di Matteo Volpe
L’avanzata delle destre estreme si deve al fallimento storico
(ennesimo) della sinistra liberale e degli intellettuali che ne hanno
abbracciato i principi. Scoprire che l’idea, comunemente accettata negli
ultimi trent’anni, secondo la quale sarebbe stato possibile garantire
un livello accettabile di ricchezza a tutta la popolazione attraverso
un’espansione del mercato, e quindi rimuovendo tutti gli ostacoli che ne
impediscono tale espansione – ovvero l’intervento diretto dello Stato –
scoprire all’improvviso che questa idea è sbagliata, ha generato dei
mostri.
La sconfitta individuale e generazionale del comunismo e del
socialismo occidentali nel corso del Novecento (conclusosi tragicamente
con il crollo di quello orientale e con la dissoluzione dell’URSS) è
stata tramutata in una sconfitta antropologica e persino biologica.
Incapaci di accettare il fallimento personale (che personale poi non è
perché dovuto a ragioni storiche) gli individui che ne hanno preso parte
preferirono vedervi la realizzazione di una “legge di natura”,
commettendo l’errore dei conservatori più accaniti, ovvero
“naturalizzare” i fatti storici, e quindi in definitiva far scomparire
la storia dall’orizzonte del pensiero, come era stato teorizzato da
Francis Fukuyama.
La sinistra ha così finito per arrendersi alla visione
liberale, capitalista, mercatocentrica e globalista, poco prima che
questa si schiantasse contro l’iceberg della storia. Ha riconosciuto
anche questo secondo fallimento (più grande del primo, perché
strutturale, non contingente) dichiarando nella semplicità più assoluta
che il miglioramento delle condizioni delle masse è precluso, ed esso
deve essere sacrificato sull’altare del dio Capitale, variamente
coniugato (mercato, euro, “Europa”, globalizzazione, modernizzazione,
ecc.). Perdendo il capitalismo qualsiasi fascino (come nelle illusioni
dei rampanti scalatori sociali piccolo-borghesi degli anni ’80) e
rivelando il suo volto peggiore, quello reale, fondato sullo
sfruttamento di classe e sull’esproprio delle ricchezze delle classi
inferiori a vantaggio del capitale finanziario, esso può esercitare il
proprio dominio culturale in soli due modi: escludendo qualsiasi
alternativa ad esso, descritta come utopistica o ignorata, censurata,
derisa, banalizzata; descrivendo tutto ciò che si estenda oltre le
colonne d’Ercole dei propri orizzonti come il baratro, il vuoto, la
miseria totale, ovvero esercitando un vero e proprio terrorismo
psicologico sulle masse.
La sinistra, si diceva, ha riconosciuto questo fallimento, ma non
fino al punto da ripudiare la propria conversione, non al punto da
riconoscere lucidamente le cause di questo fallimento. Il capitalismo
mieteva come sempre e con ancora più violenza che in passato le proprie
vittime, ma permaneva il pregiudizio antimarxista che nella sinistra
convertita risultava spesso ancor più feroce che nella destra da sempre
ostinatamente liberale. Questa sinistra è stata l’alleato politico più
prezioso del Capitale. Essa ha traghettato le masse politicizzate e
sindacalizzate, ma disorientate dagli avvenimenti storici di fine
secolo, entro il recinto liberale, provvedendo a tenervele rinchiuse.
Mancando, però, la comprensione chiara delle cause, dei rapporti
economici e una critica del capitalismo (sostituita dalla
giustificazione, più o meno mascherata da critica, dello status quo
economico) mancando un partito che organizzi un’opposizione teorica e
pratica, la rabbia e la frustrazione degli strati sociali devastati
dalla crisi rischia ora seriamente di emigrare verso altri lidi. La
rabbia sociale repressa, non inquadrata politicamente e culturalmente
sprovveduta, si trasforma in rabbia etnica. Non potendo lanciarsi verso
l’alto, si sfoga verso il basso, verso i gruppi dei socialmente esclusi.
Il principio etnico costituisce una chiave di semplificazione laddove
viene a mancare il principio di classe. Le passioni sociali più violente
possono trovare uno sfiatatoio: il conflitto di classe rimosso dalle
coscienze si etnicizza, trova una discriminante geografica, da tutti
facilmente riconoscibile e utilizzabile.
L’avanzata delle destre estreme e xenofobe, che si registra negli
ultimi anni, si deve alla repressione culturale degli ideali socialisti e
anticapitalisti scaturita dalla restaurazione neoliberista e
dall’inasprirsi della guerra del capitale finanziario nei confronti di
tutti gli altri settori sociali (eccezion fatta per il grande capitale
industriale). La sinistra è stata non un oppositore ma un alleato in
questa strategia, ha abbassato i ponti levatoi e spalancato le porte per
far entrare le truppe nemiche, serbandogli tutti gli onori e
difendendole contro i pochi resistenti che queste incontravano sul loro
cammino.
Questa sinistra dovrà rispondere davanti al tribunale della storia
non soltanto per i massacri e i disastri sociali causati da un
capitalismo dotato di “licenza di uccidere”, ma anche per le
recrudescenze della frustrazione popolare, per l’enticizzazione del
malcontento e per tutto ciò che ne deriva e ne deriverà.
Fonte: sosdirittiumani.it
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