La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 19 agosto 2015

Una notte al museo

di Valentina Porcheddu
Il 17 ago­sto Dario Fran­ce­schini ha annun­ciato, tra­mite il suo account Twit­ter, il com­ple­ta­mento delle pro­ce­dure per la nomina dei venti diret­tori dei più grandi musei ita­liani: «Si volta pagina», ha affer­mato il mini­stro. Ben­ché l’aspettativa di col­mare «decenni di ritardi» con un con­corso di por­tata inter­na­zio­nale fosse ardua da sod­di­sfare, ieri abbiamo quasi cre­duto di poterci risve­gliare in un paese dove il merito non è una parola vuota buona per tutte le occa­sioni e deciso a resti­tuire dignità al patri­mo­nio archeo­lo­gico e arti­stico, attra­verso «l’investitura» delle pro­fes­sio­na­lità più ido­nee a con­ser­varlo e pro­muo­verlo. Invece, dopo le accese pole­mi­che estive che hanno riguar­dato i fondi per la rico­stru­zione dell’arena del Colos­seo, l’anastilosi delle colonne del Tem­pio della Pace ai Fori Impe­riali e la man­canza di per­so­nale a Pom­pei, per il Mibact non è ancora tempo di suc­cessi incondizionati.
Il bando per la sele­zione dei «super-direttori» era stato lan­ciato lo scorso gen­naio, allo scopo di aprire l’Italia a can­di­da­ture di altis­simo livello pro­ve­nienti anche dall’estero. Tut­ta­via, la pub­bli­ca­zione delle nomine – effet­tuate in ultima istanza dal mini­stro Fran­ce­schini per i sette musei di I fascia e dal Diret­tore Gene­rale Musei Ugo Sora­gni per quelli di II fascia – suscita per­ples­sità e ben più di un inter­ro­ga­tivo sul rispetto dei cri­teri di scelta pre­vi­sti dal decreto «rivoluzionario».
Se, infatti, uno dei prin­cìpi car­dine per l’ammissione alle prove non­ché cri­te­rio di peso asso­luto nella valu­ta­zione era la «spe­ci­fica espe­rienza pro­fes­sio­nale docu­men­tata nell’ambito della tutela, della gestione e della valo­riz­za­zione del patri­mo­nio cul­tu­rale», ci si chiede come mai nei cur­ri­cula di Car­melo Mala­crino e di Gabriel Zuch­trie­gel – rispet­ti­va­mente desi­gnati al Museo Archeo­lo­gico Nazio­nale di Reg­gio Cala­bria e al Parco Archeo­lo­gico di Pae­stum – non ci sia trac­cia di tali com­pe­tenze per il livello auspi­cato. Qua­ran­ta­quat­tro anni il primo, tren­ta­quat­tro il secondo, hanno entrambi un per­corso for­ma­tivo di qua­lità e pos­sono van­tare una discreta pro­du­zione scien­ti­fica, come d’altra parte migliaia di gio­vani ita­liani ed euro­pei (Zuch­trie­gel è tede­sco) che cer­cano lavoro nel campo dei beni culturali.
Tra i non ita­liani, spicca per la gio­vane età Gabriel Zuch­trie­gel, che andrà a diri­gere il parco archeo­lo­gico di Pestum. Nato a Wein­gar­ten, nel Baden-Wurttemberg, Zuch­trie­gel si è lau­reato in Archeo­lo­gia clas­sica, pre­i­sto­ria e filo­lo­gia greca alla Humboldt-Universitat di Ber­lino e ha poi con­se­guito con lode il Dot­to­rato di ricerca in Archeo­lo­gia clas­sica presso l’Università di Bonn. Agli Uffizi di Firenze andrà un altro tede­sco, Eike Sch­midt, sto­rico dell’arte. E «stra­nieri» sono anche molti altri diret­tori di musei e Pinacoteche.
Per tor­nare all’archeologia, qual è dun­que l’asso nella manica dei due eletti, la dote che fa la dif­fe­renza e che con­sen­tirà loro di gestire un polo archeo­lo­gico com­plesso come quello di Pae­stum (il Parco com­prende l’area archeo­lo­gica e il Museo Nar­rante del San­tua­rio di Hera Argiva alla Foce del Sele e il Museo Nazio­nale di Pae­stum, che ospita la cele­bre Tomba del Tuf­fa­tore) e un museo che non ha mai decol­lato mal­grado l’imponente pre­senza dei Bronzi di Riace?
Il cer­vello in fuga
Un ruolo di mana­ge­ment dei beni cul­tu­rali l’hanno già rico­perto, invece, Eva Degl’Innocenti e Paolo Giu­lie­rini, ai quali sono stati asse­gnati i Musei Archeo­lo­gici Nazio­nali di Taranto e Napoli. Degl’Innocenti è un ex cer­vello in fuga che rien­tra in Ita­lia. Un bell’investimento, senza dub­bio. Se non fosse che la bril­lante tren­ta­no­venne è spe­cia­li­sta di archeo­lo­gia medie­vale e arriva dal Cen­tro d’interpretazione Corio­so­lis della Comu­nità dei Comuni Plan­coët Plé­lan in Bre­ta­gna pas­sando per il Museo Nazio­nale Fran­cese del Medioevo di Parigi. Che ci fa dun­que a Taranto, città che ospita una delle più ric­che e splen­dide col­le­zioni di anti­chità magno-greche?
L’etruscologo
La stessa domanda sorge nello scor­rere il pro­filo scien­ti­fico di Giu­lie­rini (classe 1969): etru­sco­logo che dirige dal 2001 il Museo dell’Accademia Etru­sca e della Città di Cor­tona, è chia­mato ora alla testa del Museo di Napoli, da decenni vit­tima di accor­pa­menti e scor­po­ra­menti «poli­tici» con Pom­pei, il più pre­zioso scri­gno al mondo della roma­nità. Eppure, la «spe­ci­fica com­pe­tenza atti­nente le col­le­zioni e/o le rac­colte del museo o dei musei per i quali si è pre­sen­tata domanda» era un’altra delle basi fon­da­men­tali del con­corso. Viste le lam­panti incon­gruenze, la gio­vane età dei neo-direttori, le «quote-rosa» e l’introduzione di esperti stra­nieri non garan­ti­scono, pur essendo para­me­tri apprez­za­bili, la cor­ret­tezza e la cura delle scelte com­piute dal Mibact.
Ancora una volta, si perde di vista l’obiettivo prin­ci­pale, vale a dire tra­sfor­mare un patri­mo­nio archeo­lo­gico già di per sé attraente, in un’opportunità di cono­scenza e arric­chi­mento cul­tu­rale per tutti (addetti ai lavori, cit­ta­dini e turi­sti). Senza dimen­ti­care l’indotto eco­no­mico che potrebbe deri­vare dalla valo­riz­za­zione di musei e siti affi­dati a chi ne ha reali capa­cità di svi­luppo. Dopo aver con­fi­dato in una pos­si­bile svolta, abbiamo l’impressione di ritro­varci al solito «incro­cio» di spar­ti­zioni indi­scri­mi­nate d’incarichi. E se non ci sem­bra, come pro­cla­mato ieri da Fran­ce­schini, di assi­stere a un «pas­sag­gio sto­rico», ci augu­riamo almeno di non dover tor­nare – con le nuove «pedine» mini­ste­riali – fino alla casella di partenza.

Fonte: Il manifesto

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