La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 22 agosto 2015

Contratto, a Fiom e Confindustria piace nazionale


 
di Antonio Sciotto
Il governo intende pro­ce­dere sulla riforma della rap­pre­sen­tanza e della con­trat­ta­zione — incluse nuove regole sugli scio­peri — ma le pro­po­ste in ballo con­ti­nuano a susci­tare pole­mi­che. Ieri in una inter­vi­sta al mani­fe­sto il segre­ta­rio gene­rale della Uil Car­melo Bar­ba­gallo ha spie­gato di essere con­tro l’azzeramento del con­tratto nazio­nale e la limi­ta­zione del diritto di scio­pero, spe­cie nel set­tore pri­vato, e ugual­mente con­trari al supe­ra­mento del primo livello di con­trat­ta­zione si sono detti sia il vice­pre­si­dente di Con­fin­du­stria Ste­fano Dol­cetta che il segre­ta­rio gene­rale della Fiom, Mau­ri­zio Landini.
«Gli impren­di­tori sono con­trari ad abo­lire il con­tratto nazio­nale», ha spie­gato Dol­cetta a Repub­blica, defi­nendo la pro­po­sta Ichino su que­sto tema «un po’ hard»: «Molta parte delle 154 mila imprese a noi asso­ciate — ha detto il numero due di Con­fin­du­stria — non hanno la dimen­sione per reg­gere una con­trat­ta­zione azien­dale. Sem­mai pen­siamo sia meglio ren­dere i con­tratti nazio­nali dero­ga­bili a livello aziendale».

Va detto, o meglio, andrebbe ricor­dato, che la pos­si­bi­lità di dero­gare i con­tratti nazio­nali (e per­fino le leggi) esi­ste già, gra­zie al (fami­ge­rato, almeno a sini­stra) arti­colo 8 varato dall’allora mini­stro del Lavoro Sac­coni, nel 2010. Arti­colo 8 che, con­tra­ria­mente alle posi­zioni espresse da Con­fin­du­stria, ieri il Pd Cesare Damiano, pre­si­dente della Com­mis­sione Lavoro della Camera, ha invece detto che biso­gne­rebbe abo­lire: «L’equilibrio a van­tag­gio dei con­tratti decen­trati — sostiene — va com­pen­sato can­cel­lando la dero­ga­bi­lità del con­tratto nazio­nale intro­dotta dal cen­tro­de­stra: cor­re­zione neces­sa­ria per impe­dire pra­ti­che di dum­ping sociale nelle sin­gole aziende, fonte di gravi dise­gua­glianze e di con­cor­renza sleale tra le imprese».
Quanto alla rap­pre­sen­tanza, per il vice­pre­si­dente di Con­fi­du­stria Dol­cetta «sarebbe meglio tro­vare un accordo tra le parti», ma in man­canza di que­sto, «è auspi­ca­bile che il governo tra­duca in legge l’accordo che ave­vamo già fir­mato con Cgil, Cisl e Uil». Accordo, il Testo unico sulla rap­pre­sen­tanza siglato nel gen­naio 2014, citato come punto di par­tenza anche da Damiano, come anche, ovvia­mente, dai fir­ma­tari Cgil, Cisl e Uil.

Mau­ri­zio Lan­dini e la Fiom, con­trari agli esiti del Testo Unico, al con­tra­rio vor­reb­bero una legge: che dispo­nesse che su piat­ta­forme e accordi «siano chia­mati a votare, con un refe­ren­dum, tutti i lavo­ra­tori, pre­cari inclusi».
Lan­dini si dice con­tra­rio al supe­ra­mento del con­tratto nazio­nale, e cita l’esempio Fiat, dove in forza del con­tratto azien­dale (che ha sosti­tuito quello nazio­nale, come da pro­po­sta Ichino), «i minimi con­trat­tuali sono 76 euro al mese più bassi del nazio­nale». Ed è favo­re­vole alla sem­pli­fi­ca­zione: «Gli attuali 400 con­tratti pos­sono essere ridotti a una decina. No, infine, alla limi­ta­zione del diritto di scio­pero: «È un diritto indi­vi­duale garantito».

Fonte: il manifesto

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