di Checchino Antonini
In poche ore dodicimila firme perché anche le scuole confessionali
cattoliche (9371 su 13500 scuole paritarie complessive) paghino le tasse
sugli immobili. La sentenza della Cassazione che stabilisce il
pagamento dell’Ici anche per gli immobili scolastici confessionali è
stata salutata come «la buona novella laica di luglio» dal segretario
Uaar Raffaele Carcano. Una sentenza che «mette un freno ai privilegi
fiscali di cui gode la Chiesa cattolica e lancia un segnale importante
alla politica troppo spesso clericale».
E’ stata proprio l’Uaar (Unione degli Atei e degli Agnostici
Razionalisti) a lanciare una campagna per sensibilizzare l’opinione
pubblica sul tema, invitando i cittadini a sollecitare i propri comuni
affinché verifichino la situazione tributaria degli istituti paritari
presenti nel territorio e provvedano a far rispettare l’articolo 33
della Costituzione. «Le istituzioni devono comprendere che esiste
un’opinione pubblica laica che vuole essere ascoltata. Se, nonostante le
alte rette richieste e il miliardo di euro l’anno tra privilegi fiscali
e finanziamenti statali, questi istituti non riescono ad andare avanti –
fa notare ancora Carcano – il problema sta nel progetto educativo della
Chiesa, sempre più elitario ed esclusivista. Mentre ci si dimentica che
stanziare fondi per la scuola pubblica e laica è anche un investimento
culturale e sociale di ampio respiro».
Il governo Renzi ha già truccato le carte in favore delle scuole
cattoliche: soprattutto definendo «simbolica» una retta di 7.000 euro e
introducendo, poche settimane fa, nuove facilitazioni che, unite ai
fondi già concessi da Stato e amministrazioni locali sconquassate da
anni e anni di tagli, portano la cifra erogata annualmente a quasi un
miliardo di euro. Se queste scuole privatissime e confessionali
pagassero le imposte dovute sarebbero disponibili risorse importanti per
tutta la comunità.
La Chiesa cattolica è il più grande proprietario immobiliare italiano
e mastica amaro all’idea di pagare le tasse come i comuni mortali da
cui drena ogni risorsa disponibile.
Ai tempi dell’Ici, ad esempio, tutti gli immobili erano assoggettati a
quella tassa ad eccezione di quelli adibiti ad uso di culto, intendendo
con ciò qualunque immobile destinato ad “attività che non abbiano
esclusivamente natura commerciale”. «Praticamente ovunque vi fossero un
inginocchiatoio e una statua della Madonna, l’esenzione scattava
automaticamente», spiegano all’Uaar. Principio inaccettabile per
l’Unione Europea che infatti osò avviare un’inchiesta contro l’Italia.
Ma “è l’Europa che ce lo chiede” è un ritornello che il seggio di Pietro
non ama ascoltare.
Il governo Monti leva l’Imu e introduce l’Imu introducendo nel
decreto il principio della retta simbolica, di derivazione europea:
laddove la scuola privata esiga dagli utenti la corresponsione di una
retta di importo “simbolico”, svolga attività “paritaria” e non operi
discriminazioni, si assume che l’attività non sia di tipo commerciale e
si considerano soddisfatti i requisiti per essere esentati dall’Imu. A
Monti succede Letta che annunciò che il nuovo balzello, la Tasi, non
sarebbe stato imposto agli enti no profit “pesantemente penalizzati
dall’Imu”.
Così, il 26 giugno scorso il Mef ha emanato il decreto con cui viene
introdotto il nuovo modello da utilizzare per la dichiarazione Imu/Tasi e
fissa l’importo “simbolico”: «si prende uno studio Ocse che determina
la spesa per studente nella scuola statale, fissata in importi che vanno
dai 5.739 euro per le scuole dell’infanzia ai 6.914 delle secondarie di
secondo grado, e se ne assumono i valori come CMS (costo medio per
studente). Poi si chiede alla scuola paritaria di turno di calcolare la
retta media pagata dai suoi studenti, dividendo il totale delle rette
per il numero di studenti, e questo lo si chiama CM (corrispettivo
medio). Se il CM è inferiore al CMS la scuola è esentata», osservano
all’Uaar. Tana libera tutti! Infatti, le scuole che sforano questi
importi sono veramente poche, solo quelle che si vogliono davvero
elitarie. «Così le scuole private potranno contare sui contributi
pubblici erogati a vari livelli, principalmente comunale, con le rette
versate dagli studenti e con l’esenzione fiscale, mentre la scuola
statale continuerà ad avere sempre meno fondi, nonostante l’offerta sia,
almeno per il momento, di livello superiore a quello della scuola
privata (anche questo dato Ocse)».
E’ utile rammentare, in tempi di memoria volatile, che la
Costituzione stabilisce la libertà d’insegnamento ma senza oneri per lo
stato.
Fonte: Popoff quotidiano
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