La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 8 agosto 2015

I nuovi decaparecidos


di Domenico Chirico
Neanche il tempo di finire di commentare il terribile dato sui 2000 migranti morti nel Mediterraneo, fornito martedì dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, che ieri abbiamo assistito ad una nuova strage. Forse centinaia di vittime a causa del ribaltamento di un barcone partito dalla Libia verso l'Italia. I soccorritori si sono trovati davanti ad un inferno con centinaia persone che cercavano in tutti i modi di non annegare.
Grazie al racconto dell'equipaggio della nave Dignity di Medici Senza Frontiere abbiamo potuto avere immediatamente delle testimonianze. Ed abbiamo ascoltato quanto avevano visto: una barca ribaltata, persone in mare che cercavano di salvarsi e salvare i loro cari. Un padre palestinese che salva per un soffio la figlia di un anno e mezzo e riesce a portare a galla la moglie. Molti in lacrime hanno perso familiari.


L'intervento dei soccorsi di una nave della marina irlandese e della Dignity, assolutamente necessario, ha permesso a più di 400 persone di sopravvivere, ma 25 sono i corpi recuperati e si ha il fondato sentire che le vittime siano centinaia. Ci troviamo di fronte ad una strage annunciata. I morti nel Mediterraneo nel 2014 sono stati 3279, secondo l'OIM, almeno questi sono i dati certi, mentre potrebbero essere molti di più se si considerassero le molte imbarcazioni di migranti non censite. Nel 2015 il numero a metà anno è già a 2000 vittime. Ad aprile 2015 sono scomparse 850 persone in una volta sola, dopo la strage di Lampedusa del 2013 si era detto mai più. Era pura retorica. Ad aprile non ci sono state neanche cerimonie funebri.
Centinaia di persone sono state inghiottite dal mare, come accaduto probabilmente ieri. Di fronte un'Europa imbelle che con l'Italia ha saputo solo sostituire l'operazione Mare Nostrum con Triton. Già era molto dubbio l'intervento di forze della marina militare per le operazioni di salvataggio ma almeno avevano assistito nel corso del 2014 a migliaia di salvataggi. Con l'operazione Triton si è proceduto diminuendo di fatto le forze di salvataggio in campo, con le conseguenze evidenti che sono sotto gli occhi di tutti.
C'è una gestione del fenomeno che deve sembrare muscolare per non far passare il messaggio che portiamo a casa migliaia di persone in fuga da guerre e conflitti. Come se fosse un peccato e non un dovere salvare chi naufraga in mare. È una delle prime regole di civiltà. Quella civiltà di cui l'Unione Europea sembrava, un tempo, farsi un vanto. Se fosse ancora un baluardo dei diritti umani andrebbe schierata una flotta di navi di solo soccorso, non militari, pronte a non far annegare nessuno.
In Libia il governo di Tripoli e le sue milizie chiedono probabilmente di essere riconosciuti dalla comunità internazionale per garantire il controllo delle loro coste. Non esistono infatti scafisti scollegati da chi governa il territorio, allo stesso modo di tutte le mafie esse vivono di un continuo rapporto con il potere costituito. La risposta militare dell'Unione europea anche qui mostra i suoi limiti. Si rischia che i migranti vengano usati come carne da macello per i negoziati tra forze in campo.
Ed invece parliamo di persone. Persone in fuga da conflitti terribili come quello siriano con i suoi 12 milioni tra sfollati e rifugiati o meno noti come quelli dell'Africa centrale. Da conflitti ambientali causati dall'aumento spropositato dell'appropriazione di terre in Africa da parte di stati e imprese varie. Gli Emirati Arabi Uniti e la Corea del Sud hanno comprato negli ultimi anni, nel solo Sudan, 1 milione di ettari di terreno coltivabile. Per usarlo a loro piacimento. La crisi è epocale e come dicono tutti gli osservatori attenti non saranno le risposte militari, i muri e le frontiere ad arrestarla.
Nell'immediato sarebbe necessario che di queste persone si parlasse con coraggio. Non si temessero o assecondassero le spinte xenofobe che impazzano in Europa. Anche perché dalla Sicilia al nord Italia sono migliaia i casi di solidarietà diffusa e spontanea. C'è un pezzo intero di Italia, di cui non si parla mai, che si sta mobilitando in modo spesso spontaneo per offrire solidarietà. Che guarda ancora con indignazione e preoccupazione alle stragi in mare.
E c'è chi come il Comitato Verità e Giustizia per i nuovi desaparecidos, costituito da Associazioni e giuristi, si sta mobilitando dal 2014 perché a chi sinora non ce l'ha fatta ad attraversare il Mediterraneo rivenga dato un nome, una storia, una dignità. Le migliaia di scomparsi in mare, i nuovi desaparecidos della nostra epoca, devono avere giustizia perché finiscano le stragi in mare.
Per fortuna c'è una moltiplicazione di iniziative che vogliono testimoniare la necessità di non arrendersi di fronte ai continui naufragi ed alle migliaia di vittime. È finito il tempo delle lacrime ed è ora di arrabbiarsi e reagire. Dandosi da fare.

Fonte: Huffington Post

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