La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 20 settembre 2015

Il futuro della guerra e della pace in gioco nelle strade del Giappone

di David Swanson
Gli Stati Uniti e i loro alleati europei hanno dato il via a guerre contro il Medio Oriente che hanno creato un’enorme crisi di rifugiati. Le stesse nazioni stanno minacciando la Russia. La questione di mantenere la pace con l’Iran è sulla punta della lingua di tutti. Anche in Asia e nel Pacifico, per non parlare dell’Africa, il più grosso sviluppo militare è quello degli Stati Uniti.
Perché allora il Giappone, tra tutti i luoghi, è quello che ha strade piene di dimostrazioni contro la guerra per la prima volta dalla guerra degli Stati Uniti al Vietnam? Non intendo le solite proteste a Okinawa delle basi americane. Intendo le proteste giapponesi contro il governo giapponese. Perché? Chi ha bombardato il Giappone? E perché dico che il futuro della guerra e della pace nel mondo è in gioco in Giappone?
Risaliamo un po’all’indietro. Il Giappone ha attraversato un periodo di relativa pace e prosperità tra il 1614 e il 1853. Le forze armate statunitensi hanno costretto il Giappone ad aprire al commercio e lo hanno addestrato come socio meno anziano Nell’imperialismo, una storia raccontata bene nel libro: The Imperial Cruise [La crociera imperiale], di James Bradley. Il partner meno anziano ha scelto di non restare tale, sfidando il predominio statunitense nella II Guerra Mondiale.
Alla fine della II Guerra Mondiale, coloro che avevano perso la guerra in Giappone e in Germania, furono processati per un atto che era stato perfettamente legale fino al 1928, l’atto di fare guerra. Nel 1928, il movimento globale per la pace, guidato dal movimento statunitense per la Proscrizione della Guerra, crearono il Patto Kellog-Briand, il trattato che proibisce ogni guerra, un trattato al quale oggi quasi tutte le nazioni aderiscono. Questa è una storia che racconto nel mio libro: When the World Outlawed War [Quando il mondo dichiarò fuori legge la guerra].
Ora si può discutere il successo generale che ha avuto finora e in futuro il Patto Kellog-Briand. Ha evitato le guerre, ha stigmatizzato la guerra, ha reso la guerra un crimine che può essere perseguito in tribunale (almeno contri gli sconfitti), e la III Guerra mondiale non si è ancora verificata. Ma le guerre fatte dalle nazioni ricche contro quelle povere procedono bene. Il patto stesso, naturalmente non prevedeva di abolire la guerra di per sé, uno livello a cui nessuno mette qualsiasi altra legge.
Il successo giapponese del Patto Kellog-Briand è una faccenda diversa. Alla fine della II Guerra mondiale, Kijuro Shidehara, diplomatico giapponese, attivista e nuovo primo ministro, chiese al Generale Douglas MacArthur di mettere fuori legge la guerra in una nuova costituzione giapponese. Il risultato fu l’Articolo Nove della Costituzione giapponese, la cui formulazione è quasi identica a quella del Patto Kellog-Briand.
Il Giappone, che era stato per secoli senza una guerra, avrebbe continuato così per altri 70 anni. Coloro che hanno dichiarato fuori legge la guerra negli anni ’20 non avrebbero mai immaginato che la loro opera sarebbe stata imposta a una nazione conquistata da un generale dominatore. Ma avrebbero potuto immaginare che sarebbe stata accettata dai giapponesi. Se l’Articolo 9 non era chiaramente proprietà degli stessi giapponesi nel 1947, lo fu nel 1950. In quell’anno, gli Stati Uniti chiesero al Giappone di eliminare l’Articolo 9 e di entrare in una nuova guerra contro la Corea del Nord. Il Giappone si rifiutò.
Quando arrivò la Guerra Americana (in Vietnam), gli Stati Uniti fecero la stessa richiesta al Giappone di abbandonare l’Articolo Nove, e il Giappone rifiutò di nuovo. Il Giappone, tuttavia, permise agli Stati Uniti di usare le basi in Giappone, malgrado enormi proteste da parte dei giapponesi.
Il Giappone si rifiutò di entrare nella Prima Guerra del Golfo, ma fornì appoggio simbolico facendo rifornimento di carburante alle navi per la Guerra all’Afghanistan (che il primo ministro giapponese disse apertamente che era un problema di condizionare i giapponesi per guerre future). Il Giappone riparò le navi e gli aerei americani nel suo paese durante la Guerra del 2003 all’Iraq, sebbene non sia stato mai spiegato il motivo per cui una nave o un aereo che ce la facevano ad andare dall’Iraq al Giappone e viceversa, avessero bisogno di riparazioni.
Ora, su esortazione degli Stati Uniti, il Primo ministro giapponese Shinzo Abe, sta cercando di eliminare formalmente l’Articolo 9, oppure di “reinterpretarlo” per indicare il suo opposto. E i giapponesi, a loro eterno merito, sono nelle strade a difendere la loro costituzione e la loro cultura della pace.
Nel frattempo, gli statunitensi, con circa il 50% del loro cinema di intrattenimento popolare (in base a una mia stima non scientifica), basato sul dramma di bene e male della II Guerra Mondiale, non soltanto non sono nelle strade, ma non sono neanche in contatto con il mondo. Non hanno idea che stia accadendo questo. E se, fra 50 anni, un Giappone pesantemente militarizzato attaccherà la Hawaii, il popolo degli Stati Uniti continuerà a non avere idea di come sia successo.
Ci sono pacifisti in tutto il mondo che lottano per sostenere l’dea che una nazione moderna può vivere senza guerra. Il Giappone è un esempio importante, con alcuni limiti ovvii, del modo in cui questo si possa fare. Non possiamo permetterci di perdere il Giappone come modello di pace. Non possiamo permetterci di sentire dai belligeranti, fra cinque anni, che la guerra si è dimostrata inevitabile con il ritorno dei giapponesi alla guerra. Non possiamo permetterci di sentire, fra dieci anni, che le Nazioni Unite danno il merito al Giappone del servizio umanitario di proteggere la gente bombardandola. Non possiamo permetterci, dopo 20 anni da adesso, di sentire che il Pentagono deve essere consolidato per proteggerci dai cattivi giapponesi.
Adesso, invece, non dopo, ma proprio adesso, sarebbe un buon momento in cui svegliarsi e valutare che cosa ha ottenuto il Giappone. Ora sarebbe un momento ideale per ricordare che l’Articolo 9 del Giappone era già e rimane la legge della terra nelle altre nostre nazioni in tutto il testo del Patto Kellog-Briand. Cominciamo a obbedire alla legge.
Va dato molto merito a David Rothauser per il suo film Article 9 Comes to America [L’articolo 9 arriva in America], e perché sarà mio ospite la settimana prossima su del programma Talk Nation Radio.
Originale: non indicato
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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