La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 5 agosto 2015

Contro la dissipazione

di Gianni Ferrara
Sono tre le «riforme» dell’Unione euro­pea pro­po­ste a seguito della crisi (non risolta certo col dik­tat subito da Ale­xis Tsi­pras). Una dai «cin­que pre­si­denti» (della Com­mis­sione, del Con­si­glio euro­peo, dell’eurogruppo, della Bce e del Par­la­mento euro­peo), un’altra da Hol­lande, un’altra ancora da Schaeuble.
Discu­terle, espli­ci­tarne e valu­tarne il con­te­nuto e infor­marne coloro che ne dovreb­bero subire gli effetti è, comun­que, ine­lu­di­bile. Per dimo­strare e con­fer­mare che «c’è vita a sini­stra», come meri­to­ria­mente ammo­ni­sce Norma Ran­geri aprendo il dibat­tito su que­sto gior­nale per impe­dire che que­sta «vita» venga dis­si­pata ancora una volta dall’eterno spi­rito di scis­sione che dila­nia la sini­stra ita­liana quando non degrada nel tra­sfor­mi­smo e nell’omologazione alla destra.
Sul giu­di­zio che meri­tano e sull’atteggiamento da assu­mere nei con­fronti di cia­scuna di que­ste riforme o di tutte e tre si potrebbe, anzi, si dovrebbe pro­vare a instau­rare, come pro­pone Valen­tino Par­lato, un’alleanza tra le sini­stre d’Europa, quelle che sono tali e per­ciò euro­pei­ste, ma anti-Ue. Sarebbe un primo passo da com­piere per rea­gire alla scon­fitta subita della demo­cra­zia di un Paese solo con­tro il trust dei cre­di­tori costi­tui­tosi in Euro­gruppo, isti­tu­zione non pre­vi­sta dai Trat­tati ma scia­gu­ra­ta­mente domi­nante nella realtà europea.

Ma cosa rifor­me­reb­bero… le «riforme» pro­po­ste? Non c’era da spe­rare, e da chi le ha for­mu­late c’era solo e c’è solo da atten­dere rispo­ste miopi, ina­de­guate, deso­lanti. I cin­que Pre­si­denti hanno rac­colto tutto quanto com­ple­te­rebbe l’acquis com­mu­ni­taire di tipo isti­tu­zio­nale e ne chie­dono l’integrazione nel Trat­tato. Siamo alle solite: mag­giore con­ver­genza, mag­giore com­pe­ti­ti­vità, mag­giore effi­ca­cia dell’attività delle varie ammi­ni­stra­zioni pub­bli­che, più unione ban­ca­ria e dei mer­cati dei capi­tali, eccetera.
Hol­lande, pro­pone un comune bilan­cio dell’eurozona, col con­trollo (non su deli­be­ra­zione) del Par­la­mento. Per­ciò l’inalterabile ed esclu­siva ini­zia­tiva della Com­mis­sione di Bru­xel­les, intran­si­gente baluardo dell’esecuzione dei Trat­tati e del prin­ci­pio neo­li­be­ri­sta su cui si fonda l’Ue e via pro­se­guendo e per­se­guendo le pro­messe dell’austerity. Schaeu­ble non si smen­ti­sce, pro­pone, tetra­gono, di creare un Mini­stro del Tesoro euro­peo, cioè di «com­mis­sa­riare» l’Eurozona, limi­tando in tal modo la stessa Commissione.
Insomma, un uomo solo al con­trollo, scelto ovvia­mente dall’Eurogruppo, come a dire, da egli stesso tra i suoi allievi e dele­gati nei vari stati dell’euro. Comun­que modi­fi­che tutte interne al sistema dell’Ue, nulla che possa incri­narlo, aprirlo a poli­ti­che diverse da quelle adot­tate finora, nulla che possa inqui­narlo di socialità.
Con pro­po­ste di tal genere di riforme torna la sem­pi­terna richie­sta di ces­sione delle sovra­nità sta­tali. La rifor­mu­lava auto­re­vol­mente Euge­nio Scal­fari con l’articolo dome­ni­cale del 2 agosto.
Ma com’è pos­si­bile non doman­darsi quali siano stati gli effetti delle tante ces­sioni di sovra­nità che dal 1957 hanno caden­zato e for­mato «que­sta» Europa ? Come non con­sta­tare che le sovra­nità sta­tali siano state cedute ai mer­cati, al sistema pri­vato della finanza inter­na­zio­nale ? Com’è pos­si­bile non indi­gnarsi nel con­sta­tare che ad eser­ci­tare le sovra­nità già cedute dagli stati dell’eurozona sia l’Eurogruppo a dire­zione Schaeu­ble ? Com’è pos­si­bile non indi­gnarsi nel con­sta­tare che le ces­sioni di sovra­nità già ope­rate hanno muti­lato, com­presso, ridotto al minimo, lo stato sociale e hanno deser­ti­fi­cato gli spazi che la demo­cra­zia del secondo dopo­guerra aveva aperto alla dignità umana?
Ce ne sono ragioni per­ché la vita a sini­stra ride­sti lo spi­rito di rivolta nei con­fronti di que­sta Europa, e sol­le­citi la capa­cità di dise­gnare l’altra Europa.

Fonte: il manifesto

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