La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 21 agosto 2015

Corbin, un comunista

di Barbara Ciolli
Lo Tsipras di Inghilterra, magari d'Europa.
Tony Blair è inorridito, «troppo di sinistra, uno votato a perdere, un pericolo mortale».
Per il leader che sdoganò il tatcherismo nel Labour, la cosiddetta «terza via» vicina alla destra giovanilista di Cameron eppure nella sinistra, uno come Jeremy Corbyn non può che fallire.
Sindacalista, socialista vecchio stampo, filopalestinese, una vita a difendere i diritti dei più deboli, che in Gran Bretagna sono i migranti rispediti a Calais, gli Stati da colonizzare anche in Europa, i marginali del sottoproletariato inglese.
In 66 anni e 48 di militanza, Corbyn non è mai emerso come leader né tantomento come politico di potere, fino all'exploit di consensi in questa caldissima estate.
Troppo simile ai protagonisti dei film di Kean Loach, non un minatore e però il figlio di una buona famiglia inglese, pasionari della pace ai tempi della guerra civile spagnola.
Gli ideali nel dna, un illuso forse per Blair, che ambiva a diventare il padre del socialismo liberista europeo: mostro che avrà fatto rivoltare Marx nella tomba, eppure possibile con il declino dell'Europa e delle ideologie, l'ultima spiaggia del capitalismo in agonia che fa incetta dei venduti di sinistra.
IL LABOUR DOPO BLAIR. Chissà come finirà il tunnel della crisi globale, in fondo il premier più carismatico (e pericoloso) della sinistra inglese è finito scaricato da tutti, per l'ingordigia di poltrone e le macchie incancellabili della sua politica estera.
Il socialismo è in macerie e il capitalismo ha mille risorse. Ma se c'è una speranza di rinascita della sinistra nell'imprevedibilità del futuro, questa si chiama Corbyn, l'utopista inglese dal quale far ripartire un'Europa diversa.
Se la sinistra europea riparte da Corbyn
Filopalestinese, pacifista, socialista: l'anti-Cameron e anti-BlairIn Grecia la sinistra radicale di Syriza ha vinto, ma alla fine Alexis Tsipras non ce l'ha fatta. Lasciato solo, il premier ellenico è stato costretto all'austerity.
Nella Spagna della macelleria sociale si vota a fine 2015 e gli indignados di Podemos sono in pole. Dopo il successo delle Comunali, si stanno facendo le ossa ma, come i grillini italiani, non hanno ancora esperienza di Palazzo e contenuti di peso.
E pure in Italia, privatizzate scuola e contratti di lavoro (anche pubblici), il premier Matteo Renzi, sfegatato tifoso della city e del New Labour, è sempre meno amato tra il ceto medio e gli elettori di sinistra.
SINDACALISTA E POLITICO. Un profilo come Corbyn, dall'età di 18 anni nella National union dei lavoratori pubblici e poi parlamentare dal 1983, «l'abisso» per Blair, potrebbe riportare alle urne la platea ingrossata degli astenuti di mezza Europa.
L'esercito di chi sta peggio è in espansione e obtorto collo la solidarietà potrebbe tornare un bisogno collettivo come nell'800.
Il papa non basta, c'è fame di politici di spessore che rappresentino gli interessi della polis dei cittadini, non della grande industria e della finanza sovrnazionale.
LA SCONFITTA DEL LABOUR. Per arrestare l'emorragia di consensi a destra, a Madrid persino il primo ministro Mariano Rajoy, altrimenti durissimo, ha abbassato in extremis le tasse.
Nel Regno Unito fuori dall'euro e in ripresa economica, con un Pil al +2,4% e la disoccupazione al 5,3%, il due volte premier David Cameron ha invece sbaragliato tutti, senza mendicare, alle Legislative del 2015.
La fiducia dei britannici è andata nettamente (e inaspettatamente) ai conservatori. Il Labour di Ed Miliband si è rivelato nudo.
Perdente, molto più che nei sondaggi, perché senza identità e guidato da un leader educato, giovane, colto. Bravo ragazzo, anche di idee di sinistra. Ma ahimè, senza il carisma sfacciato di Blair e fin troppo soft con tutti.
Agli inglesi per ora basta Cameron, così affiatato e anche così simile a Renzi. Oltremanica la gente vuole tenersi il benessere e proteggerlo dai forestieri.
Ma a Calais i migranti premono, Downing Street chiude le frontiere e prepara il referendum per l'uscita dall'Ue.
I britannici andranno fino in fondo? E che fine faranno gli scozzesi? O la va o la spacca e il Labour orfano di leadership - Miliband si è dimesso a maggio, dopo la batosta alle urne - prepara un ritorno coraggioso alle origini, pronto a seppellire Blair.
È l'unica opzione rimasta alla fine del partito. Altrimenti, proprio dalla Gran Bretagna isolazionista ma culla del welfare state, partirà una nuova era.
CORBYN, ASCESA LAMPO. La svolta pare decisa dalla base.
Secondo un sondaggio di YouGov, per le primarie del Labour che si aprono il 14 agosto e si chiudono il 12 settembre (può votare chiunque versi 3 sterline) Corbyn macina un sorprendente +10% di consensi al mese e avrebbe già la maggioranza netta del 53%.
Capofila dei duri e puri più a sinistra del Labour, l'anti-Cameron è contro l'austerity, vuole ferrovie e industrie nazionalizzate e buoni rapporti con la Russia. Difende i migranti, è sempre stato contro le guerre, inclusa quella in Iraq che segnò la morte politica di Blair.
Difende i palestinesi dalla lobby sionista così cara a Cameron e ha uno stile di vita sobrio, per non dire modesto, al contrario dell'ex leader e teorico del New Labour, primo ministro molto amato ma poi molto odiato. Finito per accumulare consulenze e business, in aggiunta (e anche grazie) al suo incarico da nullafacente a capo del Quartetto per la pace in Medio oriente.
J'ACCUSE DI BLAIR. Per Blair, Corbyn a capo del Labour sarebbe una tragedia, «un favore ai conservatori», la fine certa certa del partito che deve restare moderato.
Eppure Corbyn piace parecchio e neanche lui le manda a dire: «Blair dovrebbe rispondere di crimini di guerra per il conflitto in Iraq. Una guerra illegale e catastrofica, per la quale deve dare spiegazioni».
Per Corbyn «ne paghiamo le conseguenze ancora oggi con le morti nel Mediterraneo e i milioni di rifugiati». Come dargli torto.

Fonte: Lettera43

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