La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 20 agosto 2015

Buio sui referendum

di Vincenzo Vita
«Non si sa non si deve sapere» can­tava Dario Fo su musica di Paolo Ciar­chi in una delle sue cele­bri pièce. E sì, capita che un silen­zio non inno­cente cali su ciò che risulta eccen­trico rispetto alle linee infor­ma­tive domi­nanti: orche­strate sulla base di dia­let­ti­che “tonde”, senza inter­fe­renze rispetto al cano­vac­cio dei pastoni poli­tici. Ecco, allora, che solo dire «refe­ren­dum» risulta un’anomalia. Pec­cato che nei con­ve­gni sulla comu­ni­ca­zione ci si riem­pia poi la bocca di «demo­cra­zia par­te­ci­pata». Ciò che esce dal tac­cuino della nomen­cla­tura (vec­chia e nuova, cen­trata su vin­centi e per­denti da copione) non è noti­zia­bile. I Radi­cali ne sanno qual­cosa, visto che sem­pre hanno com­bat­tuto con­tro la con­giura del silen­zio media­tico e l’oscuramento asfis­siante delle con­sul­ta­zioni referendarie.
Stessa sorte incombe sui que­siti pro­po­sti nelle ultime set­ti­mane dall’associazione «Pos­si­bile» , depo­si­tati (da Civati e altre dieci per­sone) lo scorso 17 luglio presso la Corte di Cas­sa­zione. Quat­tro temi e 8 Sì: dall’abrogazione dell’Italicum, alle tri­vel­la­zioni con­sen­tite dallo «Sblocca Ita­lia», alle pro­ce­dure in deroga per le opere, a vari aspetti del Jobs Act, al preside-manager della «Buona scuola».
Il con­fronto è aperto. Chissà se la pre­si­dente e il diret­tore della Rai met­te­ranno fine ad una chiara cen­sura in atto. L’articolo 75 della Costi­tu­zione sot­to­li­nea il ruolo del refe­ren­dum. E’ bene ricor­dare, allora, che simile forma di deci­sione rien­tra in ogni momento nelle tutele pre­vi­ste dalla Carta. Al di là, ovvia­mente, del giu­di­zio di merito, che legit­ti­ma­mente si esprime con il voto.
La deli­ca­tis­sima fase della rac­colta delle firme (500.000, come noto) è una sequenza essen­ziale, la pre­messa per poter eser­ci­tare il diritto. La stessa Auto­rità per le garan­zie nelle comu­ni­ca­zioni, cer­ta­mente non pas­si­bile di cri­ti­che per eccesso di inter­ven­ti­smo (anzi), nel set­tem­bre del 2011 varò un Atto di indi­rizzo teso pro­prio a rac­co­man­dare atten­zione alle ini­zia­tive di acqui­si­zione delle firme. Insomma, siamo di fronte al capi­tolo cru­ciale della cit­ta­di­nanza, delle pari oppor­tu­nità, della libertà di espri­mere le pro­prie opi­nioni inci­dendo sul senso comune. E’ auspi­ca­bile che l’Agcom si ricordi delle sue deci­sioni e sol­le­citi i media a dare noti­zia. News, direb­bero alla Bbc. Di ciò si tratta, non già di indurre o meno a par­te­ci­pare ai ban­chetti. Poi­ché il tempo della sca­denza si avvi­cina e, quindi, l’omissione diviene un pec­cato mortale.
Siamo di fronte, del resto, ad un caso spe­ci­fico ed emble­ma­tico di mani­po­la­zione. Sot­trarre ai cit­ta­dini la pos­si­bi­lità di sapere è la nega­zione del senso pro­fondo della società della cono­scenza. Per­sino un para­dosso imba­raz­zante: cre­sce la quan­tità di dati in cir­co­la­zione e meno si sa. «Cono­scere per deli­be­rare» affer­mava Luigi Einaudi, con ragione e lun­gi­mi­ranza. All’antica (e sem­pre attuale) sud­di­vi­sione tra chi ha e chi non ha si aggiunge quella tra chi sa e chi non sa. Una miscela per­versa: un vero e pro­prio cul­tu­ral divide.
Ecco per­ché è essen­ziale alzare la voce con­tro un altro «omi­ci­dio pre­me­di­tato» nei media. Ad urlare non dovreb­bero essere solo i soste­ni­tori agostani-benemeriti– dei refe­ren­dum, bensì tutti quanti. A par­tire da coloro che non ci cre­dono o sono con­trari. La sal­va­guar­dia di un diritto ha per­sino mag­gior valore quando non se ne con­di­vide la sostanza. Bre­cht ha spie­gato quello che suc­cede quando si lascia sola una (pre­sunta) mino­ranza. Prima o poi la man­naia si abbatte pure sui ben­pen­santi. La cen­sura come modello “natu­rale”. Erga omnes.

Fonte: Il manifesto

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