di Jacopo Rosatelli
Impedire la guerra in Europa. Questa la missione a cui Egon Bahr, spentosi ieri a 93 anni, ha dedicato tutta la sua vita politica.
Dirigente socialdemocratico, da stretto collaboratore di Willy Brandt e ministro è stato l’architetto di quella Ostpolitik che, negli anni ’70, condusse la Repubblica federale tedesca a riconoscere la Germania Est e ad allacciare relazioni diplomatiche con i Paesi del «socialismo reale», accettando ufficialmente i confini del 1945: un impegno per la distensione che gli valse le accuse di «traditore della patria» dai democristiani della Cdu-Csu, animati da odio anticomunista.
Con le stesse motivazioni, nel decennio successivo è attivissimo nel contrastare il riarmo in corso in Europa, determinato dall’orientamento muscolare che Ronald Reagan aveva impresso alla politica estera Usa. Il pacifismo tedesco — da cui emergerà anche il partito dei Verdi –immagina invece un’Europa centrale come spazio di pace, fuori dai blocchi e libera dagli ordigni nucleari.
Una battaglia «utopistica» di cui si è quasi completamente persa la memoria, ma che allora mobilitava milioni di persone.
Una battaglia «utopistica» di cui si è quasi completamente persa la memoria, ma che allora mobilitava milioni di persone.
E fedele all’imperativo categorico che impone di ripudiare la guerra, negli ultimi mesi della sua vita ha continuato a battersi contro un’escalation militare nel conflitto fra Russia e Nato intorno all’Ucraina. Fino all’ultimo ha speso pubblicamente la propria autorevolezza per raccomandare, innanzitutto al governo di Angela Merkel, qualcosa che appariva normale agli uomini di stato della sua generazione, che la guerra l’avevano drammaticamente vissuta davvero: riconoscere le ragioni del «nemico», senza demonizzarlo, e sedersi al tavolo a trattare con lui. Bilanciando Realpolitik e fedeltà ai valori di pace e democrazia, contro quel fondamentalismo «umanitario» dietro cui si nascondono le irresponsabili avventure imperiali della politica di potenza.
Il cordoglio del mondo politico tedesco è unanime. Particolarmente sentito quello della Spd, ma anche quello della Linke. Bahr non è mai stato ostile verso le forze a sinistra della socialdemocrazia: negli anni ’50 era contrario alla messa al bando dei comunisti della Kpd, e dopo la caduta del Muro ha dialogato costantemente con gli eredi della Sed, il partito-stato della Ddr, divenuti prima Pds e poi l’attuale Linke. Riconoscendo in loro un attore politico pienamente legittimato al governo, come nel Land orientale della Turingia. In una delle ultime interviste ammoniva: «Brandt diceva: “Più divento vecchio, più divento di sinistra”. Vedendo dove ci conduce questo capitalismo, ho la sensazione che per me valga lo stesso».
Fonte: il manifesto
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