La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 23 settembre 2015

Il governo «resistente» di Tsipras

di Teodoro Andreadis Synghellakis
Ale­xis Tsi­pras ha ini­ziato la sua seconda espe­rienza di governo, con una squa­dra di fede­lis­simi che, secondo quanto è fil­trato men­tre scri­viamo, rimar­ranno nei posti chiave: Nikos Pap­pas come mini­stro alla pre­si­denza del con­si­glio, che accom­pa­gna il pre­mier oggi a Bru­xel­les e venerdì all’assemblea gene­rale dell’Onu, Nikos Kotziàs, al mini­stero degli esteri, diplo­ma­tico esperto e poli­tico che sa muo­versi con rea­li­smo, oltre le rigi­dità ideo­lo­gi­che, men­tre Pana­jo­tis Kou­rou­blìs, dal dica­stero della salute, dovrebbe pas­sare a quello, ancora più deli­cato, degli interni. I greci indi­pen­denti man­ten­gono sia il mini­stero della difesa, con Panos Kam­me­nos, che quello della marina.
Una serie di super mini­steri, come quello dell’istruzione e della cul­tura, ver­ranno «spac­chet­tati» per­ché Tsi­pras ritiene che la mole di lavoro sia troppo grande per poter essere affron­tata da una sola per­sona. Nel frat­tempo, il lea­der di Syriza, ha già giu­rato come primo mini­stro ed ha incon­trato il capo del governo ad inte­rim, Vas­si­likì Tha­nou, la pre­si­dente della Corte di cas­sa­zione che ha gui­dato la Gre­cia da fine ago­sto sino all’altroieri, come pre­vi­sto dalla costituzione.
Alla fine del loro col­lo­quio, il pre­si­dente di Syriza e nuovo lea­der del paese ha voluto annun­ciare la sua stra­te­gia in vista del ver­tice dei capi di stato e di governo con­vo­cato per oggi a Bru­xel­les per discu­tere del pro­blema dell’immigrazione: «C’è la neces­sità che i paesi del Sud Europa, i quali affron­tano per primi i flussi migra­tori, si pon­gano sulla stessa lun­ghezza d’onda, in modo che l’Europa rie­sca ad affron­tare un pro­blema dalle dimen­sioni mondiali».
Non è un caso che, secondo tutti gli osser­va­tori, il nuovo governo con­fer­merà il mini­stro del governo ad inte­rim, Janis Mou­za­las, respon­sa­bile per la gestione della poli­tica migra­to­ria. Ha dimo­strato di essere capace di coor­di­nare in modo effi­cace i rap­porti con l’Europa, sbloc­cando anche i primi trenta milioni di euro dei finan­zia­menti, che ser­vi­ranno per la crea­zione di nuovi cen­tri di ospi­ta­lità e l’assunzione di inter­preti e media­tori culturali.
L’obiettivo di Tsi­pras, ovvia­mente, è di cer­care di supe­rare le dif­fi­coltà incon­trate dal primo ese­cu­tivo e in que­sto senso molti ana­li­sti sot­to­li­neano che parte già, in qual­che modo, avvan­tag­giato: non deve più trat­tare, per la for­ma­zione del governo, con gli ex mem­bri di Syriza, del cor­ren­tone di sini­stra, che hanno lasciato il par­tito per dare vita a Unità Popo­lare. La nuova for­ma­zione poli­tica rima­sta fuori dal par­la­mento, che ha man­cato il quo­rum per appena lo 0,1% dei voti.
Non man­cano, tut­ta­via, giu­dizi molto schietti, come quello dell’europarlamentare di Syriza, Dimi­tris Papa­di­mou­lis, che è anche vice­pre­si­dente del Par­la­mento Euro­peo. «I nuovi mini­stri dovranno lavo­rare di più e par­lare meno alle varie radio e tele­vi­sioni», ha sot­to­li­neato in una inter­vi­sta. Men­tre Jor­gos Katrou­ga­los, tra i più stretti col­la­bo­ra­tori del pre­mier ed ex mini­stro del lavoro, ha espresso l’auspicio che il nuovo governo di Syriza possa essere «una forza di resi­stenza, ma capace anche di attuare le neces­sa­rie riforme». Il prin­ci­pale rife­ri­mento è pale­se­mente la lotta alla cor­ru­zione e ai pro­fondi cam­bia­menti nel fun­zio­na­mento della mac­china dello stato, riguardo, soprat­tutto, al deli­ca­tis­simo set­tore degli appalti, degli inte­ressi che uni­scono in modo non certo chiaro, il pub­blico al privato.
Quanto al resto, alla dif­fi­cile situa­zione eco­no­mica ed al com­pro­messo con i cre­di­tori fir­mato a metà ago­sto, è chiaro che il governo della sini­stra cer­cherà di sfrut­tare tutte le pos­si­bi­lità esi­stenti, per non esa­cer­bare la crisi sociale in atto da cin­que anni e, anzi, per pro­teg­gere chi ne è stato mag­gior­mente colpito.
Il primo fac­cia a fac­cia tra Ale­xis Tsi­pras, il pre­si­dente della Com­mis­sione Euro­pea Jean-Claude Junc­ker e, pro­ba­bil­mente, la can­cel­liera Mer­kel, si svol­gerà pro­prio oggi, a Bru­xel­les, in un incon­tro infor­male, al mar­gine del ver­tice sull’immigrazione.
Junc­ker ha dichia­rato, subito dopo l’ufficializzazione del risul­tato elet­to­rale, che la Gre­cia deve appli­care velo­ce­mente quanto pre­vi­sto nel nuovo memo­ran­dum. Ma la prima valu­ta­zione dei «pro­gressi» com­piuti dal paese in que­sta dire­zione — che i cre­di­tori avreb­bero dovuto com­piere nei primi giorni di otto­bre — sem­bra desti­nata a slit­tare di almeno qual­che set­ti­mana. La grande sfida, potrebbe essere rias­sunta nella frase di Nikos Vou­tsis, ex mini­stro degli interni e pro­ba­bile nuovo pre­si­dente del par­la­mento, il quale ha ricor­dato ai suoi com­pa­gni di par­tito che «la sini­stra non è fatta per i com­piti facili, ma nean­che per sfug­gire alle dif­fi­coltà ed andare sul palco a soste­nere che si può fare tutto pre­mendo un unico bottone».
E men­tre Syriza e i Greci Indi­pen­denti stanno varando il loro nuovo ese­cu­tivo, il cen­tro­de­stra di Nuova Demo­cra­zia cerca di affron­tare una pro­fonda crisi.
Il risul­tato elet­to­rale è stato delu­dente, il par­tito è pra­ti­ca­mente rima­sto inchio­dato alle stesse per­cen­tuali dello scorso gen­naio e Van­ghe­lis Mei­ma­ra­kis ha deciso di dare subito il via al vaglio delle can­di­da­ture per l’elezione del nuovo pre­si­dente, con sei mesi di anti­cipo sulla data pre­vi­sta. Tra gli aspi­ranti alla lea­der­ship dei con­ser­va­tori greci dovrebbe esserci, secondo le prime indi­scre­zioni, anche Kyria­kos Mitso­ta­kis, ultra­li­be­ri­sta ex mini­stro della pub­blica ammi­ni­stra­zione e mem­bro di una delle tre fami­glie che hanno quasi mono­po­liz­zato la vita poli­tica del paese negli ultimi quarant’anni.

Approfondimento: Il voto evidenzia differenze di classe
di Dimitri Deliolanes

Un evi­den­tis­simo voto di classe: poveri, ceti medi impo­ve­riti e disoc­cu­pati, in gran parte con Syriza, ceti medi più abbienti e bene­stanti con Nuova Demo­cra­zia. È que­sto il risul­tato di tutte le ana­lisi del voto greco seg­gio per seg­gio e col­leg­gio per col­leg­gio rese pub­bli­che all’indomani delle elezioni.
Tenuto conto che la sola regione dell’Attica rap­pre­senta circa la metà del corpo elet­to­rale, Syriza ha man­te­nuto e in alcuni casi per­fino raf­for­zato la sua forza nel secondo col­le­gio elet­to­rale di Atene, l’enorme peri­fe­ria della capi­tale, il più grande del paese, che da solo elegge ben 44 seggi. Indi­ca­ti­va­mente: nei quar­tieri popo­lari Peri­steri, Ilion e altri Syriza ha supe­rato il 38%, men­tre il cen­tro­de­stra è rima­sto al 19%. Syriza si è raf­for­zato anche nella peri­fe­ria del Pireo, in par­ti­co­lare a Kera­tsini, il quar­tiere ope­raio dove è stato assas­si­nato il rap­per Pavlos Fys­sas e dove Syriza è arri­vato al 43%.
Invece nei quar­tieri resi­den­ziali di Atene, Kifi­sia, Ekali, è netta la pre­va­lenza di Nuova Demo­cra­zia, che supera di regola il 30% e prende voti da tutti i par­titi minori, ma anche un bel 8% da chi aveva votato Syriza a gen­naio. La destra, anche se ha perso, si è pre­sen­tata con una mag­giore com­pa­tezza dei suoi elet­tori, l’88,6%, men­tre Syriza è riu­scita a com­pat­tare solo il 70% dei suoi elet­tori e que­sto appena negli ultimi due o tre giorni prima dell’apertura delle urne, pro­ba­bil­mente gra­zie all’ultimo comi­zio di Ale­xis Tsipras.
La dif­fe­renza di classe, ele­mento di fondo di que­sto risul­tato, emerge anche nella qua­li­fica degli elet­tori dei due grandi schie­ra­menti. Gli elet­tori di Syriza sono per il 30,7% agri­col­tori, dipen­denti pri­vati (33,5%) e pub­blici (33,9%) e disoc­cu­pati (39%). Nuova Demo­cra­zia domina tra i pro­fes­sio­ni­sti (38%) e gli impren­di­tori (58%), le casa­lin­ghe (36,3%) e i pen­sio­nati (39%). Syriza è primo tra i gio­vani (37,3%) e le donne (36%) men­tre il cen­tro­de­stra domina tra gli elet­tori oltre i 55 anni.
L’astensione col­pi­sce Syriza
L’astensione La carta elet­to­rale che emerge appare poco cam­biata rispetto alle ele­zioni di gen­naio e i cam­bia­menti riguar­dano prin­ci­pal­mente la sini­stra. Come già si sospet­tava, l’impressionante asten­sione ha col­pito prin­ci­pal­mente Syriza, che ha perso in que­sta dire­zione circa il 30% dei suoi elet­tori, men­tre ha pre­fe­rito spo­starsi verso i dis­si­denti di Unità Popo­lare solo il 6% degli elet­tori di gen­naio. Con­si­stente è stata anche l’astensione dovuta a ragioni tec­ni­che o di costi.
Record di asten­sione è stato rag­giunto a Flo­rina, ai con­fini con la Mace­do­nia ex jugo­slava, con il 47%, e nelle isole, cioè in una città par­ti­co­lar­mente lon­tana dai quelli che sono i grandi cen­tri urbani e in isole rag­giun­gi­bili pagando un costo ele­vato (spe­cial­mente durante la sta­gione estiva) per il tra­ghetto. Pro­ba­bil­mente anche l’emergenza pro­fu­ghi ha svolto qual­che ruolo, spe­cial­mente a Flo­rina e nelle isole dell’Egeo. Ma gli ana­li­sti ripor­tano che anche l’assenza di voto di pre­fe­renza può aver sco­rag­giato una parte dell’elettorato.
Creta con Alexis
For­tezza elet­to­rale della sini­stra con­ti­nua a essere l’isola di Creta, una volta grande elet­trice socia­li­sta: nel col­le­gio di Ira­klio, dove era can­di­dato pro­prio Ale­xis Tsi­pras, si è rag­giunto il 47% men­tre in tutta l’isola il risul­tato è stato del 38%. Ma anche a Salo­nicco — quella del pro­gramma ale­tr­na­tivo di Syriza -, la seconda città della Gre­cia, Syriza ha otte­nuto il 32,2% e a Patrasso (dove c’è l’unico sin­daco comu­ni­sta) il 42,8%. Indice che il par­tito del pre­mier ha smesso defi­ni­ti­va­mente di essere un par­tito «ate­niese», come era nel decen­nio pre­ce­dente. E come invece è rima­sta Unità Popo­lare, che ha otte­nuto il 68% dei con­sensi nela capi­tale e il resto nelle altre due grandi città del paese.
Nuova Demo­cra­zia ha man­te­nuto, ma con per­dite, le sue for­tezze tra­di­zio­nali: la regione di Kala­mata, nel Pelo­pon­neso, l’Epiro cen­trale, la Tra­cia, e poche altre. In que­sta ultima regione al con­fine con la Tur­chia si è gio­cato anche un sot­tile gioco geo­po­li­tico, dal momento che ci vive una mino­ranza musul­mana di circa 300 mila per­sone, oggetto di una corte spie­tata da parte di Ankara. Nel col­le­gio di Rodopi tutti e tre i seggi sono andati a can­di­dati musul­mani, due di Syriza e uno di To Potami, lasciando la mag­gio­ranza cri­stiana senza rappresentanza.
La destra ha accu­sato la sini­stra per aver posto in testa alla lista due can­di­dati musul­mani, raf­for­zando così il potere clien­te­lare di Ankara presso la mino­ranza. Ma è dalle ele­zioni euro­pee dell’anno scorso che l’organizzazione locale di Syriza si è sostan­zial­mente auto­no­miz­zata dalla dire­zione, impo­nendo i suoi candidati.

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