La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 19 agosto 2015

Julian Assange e il valore di WikiLeaks: sovvertire le illusioni

 
di Norman Solomon
Tre anni dopo che il governo dell’Ecuador ha garantito asilo politico a Julian Assange nella sua piccola ambasciata al piano terra a Londra, il fondatore di WikiLeaks è ancora lì – al di là della portata del governo il cui vice presidente, Joe Biden, lo ha etichettato come “terrorista digitale.” L’amministrazione Obama vuole Assange in una prigione degli Stati Uniti, coì che l’unico topo che potrebbe vedere, si muoverebbe freneticamente sul pavimento di una cella di isolamento.
Al di sopra e al di là della libertà personale di Assange, ciò che c’è in gioco è l’impunità degli Stati Uniti e dei loro alleati di ridurre la trasparenza a un concetto mitico, con la democrazia che è più retorica della realtà. Dall’epoca della Guerra del Vietnam a oggi – dai bombardamenti aerei e dalla tortura, fino ai disastri ecologici e alle truffe finanziarie che trasferiscono miliardi di dollari in tasche private – la segretezza autoritaria che nasconde al pubblico realtà fondamentali, ha fatto vasti danni. Per forza le élite economiche e politiche disprezzano WikiLeaks per le sue rivelazioni.

Negli scorsi cinque anni, cioè fin dalla diffusione del famigerato video “Omicidio Collaterale”,http://espresso.repubblica.it/visioni/cultura/2010/07/06/news/julian-il-terrore-del-pentagono-1.22838 il mondo è cambiato in vari modi riguardo alle possibilità democratiche, con WikiLeaks come catalizzatore. E’ tristemente appropriato il fatto che Assange sia così riprovato e oltraggiato da così tante persone ai livelli più alti dei governi, delle enormi imprese commerciali e dei mass media. Per delle realtà così potenti, la fuga di notizie veramente informative che arrivano al pubblico sono piaghe che dovrebbero essere cancellate il più possibile.
In particolare, nei mass media statunitensi, Assange è spesso messo nello stesso gruppo delle “talpe”. Di fatto è un direttore ed editore di giornali. In acuto contrasto con così tante persone ai massimi livelli dei media sostenuti dalle grosse imprese e dalle catene governative di prodotti alimentari, Assange insiste che la democrazia richiede il “consenso di coloro che vengono governati” per essere consenso “informato”.Mentre le élite potenti lavorano 24 ore al giorno per 7 giorni per ottenere di continuo il consenso noninformato dei governati, WikiLeaks ha interessi opposti.
Le genuina libertà giornalistica esiste soltanto nella misura in cui è assente la censura palese e acquisita. Specialmente in una società come quella degli Stati Uniti con durature libertà di stampa (il Primo Emendamento è ferito e ammaccato, ma ancora in piedi), la massima zona di guerra della propaganda è tra le orecchie della gente. Ci si è arresi spesso senza volerlo e senza saperlo. Sventolare la bandiera bianca davanti agli attacchi della propaganda dominante serve soltanto a far morire la democrazia.
Julian Assange ha effettivamente insistito che un altro mondo dei media è possibile e che lo stato della guerra sostenuta dalle grosse aziende è inaccettabile. Non casualmente, il governo degli Stati Uniti vuole catturare Assange e rinchiuderlo nella cella di una prigione, dove sarebbe irraggiungibile.
La settimana scorsa, in Svezia, sono andate in prescrizione la maggior parte, ma non tutte, le accuse contro Assange di aggressioni sessuali. Tuttavia, osserva Assange, “Non sono stato incriminato.” E il governo della Svezia – mentre sostiene che è molto interessato a rispettare le sue leggi – ha rifiutato di limitare lo scopo legale al suo processo giudiziario.
Come riferisce la BBC: “Assange ha cercato asilo tre anni fa per evitare l’estradizione in Svezia, per la paura che sarebbe stato poi mandato negli Stati Uniti e processato per aver diffuso documenti americani segreti.” Strettamente allineato a Washington, il governo svedese si rifiuta di promettere che non consegnerebbe Assange al governo degli Stai Uniti per l’estradizione.
Julian Assange ha trascorso più tempo prigioniero nelle piccole stanze dell’ambasciata, senza potere uscire all’aria o fare attività fisica, e contro la legge internazionale, rispetto a quello che avrebbe mai passato in una prigione svedese in base a quelle accuse,” dice uno dei suoi avvocati, Helena Kennedy.
Mentre i capi di governo hanno ampi motivi per impalare la sua immagine sulle punte di lancia dei media e metterlo in prigione per decenni, molti giganti delle grosse aziende – compresi i venerati miliardari della Silicon Valley – non sono disposti a essere più gentili. L’entità dei loro impegni senza sosta all’avidità anti-democratica, è stata brillantemente analizzata nel libro di Assange del 2014, intitolato: When Google Met WikiLeaks [Quando Google incontrò WikiLeaks].
“Le aspirazioni geopolitiche di Google sono saldamente invischiate all’interno dell’agenda di politica estera della maggiore superpotenza del mondo,” ha scritto Assange. “Mentre cresce il monopolio della ricerca di Google e il suo servizio per internet, e mentre questo allarga il suo cono di sorveglianza industriale per coprire la maggior parte della popolazione mondiale, dominando rapidamente il mercato dei telefoni cellulari e gareggiando per estendere l’accesso a internet, nel sud globale, Google sta costantementediventando l’internet per molte persone. La sua influenza sulle scelte e sul comportamento della totalità dei singoli esseri umani si traduce in potere reale per influenzare il corso della storia.
In quanto al coraggio – troppo spesso è materia di leggende disorientanti sugli eroi messi su un piedistallo – le osservazioni di Assange potrebbero aiutarci ad comprendere in che modo il coraggio può essere gradualmente raccolto da dentro noi stessi. Vale la pena riflettere: “Il coraggio non è l’assenza della paura. Soltanto gli sciocchi non hanno paura. Il coraggio, invece, è la padronanza della paura comprendendo i veri rischi e le opportunità della situazione e il mantenendo le cose in equilibrio.”
Assange ha aggiunto: “Non si tratta semplicemente di avere un pregiudizio su quelli che sono i rischi, ma si tratta di controllarli realmente. Ci sono miti di tutti i tipi che circolano riguardo a che cosa può essere fatto e a che cosa non può essere fatto. E’ importante controllare. Non si testa saltando da un ponte. Lo si prova saltando da uno sgabellino, e poi saltando da una cosa un po’, più alta e ancora un po’ più alta.
Mentre gli facevo visita lo scorso autunno, un paio di mesi fa, ho trovato Assange non meno acuto durante le conversazioni informali. Questa è una persona pericolosa, per parole e fatti – pericoloso per i piani di azione sovrapposti delle grosse aziende e dei governi che le servono – pericoloso per coloro che costantemente ottengono grossi profitti dalla guerra, dalle iniquità di vasta portata e dal saccheggio del pianeta.
Norman Solomon è direttore esecutivo dell’Institute for Public Accuracy, ed è l’autore di “War Made Easy: How Presidents and Pundits Keep Spinning Us to Death” [La guerra spiegata al popolo: come i presidenti e i guru continuano a manipolarci a morte]. E’ co-fondatore di RootsAction.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/julian-assange-and-the-value-of-wikileaks-subverting-illusions
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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