La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 6 agosto 2015

L'ambiente e l'Italia inadempiente: 480 milioni di multe dall'Ue

Le procedure di infrazione aperte a metà luglio sono 99, concentrate sui temi ambientali. E dal 2016 rischiamo di pagare 480 milioni di euro all’anno
di Lidia Baratta
Siamo ancora i più “indisciplinati” d’Europa, insieme a Grecia e Spagna. A fine 2014, a carico dell’Italia erano aperte 89 procedure di infrazione delle norme europee. Lo stesso numero di quelle greche e una in più di quelle spagnole. Cifra che nei primi sette mesi del 2015 è salita a 99, dopo che la Commissione europea il 16 luglio ha deciso di archiviare quattro procedure a nostro carico, aprendone però altre cinque. Molte procedure riguardano le tematiche ambientali e sono vecchie anche di decenni. Con il risultato che l’Italia è tra i Paesi che pagano di più le sanzioni imposte dall’Ue. Solo nel 2012 ci sono costate la cifra record di 120 milioni. Nel 2014 per i ritardi sul trattamento dei rifiuti la Corte di giustizia ha ordinato all’Italia il pagamento di 40 milioni più altri 42,8 milioni per ogni sei mesi di ritardo. La Grecia nello stesso anno ha pagato meno della metà. E secondo Palazzo Chigi le mancate opere su depuratori e reti fognarie, dopo l’ulteriore recente infrazione, dal 2016 potrebbero costarci oltre 480 milioni di euro di multe all’anno.
Nel 2014 le segnalazioni arrivate a Bruxelles sull’Italia per l’apertura di infrazioni sono state 475, soprattutto su tematiche lavorative e ambientali. Delle 99 procedure attualmente aperte, 75 riguardano la violazione del diritto dell’Unione e 24 il mancato recepimento delle direttive europee. Si va dalla mancata attuazione nell’ordinamento italiano della direttiva che stabilisce l’obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio, al mancato rispetto di due direttive di regolamentazione e tracciabilità del mercato dei prodotti pirotecnici fino al non recepimento della direttiva che regola le importazioni di cani, gatti e furetti. Ma ci sono anche, e in fase avanzata, la non corretta applicazione direttiva su condizioni minime per la protezione delle galline ovaiole e il mancato recupero degli aiuti concessi per i contratti di formazione lavoro. L’ultima procedura di infrazione che rischiamo è quella sul divieto d’uso del latte in polvere nella produzione di formaggi.
La maggior parte delle infrazioni è concentrato su temi ambientali (18), trasporti (12) e fiscalità (8). Molte delle procedure sono nella fase di messa in mora (56), ossia la fase pre-contenzioso in cui la Commissione Ue concede allo Stato due mesi per presentare le proprie osservazioni su un inadempimento segnalato. Se lo Stato non risponde alla lettera di messa in mora entro la scadenza indicata o fornisce risposte non soddisfacenti, con un parere motivato la Commissione chiede allo Stato di porre fine all’inadempimento entro un dato termine. In questa seconda fase si trovano a oggi 27 procedure di infrazione, comprese quelle sui precari nella scuola pubblica e l’incompatibilità della legge Gasparri sulla televisione con la direttiva quadro europea.
Se neanche le ulteriori scadenze vengono rispettate, la Commissione può presentare ricorso per inadempimento alla Corte di giustizia della Comunità europea contro lo Stato membro. I ricorsi contro l’Italia al momento sono sette, di cui due sono state sospesi. In fase di decisione di ricorso c’è la procedura di infrazione sul regime delle quote latte per violazione del diritto europeo. Dopo il ricorso, la Corte di giustizia accerta, attraverso una sentenza, l’inosservanza da parte dello Stato di uno degli obblighi imposti dall’Unione e chiede allo Stato membro di riparare. Se lo Stato non si conforma alla sentenza di inadempimento, la Commissione può deferirlo al giudizio della Corte di Giustizia e chiedere il pagamento di una sanzione. Insomma, prima che si arrivi al pagamento c’è tutto il tempo per correre ai ripari. Ma a carico dell’Italia sono aperte infrazioni che durano da più di dieci anni e che ancora non sono state risolte.
Le sanzioni consistono in una somma forfetaria e in una penalità di mora, adeguate alla gravità e alla persistenza dell'inadempimento. Le cifre indicate dalla Commissione per l’Italia ammontano a un minimo 8.854.000 euro per la somma forfetaria per ogni infrazione. A questa cifra bisogna aggiungere le penalità di mora, che oscillano da 10.880 a 652.800 euro al giorno. Nonostante le migliaia di infrazioni avviate dalle istituzioni Ue contro gli stati membri, solo una decina si sono tradotte in multe, e soltanto a seguito di prolungate inadempienze.
Il 16 luglio scorso, ad esempio, la Corte di giustizia Ue ha condannato oggi l'Italia al pagamento di una multa di 20 milioni di euro per il mancato adeguamento alle regole Ue del sistema di raccolta e gestione dei rifiuti in Campania. La multa sarà inoltre maggiorata di 120.000 euro per ogni giorno di mancata applicazione delle regole Ue dal giorno della sentenza. La Corte europea aveva già condannato l'Italia su questa vicenda nel marzo del 2010, dopo l’apertura della procedura nel 2007. Non avendo l'Italia messo in atto quella sentenza, la Corte ha inflitto al Paese la multa, come prevede la procedura di infrazione Ue.
Nell’elenco delle infrazioni in corso ci sono anche la discarica di Malagrotta, a Roma, la cui procedura è stata aperta nel 2011 e le emissioni dell’Ilva di Taranto, con procedura aperta nel 2013. Ad aprile 2015 l’Ue ha aperto a carico dell’Italia una nuova infrazione sul trattamento delle acque reflue urbane, dopo due precedenti condanne nel 2012 e 2014 per la violazione di una normativa che risale addirittura al 1991. Dal 2007 al 2013 sono state finanziate opere idriche con oltre 4 miliardi di euro di fondi europei, ma sul 1.296 cantieri solo 76 risultano completati. Così dal 2016 al bilancio dello Stato potremmo aggiungere 480 milioni all’anno che finiranno nel pagamento delle multe europee. 

Fonte: Linkiesta

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