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Intervista a Domenico Pantaleo di Roberto Ciccarelli
Domenico Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, spiega perché la riforma Renzi della scuola provocherà un esodo dei docenti da Sud al Nord e non viceversa. «Il governo non ha stabilito una rispondenza tra iscritti alle graduatorie ad esaurimento (Gae), le domande presentate per le assunzioni e i posti disponibili. Ci sarà anche il paradosso dei docenti obbligati a migrare tra le regioni del Sud. Si è innestato un meccanismo perverso che non tiene conto di una reale programmazione e colpisce soprattutto le donne con figli a carico, stipendi da 1300 euro con cui pagare doppi affitti. Il governo non ha cognizione della situazione sociale delle persone, e non solo della scuola. Mette in discussione i loro modelli di vita per soddisfare l’impostazione ideologica dei soliti noti: Confindustria e Treelle, i veri promotori di una riforma che divide le scuole in serie A e B e innesta la competizione tra docenti e precari».
Che ruolo hanno avuto i tagli Gelmini alle cattedre?
"Quei tagli sono stati uno dei fattori. C’è poi il meccanismo con cui sono stati fatti gli organici che tiene conto essenzialmente del numero degli alunni. A Sud è stata registrata una riduzione demografica, mentre al Nord c’è stato un aumento legato all’emigrazione. Poi ci sono state le riduzioni di organici, soprattutto al Sud.
A questo si aggiunga una disoccupazione storicamente alta, che spiega anche il maggior numero dei precari al Sud. Mentre lo Svimez chiede di potenziare l’offerta formativa, e il capitale umano, proprio per invertire questa tendenza nel Mezzogiorno, Renzi fa l’opposto."
A questo si aggiunga una disoccupazione storicamente alta, che spiega anche il maggior numero dei precari al Sud. Mentre lo Svimez chiede di potenziare l’offerta formativa, e il capitale umano, proprio per invertire questa tendenza nel Mezzogiorno, Renzi fa l’opposto."
Che cosa faranno gli oltre 55 mila insegnanti una volta assunti nel cosiddetto organico potenziato?
"È certo che questo meccanismo non partirà da settembre, ma dopo i piani dell’offerta formativa dei dirigenti. In generale non si capisce che cos’è, né come funzionerà. Nello stesso governo esistono idee opposte. L’idea di «potenziare» la formazione si è già persa all’inizio. È probabile che sarà usato per tamponare i problemi di organico o per recuperare i costi delle supplenze. Una programmazione vera avrebbe potuto usarlo nella lotta contro la dispersione scolastica al Sud e nelle aree a rischio nelle città italiane. Non avverrà."
Sembra che il piano di assunzioni in corso non coprirà 15 mila posti liberi. Che fine faranno?
"Non lo sappiamo, al momento. La legge dice che non saranno coperti. È una situazione che conferma l’impianto sbagliato e un piano di immissioni in ruolo molto improvvisato. Anche per questo avevamo proposto di unificare le fasi B e C delle assunzioni in una programmazione che permettesse di tenere conto della composizione delle graduatorie. Il Miur ha rifiutato. Ma lo avevano chiesto anche alcune regioni. Siamo solo all’inizio. Il caos arriverà con la chiamata diretta dei presidi nel 2016. C’è il rischio di creare meccanismi clientelari."
Che cosa accadrà ai docenti che non hanno fatto domanda e resteranno nelle graduatorie?
"Chiediamo di garantirgli il 50% dei posti nel prossimo concorso. Queste persone non vanno criminalizzate, come fa chi li accusa di non volere lavorare. Contrasteremo con tutti i mezzi questa disinformazione ideologica. Pensare poi di escluderli dalle stabilizzazioni è illegittimo e assurdo. Bisogna tenere conto anche degli abilitati Tfa e Pas e gli altri aventi diritto. Tra un mese la Corte costituzionale recepirà la sentenza europea sul precariato. Dovranno essere stabilizzati tutti, anche considerando che il turn-over sarà molto più alto dal 2016. Non voglio dimenticare il bubbone del personale Ata. La funzione pubblica ha bloccato la loro immissione in ruolo per dare spazio al personale delle province. In sei mila rischiano il posto. Questo quadro dimostra che il governo non investe nella scuola e non tiene conto dei suoi veri problemi."
Presenterete con gli altri sindacati il ricorso contro la riforma alla Corte Costituzionale?
"Certo. Contrasteremo la chiamata diretta dei presidi, i 200 milioni sottratti al salario accessorio dei docenti ed elargiti arbitrariamente al «merito». E metteremo in discussione le immissioni in ruolo: escludono i docenti interessati dalla sentenza europea."
Civati e un gruppo napoletano hanno presentato due referendum abrogativi. Voi cosa farete?
"Il referendum è una strada, ma a certe condizioni. Non va fatto con una logica autoreferenziale, ma va creata un’ampia campagna che coinvolga tutti i soggetti che contrastano le politiche di Renzi, dalla scuola al Jobs Act allo Sblocca Italia. Bisogna collegarlo a iniziative capaci di allargare il consenso e fare attenzione ai quesiti e ai tempi. Noi inizieremo con un’assemblea a Roma delle Rsu l’11 settembre. Il tempo per farne uno sulla scuola il prossima anno non c’è."
Approfondimento: Il lungo esodo dei docenti, persi dentro un algoritmo
di Roberto Ciccarelli
Blitz sulla spiaggia del Poetto, in Sardegna, dei docenti con la valigia. La protesta contro l’esodo imposto da Renzi agli insegnanti del Sud, delle Isole e del Centro è arrivata tra gli ombrelloni. I prof e i maestri hanno trascinato sulla sabbia il trolley, diventato il simbolo della protesta contro un ricatto. Ieri hanno indossato anche una sveglia al collo. Il tempo scorre «senza una soluzione al problema». Poche le speranze che l’appello sia raccolto.
Simbolicamente i docenti hanno messo un messaggio in una bottiglia diretta a Roma. «Speriamo — ha spiegato Bianca Locci, portavoce del comitato 10 agosto — che almeno il mare porti finalmente a destinazione questo appello. Un Sos che mandiamo come se fossimo naufraghi». Il movimento sardo chiede un correttivo al sistema di reclutamento ideato dal Miur attraverso norme che tengano conto delle difficoltà legate all’insularità. Una richiesta ragionevole, ma parziale. Non si capisce quale sarebbe la convenienza di un docente calabrese a lavorare a Milano o Torino a 1300 euro al mese. Sono molti i docenti che si trovano nella stessa condizione, nella certezza che a settembre l’anno scolastico inizierà nel caos.
Secondo i primi dati elaborati dai sindacati, le assunzioni in ruolo dei docenti nel cosiddetto «organico potenziato» termineranno a fine novembre. Solo 42–45 mila posti dei 55 mila previsti dalla legge saranno coperti dagli aventi diritto. I 13–15 mila restanti non potranno essere affidati ai neo-assunti né essere coperti dalle supplenze, come previsto in un articolo della riforma. La stima è stata fatta dall’Anief ed è così composta: ci sono 2 mila cattedre in più rispetto alle domande di assunzione inviate entro il 14 agosto scorso. Altre 3 mila dovrebbero restare libere per mancanza di docenti rispetto alle classi di concorso o tipologie di posti vacanti. Diecimila le domande — sulle 71.643 presentate che dovrebbero essere rifiutate.
Non certo un successo per un governo che sta cercando un rimedio alla confusione sistemica provocata nell’estate più calda per una parte dei precari della scuola. «Il ministero dell’Istruzione sembra aver già perso la sua partita — sostiene Marcello Pacifico dell’Anief — non ha infatti pubblicato le graduatorie aggiornate degli albi territoriali con i punteggi incrociati dei candidati presenti in tutte le province, ma ha predisposto un algoritmo secretato che assegnerà i ruoli in barba ai principi costituzionali relativi alla pubblicità degli atti nell’accesso al pubblico impiego, alla gestione delle procedure concorsuali come quelle comparative date dallo scorrimento delle graduatorie».
Un altro dato rivela le difficoltà del governo che, subito dopo Ferragosto, ha alimentato una campagna in stile moralistico e «anti-fannulloni» che sarà ricordata per la sua particolare ignominia. Sulle 71.643 domande presentate, uno su tre dei «precari storici» ha rinunciato a compilare il modulo online di richiesta di assunzione per un posto a tempo indeterminato. È un dato clamoroso che attesta il netto rifiuto del ricatto di Renzi: se non accettate di lavorare a centinaia di chilometri dalla provincia di residenza perderete il lavoro. Le ragioni non sembrano quelle di chi, si dice, «vuole lavorare solo sotto casa». Nella maggioranza di casi, infatti, si parla di persone che da anni percorrono centinaia di chilometri al giorno per andare a lavorare.
Le ragioni sono piuttosto legate alle situazioni familiari e, in generale, all’efficacia, alla trasparenza e alla giustizia di un meccanismo che non ha nessuna di queste caratteristiche. Tanto è vero che è stato, orwellianamente, legato a un algoritmo. Sin dall’inizio è stato chiaro che il meccanismo di assunzione presenta errori di sistema tali da avere spinto, spiega l’Anief, a quantificare in 20 mila il numero dei docenti che hanno fatto domanda ma resteranno fuori dal piano di Renzi per mancanza di posti nella classe di concorso di riferimento. Anche per questo Franca Giannola, segretaria Flc Cgil Palermo, prevede che «a settembre il governo sarà sommerso da contenziosi».
Senza contare che le Gae non sono affatto esaurite. A settembre saranno almeno 50mila i docenti a fare richiesta, senza contare quelli che — pur assunti nella «fase C» della «buona scuola» — prenderanno servizio da precari nelle sedi assegnate e rinvieranno l’esodo all’anno prossimo. A differenza di quanto detto da Renzi, il precariato non è affatto finito nella scuola.
Dalla Sicilia sono arrivate 11.864 domande, segue a ruota la Campania. Insieme fanno il 30% delle domande. Numeri più ridotti, ma consistenti, in Puglia, Basilicata, Lazio (specialmente Roma), poi Abruzzo e persino Toscana. Un quadro della situazione che smentisce un altro luogo comune: non saranno solo i docenti del sud a essere costretti a emigrare e a pagare di tasca propria per lavorare. Una volta realizzato il piano di Renzi, cosa accadrà in Lombardia o in Piemonte, cioè nelle regioni dove dovrebbe concentrarsi la migrazione? È possibile che i docenti cercheranno di riavvicinarsi alle loro sedi.
A rischio non è solo la continuità didattica, ma la dignità professionale dei docenti. Questa è lo scenario dell’esodo prossimo venturo.
Fonte: Il manifesto
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