La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 21 agosto 2015

Egon Bahr, il «pacifista» della Spd ancora di sinistra

di Jacopo Rosatelli
Impe­dire la guerra in Europa. Que­sta la mis­sione a cui Egon Bahr, spen­tosi ieri a 93 anni, ha dedi­cato tutta la sua vita politica.
Diri­gente social­de­mo­cra­tico, da stretto col­la­bo­ra­tore di Willy Brandt e mini­stro è stato l’architetto di quella Ost­po­li­tik che, negli anni ’70, con­dusse la Repub­blica fede­rale tede­sca a rico­no­scere la Ger­ma­nia Est e ad allac­ciare rela­zioni diplo­ma­ti­che con i Paesi del «socia­li­smo reale», accet­tando uffi­cial­mente i con­fini del 1945: un impe­gno per la disten­sione che gli valse le accuse di «tra­di­tore della patria» dai demo­cri­stiani della Cdu-Csu, ani­mati da odio anti­co­mu­ni­sta.
Con le stesse moti­va­zioni, nel decen­nio suc­ces­sivo è atti­vis­simo nel con­tra­stare il riarmo in corso in Europa, deter­mi­nato dall’orientamento musco­lare che Ronald Rea­gan aveva impresso alla poli­tica estera Usa. Il paci­fi­smo tede­sco — da cui emer­gerà anche il par­tito dei Verdi –imma­gina invece un’Europa cen­trale come spa­zio di pace, fuori dai bloc­chi e libera dagli ordi­gni nucleari.
Una bat­ta­glia «uto­pi­stica» di cui si è quasi com­ple­ta­mente persa la memo­ria, ma che allora mobi­li­tava milioni di persone.
E fedele all’imperativo cate­go­rico che impone di ripu­diare la guerra, negli ultimi mesi della sua vita ha con­ti­nuato a bat­tersi con­tro un’escalation mili­tare nel con­flitto fra Rus­sia e Nato intorno all’Ucraina. Fino all’ultimo ha speso pub­bli­ca­mente la pro­pria auto­re­vo­lezza per rac­co­man­dare, innan­zi­tutto al governo di Angela Mer­kel, qual­cosa che appa­riva nor­male agli uomini di stato della sua gene­ra­zione, che la guerra l’avevano dram­ma­ti­ca­mente vis­suta dav­vero: rico­no­scere le ragioni del «nemico», senza demo­niz­zarlo, e sedersi al tavolo a trat­tare con lui. Bilan­ciando Real­po­li­tik e fedeltà ai valori di pace e demo­cra­zia, con­tro quel fon­da­men­ta­li­smo «uma­ni­ta­rio» die­tro cui si nascon­dono le irre­spon­sa­bili avven­ture impe­riali della poli­tica di potenza.
Il cor­do­glio del mondo poli­tico tede­sco è una­nime. Par­ti­co­lar­mente sen­tito quello della Spd, ma anche quello della Linke. Bahr non è mai stato ostile verso le forze a sini­stra della social­de­mo­cra­zia: negli anni ’50 era con­tra­rio alla messa al bando dei comu­ni­sti della Kpd, e dopo la caduta del Muro ha dia­lo­gato costan­te­mente con gli eredi della Sed, il partito-stato della Ddr, dive­nuti prima Pds e poi l’attuale Linke. Rico­no­scendo in loro un attore poli­tico pie­na­mente legit­ti­mato al governo, come nel Land orien­tale della Turin­gia. In una delle ultime inter­vi­ste ammo­niva: «Brandt diceva: “Più divento vec­chio, più divento di sini­stra”. Vedendo dove ci con­duce que­sto capi­ta­li­smo, ho la sen­sa­zione che per me valga lo stesso».

Fonte: il manifesto

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