di Federico Fuentes
Se Hugo Chavez non fosse morto nel 2013, l’ex presidente venezuelano
il 28 luglio avrebbe compiuto 61 anni. Tuttavia, anche se Chavez non c’è
più, la sua impronta indelebile sul panorama politico del Venezuela,
sopravvive.
Il 6 dicembre i venezuelani andranno alle urne per la ventesima volta
da quando Chavez era stato eletto presidente per la prima volta nel
1998. L’elezione di dicembre per l’Assembela Nazionale si avvia a
diventare un’altra fondamentale battaglia tra le forze che per 15 anni
hanno appoggiato o si sono opposte a Chavez.
Per le forze chaviste, la vittoria è vitale per la difesa e l’intensificazione della loro “rivoluzione bolivariana.”
Per l’opposizione, il successo rappresenterebbe un passo importante
verso la rimozione del successore di Chavez, Nicolas Maduro, o tramite
un referendum prima della scadenza del suo mandato nel 2016 o per mezzo
del possibile uso del parlamento per metterlo in stato di accusa.
Nella maggio parte dei paesi, le persone in carica devono fare i
conti con un prevalente umore anti-politico riflesso nella maggiore
mutevolezza dei votanti e nei più rapidi cambiamenti di governo.
Anche l’Australia, relativamente tranquilla, ha visto quattro diversi
governi nello scorso decennio.
Inoltre, se qualsiasi governo dovesse affrontare alcune delle
importanti sfide che affronta il governo di Maduro –come l’inflazione
che cresce a dismisura, la scarsità delle merci fondamentali e gli alti
tassi di criminalità, certamente si scommetterebbe che perdano la
loro maggioranza parlamentare.
Tuttavia, un sondaggio eseguito in giugno dall’Agenzia indipendente
Interlaces, di base a Caracas, ha rivelato che il 62% dei venezuelani
preferirebbe avere fiducia nell’attuale governo che correggere i loro
errori e risolvere alcuni di questi problemi.
Soltanto il 33% ha detto che preferirebbero trasferire il governo
all’opposizione e lasciare che si occupino delle difficoltà del paese.
Mentre è troppo presto per dire esattamente che cosa accadrà il 6
dicembre, il chavismo è indubbiamente diventato un elemento duraturo
del panorama politico del Venezuela.
La fine del vecchio sistema bipartitico
L’elezione di Chavez al potere ha segnato la fine di un sistema con
due partiti che per anni era sembrato resistere al cambiamento.
Durante la maggior parte della seconda metà del ventesimo secolo, due
principali partiti politici dominavano il sistema politico del
Venezuela: il Cristian democratico COPEI e il partito social democratico
denominato Azione democratica (AD).
Per assicurare il loro controllo sul sistema elettorale, i due
partiti hanno firmato un patto per cui, indipendentemente da chi avesse
vinto le elezioni future, entrambi i partiti avrebbero essenzialmente
realizzato lo stesso programma di governo e avrebbero considerato di
includere membri del partito avversario nel gabinetto.
Esclusa da qualsiasi reale potere nei prossimi 40 anni, c’era la maggioranza povera del Venezuela.
Delle crepe in questa facciata elettorale cominciarono a comparire
all’inizio degli anni novanta in seguito all’insurrezione popolare
conosciuta come il Caracazo, * un evento che molti indicano come il
punto di partenza della Rivoluzione Bolivariana.
Tuttavia era stata una decisione di Chavez candidarsi alla presidenza che ha fatto cadere l’intero edificio.
Chavez, che ottenne riconoscimento nazionale per via del suo ruolo in
una fallita ribellione militare nel 1992, iniziò la sua campagna come
estraneo e con l’appoggio di un partito messo insieme frettolosamente
che Chavez registrò dopo un anno dalle elezioni.
Tuttavia, il giorno delle elezioni Chavez era in testa e sia il COPEI
che l’AD ritirarono i loro candidati. Decisero invece di seguire un
altro candidato in un estremo tentativo di sconfiggere Chavez.
Da allora nessuno dei due vecchi partiti ha raccolto forza
sufficiente per presentare i propri candidati alla presidenza,
preferendo invece appoggiarne altri che consideravano potessero essere i
più probabili e seri sfidanti di Chavez.
Insieme hanno ottenuto meno del 10% dei seggi nelle scorse elezioni
dell’Assemblea Nazionale e hanno a malapena meritato una citazione
nelle elezioni più recenti riguardanti le preferenze dei votanti per il
partito.
Nella maggior parte dei paesi, sarebbe quasi impossibile immaginare
uno scenario in cui quasi da un giorno all’altro un nuovo partito ha
ottenuto la presidenza e ha relegato i partiti alla categoria di
‘altri” nel conteggio dei voti.
Perfino in Grecia, con la notevole ascesa di Syriza, il tradizionale
partito di destra, Nuova Democrazia, continua a essere il più grande
partito di opposizione e conserva un importante livello di supporto.
Tuttavia questo è esattamente ciò che è accaduto in Venezuela dove
le elezioni sono ora in gran parte polarizzate tra i partiti pro-Chavez,
particolarmente il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) che è
stato formato nel 2007, e una varietà di partiti dell’opposizione del
dopo 1998 raggruppati insieme nella Tavola di Unità Democratica (MUD –
Mesa de la Unidad Democrática).
Lo spostamento a sinistra
Mentre alcuni dicono che il vecchio sistema bipartitico è stato
sostituito da uno nuovo incentrato sul PSUV e sul MUD, si ignorano altri
due importanti cambiamenti accaduti nel panorama politico del
Venezuela.
Il primo è il rilevante spostamento a sinistra dello spettro politico totale.
Una serie di sondaggi ha dimostrato che dopo quasi due decenni di
governo chavista, la maggioranza dei venezuelani preferisce il
socialismo rispetto al capitalismo.
Questo spostamento si riflette anche nell’appoggio alle politiche che
sono generalmente che sono considerate come a sinistra del centro come
la proprietà statale dell’industria petrolifera, un maggior controllo
della comunità sugli affari locali, l’educazione e la sanità pubbliche
gratuite.
Questo è indubbiamente il risultato sia delle politiche attuate da
Chavez che del suo costante dialogo con la gente riguardo ai benefici
del socialismo.
In quanto tale, il “centro” politico del paese ha poco in comune con
le politiche accettate dai partiti di centro in altri paesi.
Il miglior esempio di questo spostamento è l’opposizione venezuelana
che ha riconosciuto la necessità di cambiare nome per piacere alla
maggioranza.
Lasciando da parte le reali politiche dell’opposizione, nessuno dei
loro candidati è disponibile a continuare apertamente con il tipo di
piattaforme favorevoli all’austerità e al neo-liberalismo comuni a tutta
Europa e agli Stati Uniti.
Invece mettono l’accento sulla promessa si continuare in molte delle
politiche dell’era di Chavez cui in precedenza si erano opposti,
eliminando contemporaneamente la “corruzione” e la “burocrazia”,
esattamente i problemi che sollevavano i settori critici nell’ambito del
chavismo.
Nelle elezioni presidenziali del 2012, uno dei principali slogan del
candidato del MUD, Henrique Capriles, era “votate a sinistra e dal
basso”. Mentre lo slogan si riferiva alla posizione dei candidati sulla
scheda elettorale, era un chiaro tentativo di presentare Capriles come
una specie di candidato di sinistra.
Quando Capriles si era candidato contro Maduro nel 2013,aveva
tentato di evitare di attaccare Chavez e ha anche adottato parte dello
stile e dei discorsi della propaganda di Chavez. Allo stesso tempo,
l’opposizione cercava di fare una distinzione tra Chavez e Maduro per
mezzo dello slogan: “Maduro non è Chavez”.
I politici di destra hanno perfino adottato il loro aspetto.
Pochi dei più importanti personaggi dell’opposizione vanno in giro
ostentando i loro completi. Capriles invece compare regolarmente alle
conferenza stampa non rasato e con una giacca della tuta da ginnastica
decorata con la bandiera venezuelana.
Con Chavez la politica si era spostata così tanto a sinistra che
anche apparendo o parlando come un politico vecchio stile, non parliamo
poi di sposare le loro politiche o di partecipare nella lista dei
candidati del loro partito, era sufficiente a perdere il sostegno.
Un nuovo protagonista politico
Il cambiamento finale e il più importante, nel panorama politico
venezuelano è stata la comparsa del Chavismo come forza politica
organizzata.
Malgrado le previsioni che la rivoluzione bolivariana si sarebbe
esaurita senza Chavez, due anni dopo la sua morte il Chavismo è ancora
la forza politica più importante del paese.
Prova di questo è che nessun altro partito da solo arriva quasi a
poter essere allo stesso livello di supporto che conserva il PSUV. E’
precisamente questa realtà che tine unita l’opposizione che ha aspre
divisioni, dato che riconoscono che l’unica speranza che hanno di
vincere le elezioni è di presentarsi insieme.
La spiegazione di questo appoggio in corso è che il Chavismo non è
mai stato semplicemente un progetto basato su un uomo, anche se
importante come era Chavez.
Invece Chavez è servito da catalizzatore per la maggioranza povera
esclusa del Venezuela per intervenire direttamente nell’arena politica.
L’elezione di Chavez ha rappresentato un trabocco della lotta
sociale dei popoli dentro un’arena politica in precedenza riservata
all’élite del Venezuela.
Malgrado tutti i tentativi dell’opposizione di rovesciare Chavez,
questa forza politica radicata nella maggioranza povera del Venezuela,
si è mobilitata nell’ambito dello stato e nelle strade per difendere la
rivoluzione bolivariana e per far andare avanti i suoi obiettivi
rivoluzionari.
La morte di Chavez nel 2013 è ovviamente stato un notevole colpo a
questo progetto politico e potrebbe certo subire anche future battute
d’arresto, compresa la perdita del potere del governo.
Tuttavia ci sono scarse prove per indicare che la maggioranza povera
del Venezuela stia progettando di ritirarsi dall’arena politica o di far
esaurire la rivoluzione bolivariana.
Indipendentemente da chi stia al governo, dovranno confrontarsi con
una forza con i poveri politicizzati e organizzati che non vogliono
ritornare al Venezuela del passato semicoloniale.
Originale: teleSUR English
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
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