La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 21 agosto 2015

Il boss, i funerali e i poteri ciechi

di Massimo Villone
Un tempo avremmo detto che per qua­lun­que evento di rilievo ci sarebbe stato da qual­che parte un poli­ziotto, un cara­bi­niere o magari un vigile urbano avver­tito di quel che era acca­duto o sarebbe acca­duto. Ai meno gio­vani sarà forse suc­cesso di tro­varsi per caso in que­stura e sco­prire che al di là della scri­va­nia sedeva un tale per­fet­ta­mente infor­mato delle vicende per­so­nali, lavo­ra­tive, fami­liari, e per­sino sco­la­sti­che (quando è capi­tato a me, ero studente).
Per chi è favo­re­vole, que­sto essen­zial­mente accade per­ché, quando si parla di sicu­rezza e di ordine pub­blico, la parola d’ordine è cono­scere per pre­ve­nire. E uno Stato effi­ciente dispone a tal fine sul ter­ri­to­rio di occhi ed orec­chie. Ma pro­prio per que­sto stu­pi­sce, e molto, la dichia­ra­zione del pre­fetto di Roma di non essere stato infor­mato sul fune­rale del boss Casa­mo­nica. Un evento così impo­nente deve aver richie­sto un vasto impe­gno orga­niz­za­tivo. Pos­si­bile che nes­suno abbia visto, sen­tito, sospet­tato, sup­po­sto, ipo­tiz­zato alcun­ché? Pos­si­bile che l’intera pre­pa­ra­zione — incluso l’elicottero lancia-rose — sia stata coperta da tale rigo­roso segreto da non essere in alcun modo per­ce­pita nel suo svol­gersi? Soprat­tutto con­si­de­rando che si tratta di un per­so­nag­gio già sotto osser­va­zione in rap­porto a vicende giu­di­zia­rie? Pos­si­bile che non sia stata colta nem­meno una comu­ni­ca­zione, una tele­fo­nata, un mes­sag­gino?
Se dob­biamo pen­sare que­sto, e con­clu­dere che tutto poteva svol­gersi nel più asso­luto segreto, allora la bat­ta­glia con la cri­mi­na­lità orga­niz­zata è già persa. Per­so­nal­mente non credo che fosse pre­cluso ai pub­blici poteri ogni inter­vento sulle moda­lità di svol­gi­mento del fune­rale. Ma il punto più grave è la dichia­ra­zione di igno­ranza da parte della auto­rità pre­po­sta. Per­ché è una igno­ranza che denota la inef­fi­cienza della strut­tura cui quella auto­rità pre­siede. E pre­sup­pone forse che qual­cuno abbia saputo e taciuto, per con­ni­venza, inde­bita tol­le­ranza, o anche solo quieto vivere.
Pre­oc­cupa anche l’indignazione di Orfini. Non per lui per­so­nal­mente, è ovvio. Ma per­ché anche il Pd, se fosse un vero par­tito, avrebbe in qual­che modo saputo di quel che stava per acca­dere. Lo stato non ha occhi ed orec­chie sul ter­ri­to­rio, ed è grave. Grave è che non le abbia nem­meno il Pd. Ma in fondo lo sape­vamo. Come potrebbe essere diver­sa­mente quando i cir­coli ter­ri­to­riali si aprono solo per i riti pri­ma­riali e le cam­pa­gne elettorali?
Pre­oc­cupa infine la buro­cra­tica dichia­ra­zione di incom­pe­tenza del par­roco. Ci ha ricor­dato da vicino quel comu­ni­cato stampa del Vica­riato del 22 dicem­bre 2006 che sem­brava scritto da un fun­zio­na­rio della Agen­zia delle entrate: «Il Vica­riato di Roma pre­cisa di non aver potuto con­ce­dere tali ese­quie (eccle­sia­sti­che: nda) per­ché, a dif­fe­renza dai casi di sui­ci­dio nei quali si pre­sume la man­canza delle con­di­zioni di piena avver­tenza e deli­be­rato con­senso, era nota, in quanto ripe­tu­ta­mente e pub­bli­ca­mente affer­mata, la volontà del Dott. Welby di porre fine alla pro­pria vita, ciò che con­tra­sta con la dot­trina cat­to­lica» (segue cita­zione). Con­si­gliamo rispet­to­sa­mente al par­roco di leg­gere l’articolo del car­di­nale Mar­tini pub­bli­cato sul Sole 24 Ore del 21 gen­naio 2007, con l’illuminante titolo «Io, Welby e la morte». Giu­sto per dimo­strare che c’è una Chiesa che si occupa di quel che accade fuori della porta, e c’era anche prima di Papa Francesco.

Fonte: il manifesto

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