di Lidia Baratta
Siamo ancora i più “indisciplinati” d’Europa, insieme a Grecia e Spagna. A fine 2014, a carico dell’Italia erano aperte 89 procedure di infrazione delle norme europee. Lo stesso numero di quelle greche e una in più di quelle spagnole. Cifra che nei primi sette mesi del 2015 è salita a 99, dopo che la Commissione europea il 16 luglio ha deciso di archiviare quattro procedure a nostro carico, aprendone però altre cinque. Molte procedure riguardano le tematiche ambientali e sono vecchie anche di decenni. Con il risultato che l’Italia è tra i Paesi che pagano di più le sanzioni imposte dall’Ue. Solo nel 2012 ci sono costate la cifra record di 120 milioni. Nel 2014 per i ritardi sul trattamento dei rifiuti la Corte di giustizia ha ordinato all’Italia il pagamento di 40 milioni più altri 42,8 milioni per ogni sei mesi di ritardo. La Grecia nello stesso anno ha pagato meno della metà. E secondo Palazzo Chigi le mancate opere su depuratori e reti fognarie, dopo l’ulteriore recente infrazione, dal 2016 potrebbero costarci oltre 480 milioni di euro di multe all’anno.
Siamo ancora i più “indisciplinati” d’Europa, insieme a Grecia e Spagna. A fine 2014, a carico dell’Italia erano aperte 89 procedure di infrazione delle norme europee. Lo stesso numero di quelle greche e una in più di quelle spagnole. Cifra che nei primi sette mesi del 2015 è salita a 99, dopo che la Commissione europea il 16 luglio ha deciso di archiviare quattro procedure a nostro carico, aprendone però altre cinque. Molte procedure riguardano le tematiche ambientali e sono vecchie anche di decenni. Con il risultato che l’Italia è tra i Paesi che pagano di più le sanzioni imposte dall’Ue. Solo nel 2012 ci sono costate la cifra record di 120 milioni. Nel 2014 per i ritardi sul trattamento dei rifiuti la Corte di giustizia ha ordinato all’Italia il pagamento di 40 milioni più altri 42,8 milioni per ogni sei mesi di ritardo. La Grecia nello stesso anno ha pagato meno della metà. E secondo Palazzo Chigi le mancate opere su depuratori e reti fognarie, dopo l’ulteriore recente infrazione, dal 2016 potrebbero costarci oltre 480 milioni di euro di multe all’anno.
Nel 2014 le segnalazioni arrivate a Bruxelles sull’Italia per l’apertura di infrazioni sono state 475,
soprattutto su tematiche lavorative e ambientali. Delle 99 procedure
attualmente aperte, 75 riguardano la violazione del diritto dell’Unione e
24 il mancato recepimento delle direttive europee. Si va dalla mancata
attuazione nell’ordinamento italiano della direttiva che stabilisce
l’obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte
di petrolio, al mancato rispetto di due direttive di regolamentazione e
tracciabilità del mercato dei prodotti pirotecnici fino al non
recepimento della direttiva che regola le importazioni di cani, gatti e
furetti. Ma ci sono anche, e in fase avanzata, la non corretta
applicazione direttiva su condizioni minime per la protezione delle
galline ovaiole e il mancato recupero degli aiuti concessi per i
contratti di formazione lavoro. L’ultima procedura di infrazione che
rischiamo è quella sul divieto d’uso del latte in polvere nella
produzione di formaggi.
La maggior parte delle infrazioni è concentrato su temi ambientali (18), trasporti (12) e fiscalità (8). Molte delle procedure sono nella fase di messa in mora
(56), ossia la fase pre-contenzioso in cui la Commissione Ue concede
allo Stato due mesi per presentare le proprie osservazioni su un
inadempimento segnalato. Se lo Stato non risponde alla lettera di messa
in mora entro la scadenza indicata o fornisce risposte non
soddisfacenti, con un parere motivato la Commissione
chiede allo Stato di porre fine all’inadempimento entro un dato termine.
In questa seconda fase si trovano a oggi 27 procedure di infrazione,
comprese quelle sui precari nella scuola pubblica e l’incompatibilità
della legge Gasparri sulla televisione con la direttiva quadro europea.
Se neanche le ulteriori scadenze vengono rispettate, la Commissione può presentare ricorso per inadempimento alla Corte di giustizia della Comunità europea contro
lo Stato membro. I ricorsi contro l’Italia al momento sono sette, di
cui due sono state sospesi. In fase di decisione di ricorso c’è la
procedura di infrazione sul regime delle quote latte per violazione del
diritto europeo. Dopo il ricorso, la Corte di giustizia accerta,
attraverso una sentenza, l’inosservanza da parte dello
Stato di uno degli obblighi imposti dall’Unione e chiede allo Stato
membro di riparare. Se lo Stato non si conforma alla sentenza di
inadempimento, la Commissione può deferirlo al giudizio della Corte di
Giustizia e chiedere il pagamento di una sanzione. Insomma,
prima che si arrivi al pagamento c’è tutto il tempo per correre ai
ripari. Ma a carico dell’Italia sono aperte infrazioni che durano da più
di dieci anni e che ancora non sono state risolte.
Le sanzioni consistono in una somma forfetaria e in una penalità di
mora, adeguate alla gravità e alla persistenza dell'inadempimento. Le
cifre indicate dalla Commissione per l’Italia ammontano a un minimo 8.854.000 euro per la somma forfetaria per ogni infrazione. A questa cifra bisogna aggiungere le penalità di mora, che oscillano da 10.880 a 652.800 euro al giorno.
Nonostante le migliaia di infrazioni avviate dalle istituzioni Ue
contro gli stati membri, solo una decina si sono tradotte in multe, e
soltanto a seguito di prolungate inadempienze.
Il 16 luglio scorso, ad esempio, la Corte di giustizia Ue ha condannato oggi l'Italia al pagamento di una multa di 20 milioni di euro per il mancato adeguamento alle regole Ue del sistema di raccolta e gestione dei rifiuti in Campania. La multa sarà inoltre maggiorata di 120.000 euro per ogni giorno di mancata applicazione delle regole Ue dal giorno della sentenza.
La Corte europea aveva già condannato l'Italia su questa vicenda nel
marzo del 2010, dopo l’apertura della procedura nel 2007. Non avendo
l'Italia messo in atto quella sentenza, la Corte ha inflitto al Paese la
multa, come prevede la procedura di infrazione Ue.
Nell’elenco delle infrazioni in corso ci sono anche la discarica di
Malagrotta, a Roma, la cui procedura è stata aperta nel 2011 e le
emissioni dell’Ilva di Taranto, con procedura aperta nel 2013. Ad aprile
2015 l’Ue ha aperto a carico dell’Italia una nuova infrazione sul trattamento delle acque reflue urbane,
dopo due precedenti condanne nel 2012 e 2014 per la violazione di una
normativa che risale addirittura al 1991. Dal 2007 al 2013 sono state
finanziate opere idriche con oltre 4 miliardi di euro di fondi europei,
ma sul 1.296 cantieri solo 76 risultano completati. Così dal 2016 al
bilancio dello Stato potremmo aggiungere 480 milioni all’anno che
finiranno nel pagamento delle multe europee.
Fonte: Linkiesta
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