La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 22 settembre 2015

Come t’invento la manovra espansiva

di Roberto Romano
L’alleggerimento della mano­vra eco­no­mica per il 2016, secondo Renzi quasi un punto di Pil –17 mld -, per­met­te­rebbe di rea­liz­zare una mano­vra espan­siva. Nella spe­ranza che la Com­mis­sione Euro­pea con­ceda l’utilizzo delle fles­si­bi­lità di bilan­cio san­cite il 13 gen­naio 2015, è evi­dente che l’alleggerimento del defi­cit dal 1,8% a 2,2% del Pil per il 2016, forse 2,4% se la que­stione immi­grati trova una solu­zione euro­pea, assieme al posti­cipo del pareg­gio di bilan­cio di un anno, sono il risul­tato della con­trat­ta­zione di Padoan con la Com­mis­sione Europa.
In altri ter­mini, la mano­vra espan­siva, sem­pre che si tratti di una mano­vra espan­siva, non vale più di 8 mld. Infatti, una parte delle risorse è già stata uti­liz­zata nel 2015 (0,4% del Pil), men­tre la restante quota di fles­si­bi­lità è tutta da acqui­sire. Si tratta di un ulte­riore 0,1% di Pil per le riforme strut­tu­rali (Jobs Act, decon­tri­bu­zione), 0,3% di PIL per nuovi inve­sti­menti e 0,2% di PIL per il dramma degli immi­grati. Al netto degli immi­grati, al momento non c’è una solu­zione con­di­visa, l’alleggerimento delle clau­sole di sal­va­guar­dia, 16,8 mld per il 2016 e 26,2 mld per il 2017, cioè l’aumento dell’Iva e/o tagli di spesa equi­va­lente, è stata risolta con la fles­si­bi­lità euro­pea e con tagli di spesa più con­te­nuti (8 mld).
Quindi la mano­vra espan­siva è par­ziale e, sostan­zial­mente, non vera. L’aspetto ine­dito è la con­ta­bi­liz­za­zione della par­ziale disat­ti­va­zione delle clau­sole di sal­va­guar­dia.
Secondo il governo per­met­terà una cre­scita del PIL dello 0,2% che, in sostanza, è uguale alla revi­sione di cre­scita del Pil per il 2016 dall’1,4 a all’1,6%. Ma c’è un trucco. La par­ziale disat­ti­va­zione della clau­sola di sal­va­guar­dia ha ridotto l’impatto nega­tivo dei prov­ve­di­menti in essere: invece di cadere alla velo­cità di 100 chi­lo­me­tri orari, ora cadiamo alla velo­cità di 80 chi­lo­me­tri orari, cioè regi­striamo un miglio­ra­mento di 20 chi­lo­me­tri orari.
Pec­cato che alla fine della caduta tro­viamo sem­pre lo stesso osta­colo. Mi rendo conto che stiamo par­lando dello 0,2%, segno dei tempi e delle poli­ti­che di auste­rità euro­pee, ma die­tro que­ste misure si nasconde la solita idea: la ridu­zione delle tasse e l’equivalente taglio di spesa pub­blica fanno cre­scere il Pil. Siamo nel campo dell’austerità espan­siva. Pec­cato che il red­dito aggiun­tivo delle fami­glie non è speso inte­ra­mente. Una parte è rispar­miato, cioè non consumato.
Quindi, la cre­scita del Pil legata alla ridu­zione delle tasse è infe­riore al man­te­ni­mento della spesa pub­blica in essere. Un conto è redi­stri­buire red­dito, un altro è tagliare le tasse, cioè il cor­re­spet­tivo dei ser­vizi resi ai cit­ta­dini. Nel frat­tempo la poli­tica non cam­bia. Renzi pro­pone di ridurre le tasse sulla prima casa, ter­reni agri­coli e i così detti mac­chi­nari imbul­lo­nati, con la pro­spet­tiva di ridurre le impo­ste sugli utili di impresa. Come finan­zia la misura? Come già ricor­dato le fles­si­bi­lità euro­pee aiu­tano, ma il governo rie­sce a supe­rarsi. Il Def deli­nea un defi­cit ten­den­ziale per il 2016 pari a 1,4% del Pil, cioè un signi­fi­ca­tivo miglio­ra­mento rispetto al valore del defi­cit pro­gram­ma­tico dell’1,8%. Cosa fac­ciamo di que­sto denaro? Con­ti­nuiamo a ridurre le tasse di un ulte­riore 0,4% di PIL.
In altri ter­mini, l’unica poli­tica eco­no­mica del governo è quella della ridu­zione delle tasse, nono­stante i vin­coli appena ricor­dati a pro­po­sito del com­por­ta­mento delle fami­glie ogni qual volta hanno un euro in più da spen­dere. Senza sin­da­care le scelte già fatte, che meri­te­reb­bero una discus­sione a parte, almeno per il pub­blico impiego e la pre­vi­denza, que­ste risorse aggiun­tive (0,4% di Pil) pote­vano essere uti­liz­zate in modo più effi­cace. Per esem­pio pote­vamo miglio­rare la strut­tura pro­dut­tiva cer­cando di miglio­rare la sua spe­cia­liz­za­zione che non sod­di­sfa nem­meno la domanda interna; rea­liz­zare delle micro opere per met­tere in sicu­rezza il ter­ri­to­rio; miglio­rare e/o allar­gare un po’ lo stato sociale.
Il governo poteva agire delle poli­ti­che eco­no­mi­che pro-cicliche più effi­caci, ma sce­glie di rima­nere un «servo sciocco» dei luo­ghi comuni. Inventa risorse finan­zia­rie e nuove nar­ra­zioni, ma si tratta sem­pre della solita favola.

Fonte: il manifesto

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