La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 20 agosto 2015

Ultima spiaggia prima dell'esodo della "buona scuola"

Intervista a Domenico Pantaleo di Roberto Ciccarelli
Dome­nico Pan­ta­leo, segre­ta­rio gene­rale Flc-Cgil, spiega per­ché la riforma Renzi della scuola pro­vo­cherà un esodo dei docenti da Sud al Nord e non vice­versa. «Il governo non ha sta­bi­lito una rispon­denza tra iscritti alle gra­dua­to­rie ad esau­ri­mento (Gae), le domande pre­sen­tate per le assun­zioni e i posti dispo­ni­bili. Ci sarà anche il para­dosso dei docenti obbli­gati a migrare tra le regioni del Sud. Si è inne­stato un mec­ca­ni­smo per­verso che non tiene conto di una reale pro­gram­ma­zione e col­pi­sce soprat­tutto le donne con figli a carico, sti­pendi da 1300 euro con cui pagare doppi affitti. Il governo non ha cogni­zione della situa­zione sociale delle per­sone, e non solo della scuola. Mette in discus­sione i loro modelli di vita per sod­di­sfare l’impostazione ideo­lo­gica dei soliti noti: Con­fin­du­stria e Treelle, i veri pro­mo­tori di una riforma che divide le scuole in serie A e B e inne­sta la com­pe­ti­zione tra docenti e precari».
Che ruolo hanno avuto i tagli Gel­mini alle cattedre?
"Quei tagli sono stati uno dei fat­tori. C’è poi il mec­ca­ni­smo con cui sono stati fatti gli orga­nici che tiene conto essen­zial­mente del numero degli alunni. A Sud è stata regi­strata una ridu­zione demo­gra­fica, men­tre al Nord c’è stato un aumento legato all’emigrazione. Poi ci sono state le ridu­zioni di orga­nici, soprat­tutto al Sud.
A que­sto si aggiunga una disoc­cu­pa­zione sto­ri­ca­mente alta, che spiega anche il mag­gior numero dei pre­cari al Sud. Men­tre lo Svi­mez chiede di poten­ziare l’offerta for­ma­tiva, e il capi­tale umano, pro­prio per inver­tire que­sta ten­denza nel Mez­zo­giorno, Renzi fa l’opposto."
Che cosa faranno gli oltre 55 mila inse­gnanti una volta assunti nel cosid­detto orga­nico potenziato?
"È certo che que­sto mec­ca­ni­smo non par­tirà da set­tem­bre, ma dopo i piani dell’offerta for­ma­tiva dei diri­genti. In gene­rale non si capi­sce che cos’è, né come fun­zio­nerà. Nello stesso governo esi­stono idee oppo­ste. L’idea di «poten­ziare» la for­ma­zione si è già persa all’inizio. È pro­ba­bile che sarà usato per tam­po­nare i pro­blemi di orga­nico o per recu­pe­rare i costi delle sup­plenze. Una pro­gram­ma­zione vera avrebbe potuto usarlo nella lotta con­tro la disper­sione sco­la­stica al Sud e nelle aree a rischio nelle città ita­liane. Non avverrà."
Sem­bra che il piano di assun­zioni in corso non coprirà 15 mila posti liberi. Che fine faranno?
"Non lo sap­piamo, al momento. La legge dice che non saranno coperti. È una situa­zione che con­ferma l’impianto sba­gliato e un piano di immis­sioni in ruolo molto improv­vi­sato. Anche per que­sto ave­vamo pro­po­sto di uni­fi­care le fasi B e C delle assun­zioni in una pro­gram­ma­zione che per­met­tesse di tenere conto della com­po­si­zione delle gra­dua­to­rie. Il Miur ha rifiu­tato. Ma lo ave­vano chie­sto anche alcune regioni. Siamo solo all’inizio. Il caos arri­verà con la chia­mata diretta dei pre­sidi nel 2016. C’è il rischio di creare mec­ca­ni­smi clientelari."
Che cosa acca­drà ai docenti che non hanno fatto domanda e reste­ranno nelle graduatorie?
"Chie­diamo di garan­tir­gli il 50% dei posti nel pros­simo con­corso. Que­ste per­sone non vanno cri­mi­na­liz­zate, come fa chi li accusa di non volere lavo­rare. Con­tra­ste­remo con tutti i mezzi que­sta disin­for­ma­zione ideo­lo­gica. Pen­sare poi di esclu­derli dalle sta­bi­liz­za­zioni è ille­git­timo e assurdo. Biso­gna tenere conto anche degli abi­li­tati Tfa e Pas e gli altri aventi diritto. Tra un mese la Corte costi­tu­zio­nale rece­pirà la sen­tenza euro­pea sul pre­ca­riato. Dovranno essere sta­bi­liz­zati tutti, anche con­si­de­rando che il turn-over sarà molto più alto dal 2016. Non voglio dimen­ti­care il bub­bone del per­so­nale Ata. La fun­zione pub­blica ha bloc­cato la loro immis­sione in ruolo per dare spa­zio al per­so­nale delle pro­vince. In sei mila rischiano il posto. Que­sto qua­dro dimo­stra che il governo non inve­ste nella scuola e non tiene conto dei suoi veri problemi."
Pre­sen­te­rete con gli altri sin­da­cati il ricorso con­tro la riforma alla Corte Costituzionale?
"Certo. Con­tra­ste­remo la chia­mata diretta dei pre­sidi, i 200 milioni sot­tratti al sala­rio acces­so­rio dei docenti ed elar­giti arbi­tra­ria­mente al «merito». E met­te­remo in discus­sione le immis­sioni in ruolo: esclu­dono i docenti inte­res­sati dalla sen­tenza europea."
Civati e un gruppo napo­le­tano hanno pre­sen­tato due refe­ren­dum abro­ga­tivi. Voi cosa farete?
"Il refe­ren­dum è una strada, ma a certe con­di­zioni. Non va fatto con una logica auto­re­fe­ren­ziale, ma va creata un’ampia cam­pa­gna che coin­volga tutti i sog­getti che con­tra­stano le poli­ti­che di Renzi, dalla scuola al Jobs Act allo Sblocca Ita­lia. Biso­gna col­le­garlo a ini­zia­tive capaci di allar­gare il con­senso e fare atten­zione ai que­siti e ai tempi. Noi ini­zie­remo con un’assemblea a Roma delle Rsu l’11 set­tem­bre. Il tempo per farne uno sulla scuola il pros­sima anno non c’è."

Approfondimento: Il lungo esodo dei docenti, persi dentro un algoritmo
di Roberto Ciccarelli

Blitz sulla spiag­gia del Poetto, in Sar­de­gna, dei docenti con la vali­gia. La pro­te­sta con­tro l’esodo impo­sto da Renzi agli inse­gnanti del Sud, delle Isole e del Cen­tro è arri­vata tra gli ombrel­loni. I prof e i mae­stri hanno tra­sci­nato sulla sab­bia il trol­ley, diven­tato il sim­bolo della pro­te­sta con­tro un ricatto. Ieri hanno indos­sato anche una sve­glia al collo. Il tempo scorre «senza una solu­zione al pro­blema». Poche le spe­ranze che l’appello sia rac­colto.
Sim­bo­li­ca­mente i docenti hanno messo un mes­sag­gio in una bot­ti­glia diretta a Roma. «Spe­riamo — ha spie­gato Bianca Locci, por­ta­voce del comi­tato 10 ago­sto — che almeno il mare porti final­mente a desti­na­zione que­sto appello. Un Sos che man­diamo come se fos­simo nau­fra­ghi». Il movi­mento sardo chiede un cor­ret­tivo al sistema di reclu­ta­mento ideato dal Miur attra­verso norme che ten­gano conto delle dif­fi­coltà legate all’insularità. Una richie­sta ragio­ne­vole, ma par­ziale. Non si capi­sce quale sarebbe la con­ve­nienza di un docente cala­brese a lavo­rare a Milano o Torino a 1300 euro al mese. Sono molti i docenti che si tro­vano nella stessa con­di­zione, nella cer­tezza che a set­tem­bre l’anno sco­la­stico ini­zierà nel caos.
Secondo i primi dati ela­bo­rati dai sin­da­cati, le assun­zioni in ruolo dei docenti nel cosid­detto «orga­nico poten­ziato» ter­mi­ne­ranno a fine novem­bre. Solo 42–45 mila posti dei 55 mila pre­vi­sti dalla legge saranno coperti dagli aventi diritto. I 13–15 mila restanti non potranno essere affi­dati ai neo-assunti né essere coperti dalle sup­plenze, come pre­vi­sto in un arti­colo della riforma. La stima è stata fatta dall’Anief ed è così com­po­sta: ci sono 2 mila cat­te­dre in più rispetto alle domande di assun­zione inviate entro il 14 ago­sto scorso. Altre 3 mila dovreb­bero restare libere per man­canza di docenti rispetto alle classi di con­corso o tipo­lo­gie di posti vacanti. Die­ci­mila le domande — sulle 71.643 pre­sen­tate che dovreb­bero essere rifiu­tate.
Non certo un suc­cesso per un governo che sta cer­cando un rime­dio alla con­fu­sione siste­mica pro­vo­cata nell’estate più calda per una parte dei pre­cari della scuola. «Il mini­stero dell’Istruzione sem­bra aver già perso la sua par­tita — sostiene Mar­cello Paci­fico dell’Anief — non ha infatti pub­bli­cato le gra­dua­to­rie aggior­nate degli albi ter­ri­to­riali con i pun­teggi incro­ciati dei can­di­dati pre­senti in tutte le pro­vince, ma ha pre­di­spo­sto un algo­ritmo secre­tato che asse­gnerà i ruoli in barba ai prin­cipi costi­tu­zio­nali rela­tivi alla pub­bli­cità degli atti nell’accesso al pub­blico impiego, alla gestione delle pro­ce­dure con­cor­suali come quelle com­pa­ra­tive date dallo scor­ri­mento delle graduatorie».
Un altro dato rivela le dif­fi­coltà del governo che, subito dopo Fer­ra­go­sto, ha ali­men­tato una cam­pa­gna in stile mora­li­stico e «anti-fannulloni» che sarà ricor­data per la sua par­ti­co­lare igno­mi­nia. Sulle 71.643 domande pre­sen­tate, uno su tre dei «pre­cari sto­rici» ha rinun­ciato a com­pi­lare il modulo online di richie­sta di assun­zione per un posto a tempo inde­ter­mi­nato. È un dato cla­mo­roso che atte­sta il netto rifiuto del ricatto di Renzi: se non accet­tate di lavo­rare a cen­ti­naia di chi­lo­me­tri dalla pro­vin­cia di resi­denza per­de­rete il lavoro. Le ragioni non sem­brano quelle di chi, si dice, «vuole lavo­rare solo sotto casa». Nella mag­gio­ranza di casi, infatti, si parla di per­sone che da anni per­cor­rono cen­ti­naia di chi­lo­me­tri al giorno per andare a lavo­rare.
Le ragioni sono piut­to­sto legate alle situa­zioni fami­liari e, in gene­rale, all’efficacia, alla tra­spa­renza e alla giu­sti­zia di un mec­ca­ni­smo che non ha nes­suna di que­ste carat­te­ri­sti­che. Tanto è vero che è stato, orwel­lia­na­mente, legato a un algo­ritmo. Sin dall’inizio è stato chiaro che il mec­ca­ni­smo di assun­zione pre­senta errori di sistema tali da avere spinto, spiega l’Anief, a quan­ti­fi­care in 20 mila il numero dei docenti che hanno fatto domanda ma reste­ranno fuori dal piano di Renzi per man­canza di posti nella classe di con­corso di rife­ri­mento. Anche per que­sto Franca Gian­nola, segre­ta­ria Flc Cgil Palermo, pre­vede che «a set­tem­bre il governo sarà som­merso da contenziosi».
Senza con­tare che le Gae non sono affatto esau­rite. A set­tem­bre saranno almeno 50mila i docenti a fare richie­sta, senza con­tare quelli che — pur assunti nella «fase C» della «buona scuola» — pren­de­ranno ser­vi­zio da pre­cari nelle sedi asse­gnate e rin­vie­ranno l’esodo all’anno pros­simo. A dif­fe­renza di quanto detto da Renzi, il pre­ca­riato non è affatto finito nella scuola.
Dalla Sici­lia sono arri­vate 11.864 domande, segue a ruota la Cam­pa­nia. Insieme fanno il 30% delle domande. Numeri più ridotti, ma con­si­stenti, in Puglia, Basi­li­cata, Lazio (spe­cial­mente Roma), poi Abruzzo e per­sino Toscana. Un qua­dro della situa­zione che smen­ti­sce un altro luogo comune: non saranno solo i docenti del sud a essere costretti a emi­grare e a pagare di tasca pro­pria per lavo­rare. Una volta rea­liz­zato il piano di Renzi, cosa acca­drà in Lom­bar­dia o in Pie­monte, cioè nelle regioni dove dovrebbe con­cen­trarsi la migra­zione? È pos­si­bile che i docenti cer­che­ranno di riav­vi­ci­narsi alle loro sedi.
A rischio non è solo la con­ti­nuità didat­tica, ma la dignità pro­fes­sio­nale dei docenti. Que­sta è lo sce­na­rio dell’esodo pros­simo venturo.

Fonte: Il manifesto

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