un giovane appartenente a “Nosotros” incuriosito dalle ragioni della nostra presenza ad Atene. Discutemmo per un po’di tempo durante il quale cercai di spiegargli come per noi italiani, reduci da quasi un decennio (almeno) di sconfitte sociali e di un totale annichilimento della sinistra politica, la speranza rappresentata da Syriza e da Alexis Tsipras fosse una grande boccata d’ossigeno per i nostri polmoni rattrappiti e sofferenti.
In tutta risposta ottenni un ragionamento affatto scontato durante il quale, il giovane di “Nosotros”,affermò che buona parte del movimento antiautoritario (così si definiscono gli anarchici greci) avrebbe votato per Syriza, lui no! Quel ragazzo, che avrà avuto almeno quindici anni meno di me, mi disse una cosa molto semplice: “nella metà degli anni ’80, il Pasok (i socialisti greci) si presentarono alle elezioni con un programma possibilmente ancora più radicale di Syriza e il loro leader, Papandreau, era addirittura più carismatico e convincente di Tsipras; i greci lo votarono in massa dandogli quasi il 50% delle preferenze, hai visto come è andata a finire?” “Si rimangiarono tutto e sono stati i maggiori responsabili della crisi del nostro paese”. “Solo la lotta paga, quella fatta nelle strade, nei quartieri, nelle fabbriche, nelle università” – concluse.
In tutta risposta ottenni un ragionamento affatto scontato durante il quale, il giovane di “Nosotros”,affermò che buona parte del movimento antiautoritario (così si definiscono gli anarchici greci) avrebbe votato per Syriza, lui no! Quel ragazzo, che avrà avuto almeno quindici anni meno di me, mi disse una cosa molto semplice: “nella metà degli anni ’80, il Pasok (i socialisti greci) si presentarono alle elezioni con un programma possibilmente ancora più radicale di Syriza e il loro leader, Papandreau, era addirittura più carismatico e convincente di Tsipras; i greci lo votarono in massa dandogli quasi il 50% delle preferenze, hai visto come è andata a finire?” “Si rimangiarono tutto e sono stati i maggiori responsabili della crisi del nostro paese”. “Solo la lotta paga, quella fatta nelle strade, nei quartieri, nelle fabbriche, nelle università” – concluse.
“Ma non ti sembra che una vittoria di Syriza possa aiutare le lotte? Non credi che avere un governo di sinistra impedirà alla polizia di continuare a reprimere i movimenti sociali (oltre il 60% della polizia ellenica vota Alba Dorata secondo recenti sondaggi) e voi avrete un interlocutore più credibile con il quale confrontarvi e anche scontrarvi?” – replicai io.
“Io mi auguro di sì ma questo non cambia la natura della crisi, i suoi effetti e soprattutto la necessità di uscirne attraverso l’autorganizzazione dei soggetti sociali”. Una visione “classica” quella del giovane libertario greco che però, oggi, a otto mesi dalla vittoria di Syriza e, successivamente, dell’Oxi e della conseguente capitolazione di Tsipras del luglio scorso appare, in qualche maniera, profetica.
Giovedì scorso Exarchia è stato nuovamente teatro di feroci scontri tra polizia e anarchici con l’assalto al locale commissariato, pesantissime cariche (con blindati e le famigerate squadre Delta, la polizia in motocicletta) e diversi arresti. A un certo punto, in un video diffuso in rete si vede l’intervento di una persona vestita di bianco che – mostrando il proprio documento di identità – si dichiara membro di Syriza e collaboratore del Ministero degli Interni greco. I poliziotti rispondo: “ma noi siamo la polizia!”.
C’è ancora tantissima strada da fare, non solo per vedere il nascere di un’alternativa percorribile in Europa ma anche per la democratizzazione della Grecia. Anche per questo comprendo meglio le ragioni del “compromesso” firmato da Tsipras a luglio e per questo non posso non sperare che domenica i greci diano ancora fiducia a Syriza. Anche per provare a garantire l’agibilità politica ai movimenti e alle lotte sociali. Perché – come diceva il barbu
Fonte: Esseblog
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