La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 8 agosto 2015

Il problema reale

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di Presidio permanente No Border Ventimiglia
Come presidio permanente No Border non abbiamo mai avuto interesse nel prendere parte a polemiche che riteniamo sterili. Negli ultimi giorni però abbiamo osservato con disappunto giornalisti e politici prendere posizione sul presidio e sulle attività portate avanti in questo luogo. Crediamo che questo tipo di dichiarazioni serva unicamente allo scopo di distogliere l’opinione pubblica dal problema reale.
Ciò che abbiamo sotto i nostri occhi, tra Ventimiglia e Mentone, e spingendosi oltre fino a Calais, è il riproporsi di politiche razziali che si credevano superate. Mentre sui giornali leggiamo che il problema sarebbero le persone sugli scogli e chi li sostiene, noi crediamo sarebbe più importante aprire un dibattito pubblico sulle centinaia di migliaia di migranti in viaggio soggetti alle politiche repressive europee.

Mentre a Calais i migranti muoiono sotto i tir nel tentativo di raggiungere l’Inghilterra, a Menton e a Nizza assistiamo a rastrellamenti di persone di colore sui treni, e a Ventimiglia la polizia non permette loro di raggiungere il presidio, consentendo invece ai trafficanti di uomini di svolgere il proprio lavoro indisturbati.
Qualcosa però sulle dichiarazioni fatte dai politici locali ci preme dirlo, perché vi è una netta differenza tra esprimere un’opinione e dire falsità con la consapevolezza di farlo. In questo momento al presidio No Border vi sono oltre 60 migranti, mentre i solidali sono poco più della metà. Nonostante la difficoltà di gestione e la scarsità dei mezzi, il presidio mantiene condizioni igienico sanitarie dignitose, come testimonia l’assenza di qualunque caso conclamato di malattie infettive e la costante presenza di medici.
All’interno del presidio vengono condivise diverse regole stabilite assieme ai migranti. I migranti non vengono segregati, hanno la possibilità di disporre della propria libertà come meglio ritengono, e sono parte attiva dei processi decisionali interni al presidio. Al contrario di quanto affermato da alcuni, non sono quindi strumento di propaganda di fantomatici esponenti dei centri sociali. Al presidio non ci sono “i centri sociali”, ma singoli e attivisti che si mettono in gioco in prima persona senza alcun ritorno se non la consapevolezza di combattere per una giusta causa.

Molte associazioni intuendo la realtà dei fatti hanno continuato ad esprimere la propria solidarietà e il proprio appoggio al presidio. Il nostro ringraziamento va quindi all’Imam di Nizza, a Medicine du Monde, ad Amnesty International di Mentone, ad A.D.N. di Nizza, alla cooperativa “Oltre il giardino” di Acquiterme, alla comunità di San Benedetto al Porto e a tutte le collettività e le persone che ci hanno supportato materialmente oltre che solidarizzato con le nostre ragioni.
È triste vedere come invece alcuni “professionisti” dell’informazione non capiscano alcune cose fondamentali: chiedere di non fare una fotografia o un video dei migranti in viaggio non è un attacco al diritto d’informazione, ma la tutela di persone la cui identificazione potrebbe avere conseguenze pesanti sulle proprie scelte di vita. Ci sconcerta quindi l’invadenza di certi operatori che pretenderebbero, in nome del diritto di cronaca, di poter violare perfino l’intimità dei luoghi dedicati all’igiene e al riposo. Il problema non sono i giornalisti, ma i cattivi giornalisti.
A questo punto ci chiediamo su cosa si fondino le richieste di sgombero, o “normalizzazione” come la chiama qualcuno. Qui non c’è un problema di ordine pubblico, ma un problema politico e sociale, rispetto al quale sarebbe ora di aprire gli occhi: la condizione dei migranti, rifugiati e non, nell’Europa della crisi. Mentre noi lo stiamo affrontando quotidianamente dal punto di vista pratico, altri speculano sull’emergenza. A loro vogliamo far sapere che non torneremo indietro. We are not going back!

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