La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 5 agosto 2015

Il grido dell'acqua

ag
di Rosario Lembo
Il 28 luglio è stato il quinto anniversario del riconoscimento da parte delle Nazioni Unite del diritto umano all’acqua come un diritto “autonomo e specifico”. Frutto di dieci anni di mobilitazione dei movimenti, questo risultato rischia di essere “disatteso” per la mancanza di volontà politica degli Stati, per le pressioni delle multinazionali, ma anche per l’atteggiamento degli stessi movimenti dell’acqua.
Il Contratto Mondiale sull’acqua, che per oltre un decennio è stato tra i promotori del riconoscimento del diritto umano all’acqua attraverso i Social Forum, i Forum Mondiali Alternativi dell’acqua, in occasione di questo anniversario e alla vigilia del varo della proposta della nuova Agenda post‐2015, ritiene doveroso richiamare l’attenzione sullo status dell’arte e richiamare alcune principali criticità da contrastare per garantire l’accesso all’acqua come diritto nei prossimi 15 anni.
Partiamo dalle Nazioni Unite
Quest’anno si conclude il programma “Water for life”(2010‐215), il Millennio Goals, l’attività del Comitato consultivo “Water and Sanitation”, voluto dal Segretario delle Nazioni unite; tutte queste iniziative hanno fallito l’obiettivo di dimezzare il numero di coloro che non hanno accesso all’acqua. Il futuro non si prospetta più roseo sul fronte della mobilitazione delle Nazioni unite.

La nuova Agenda degli obiettivi di sviluppo sostenibile post‐2015 non contiene nessun riferimento al “diritto umano all’acqua e ai servizi igienici di base” e reintroduce l’impegno ad “assicurare la disponibilità e una gestione sostenibile dell’acqua e dei servizi igienici per tutti”, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili (Goal 6). Tutte le sollecitazioni al Segretario generale da parte di oltre 600 associazioni del mondo e da ultimo la lettera aperta agli Stati inviata il 21 luglio dal Rapporteur delle NU per il diritto all’acqua a rispettare la risoluzione Onu sono
rimaste prive di un positivo riscontro.
Per le principali Agenzie delle Nazioni unite, l’acqua è una risorsa che deve essere gestita in termini di sostenibilità ambientale attraverso una gestione efficiente ed il coinvolgimento del privato (partenariato pubblicoprivato) per reperire gli investimenti necessari. Questa visione punta a promuovere nei prossimi anni un modello di cooperazione internazionale idrica che privilegia la diffusione delle buone pratiche, l’uso di tecnologie e il coinvolgimento dei privati, che pertanto non garantirà l’accesso all’acqua potabile per tutti come diritto umano e tantomeno la salvaguardia delle risorse idriche puntando a soddisfare la domanda
crescente di acqua.
I Forum Mondiali dell’acqua
In assenza di una politica delle risorse idriche da parte delle Nazioni Unite, il Consiglio Mondiale sull’acqua, creato dalle multinazionali, continua a proporre agli Stati, alla Unione Europea ed alle stesse Agenzie Onu politiche di gestione economica delle risorse idriche. La proposta del VII Forum Mondiale dell’acqua (Corea, aprile 2015) è quella di contrastare la crisi idrica attraverso investimenti in tecnologiche che puntano a sostituire il ciclo naturale dell’acqua con quello artificiale gestito dall’uomo. Le imprese multinazionali si sono dichiarate pronte ad affiancare gli Stati per garantire l’accesso all’acqua potabile, cioè un minimo vitale alle categorie svantaggiate, a condizione che qualcuno (Stato o consumatori) si faccia carico della copertura dei costi e si sta elaborando un indice Iso per subordinate il diritto all’acqua alle risorse idriche disponibili in ogni paese. Questo “declassamento” del diritto umano all’acqua, in opportunità di “accesso all’acqua” in quantità subordinata alle risorse disponibili, proposto dalle multinazionali e dalle imprese che utilizzano l’acqua, è l’approccio accolto dalla maggioranza degli Stati e dalle Agenzie delle Nazioni Unite, che sembra sia fatta proprio anche dal Consiglio dei Diritti umani non è finalizzato a proporre strumenti di implementazione del diritto umano all’acqua ma a monitorare lo status ed eventuali violazioni.
L’Europa e l’acqua
Per la Commissione Europea l’acqua è una merce, anche se “diversa dalle altre”. Questa visione economica sancita con la direttiva quadro n. 6/2000 viene riconfermata e rafforzata dai due documenti che la Commissione ha prodotto nel corso del 2013, e che saranno sottoposti al Parlamento entro il 2015: il Piano di salvaguardia delle risorse idriche (Water Blueprint) e la proposta di Strategia europea dell’ambiente per il 2020 (EU 2020 Strategy). Entrambi configurano la politica dell’acqua nei paesi europei nei prossimi 15 anni e ratificano i due principi cardine della visione economica dell’acqua della Commissione: la copertura dei costi (Full recovery cost) e il principio “chi inquina paga”. L’orientamento è quello di estendere la loro applicazione dall’acqua per uso umano (consumatori) a tutti gli usi produttivi e quindi agli agricoltori. Le proposte sono volte a stimolare innovazione tecnologica e modelli di “sviluppo verde”. Rispetto al modello di governo e gestione delle risorse naturali e dell’ambiente, la Commissione punta a conferire ai portatori d’interesse, la definizione delle regole, riducendo i vincoli imposti dalle legislazioni nazionali e quindi riducendo la sovranità nazionale degli Stati membri.
All’orizzonte non si profilano dunque in Europa cambiamenti di rotta, anzi il futuro è ancora più incerto. Il rilancio del dibattito sul riconoscimento del diritto umano all’acqua, messo in atto dalla Commissione Ambiente con un Rapporto approvato a fine giugno, a supporto della iniziativa di cittadinanza Ice “Water2Right, introduce alcuni principi di riferimento. La proposta che deve essere ancora approvata dal Parlamento, riafferma i principi già sanciti dalle risoluzioni dal Parlamento nel 2004 e 2006 (acqua come
diritto umano e bene comune e l’opportunità di escludere i servizi idrici dalle regole del mercato) ed estende la richiesta di esclusione ai negoziati T-tip, Tisa, Ceta, ma la deroga resta subordinata al vincolo della copertura di tutti i costi di gestione del servizio idrico da parte degli Stati membri.
La proposta di risoluzione introduce due principi, che i distacchi debbano essere considerati una violazione del diritto umano all’acqua e quello di esplicitare il diritto umano all’acqua nella Carta dei diritti umani della Unione Europea, ma entrambi le richieste restano vincolate alla volontà e disponibilità degli Stati membri. In presenza di una politica di austerità e di rigida applicazione ai paesi membri dell’obbligo di pareggio dei bilanci in Costituzione, del Fiscal Compact, c’è il rischio che il diritto all’acqua in particolare, nonostante la sua natura universale, sarà garantito nel migliore dei casi a livello differenziato per nazionalità e residenza dei cittadini europei ed in funzione dei bilanci e orientamenti politici dei Governi nazionali.
Il futuro dell’acqua in diversi paesi europei, sarà ancora più a rischio con la ratifica del negoziato sui T-tip, sul quale il Parlamento europeo si è già espresso, con parere favorevole, ai primi di luglio, nonostante la campagna di mobilitazione di milioni di cittadini europei. Il Parlamento ha proposto l’esclusione dei servizi di interesse generale di rilevanza economico, come i servizi idrici, dal negoziato, ma questa opzione resta subordinata alla condizione che le istituzioni (Stati, enti locali) si facciano carico della copertura di tutti i costi del servizio idrico e, a livello di negoziato, al rispetto di questa richiesta da parte nei negoziatori della Commissione Ue e degli Usa.
In Italia, come in diversi paesi Europei, privi di una legge quadro nazionale sull’acqua che riconosca il diritto, sancisca la natura pubblica e non di rilevanza economica del servizio idrico ‐ obiettivo prioritario che doveva essere perseguire subito il successo referendario del 2011, ma che è stato ignorato ‐ resteranno vigenti gli obblighi delle direttiva quadro Ue del 2000 e quelli che saranno introdotti dalle future direttive della Commissione europea e dai T-tip. Lo scenario è che si assisterà in diversi paesi dell’Europa ad un rilancio dei processi di privatizzazione dei servizi idrici, come sta già avvenendo in Italia ed in Grecia. Con i vincoli imposti agli enti locali, ed il deficit pubblico nazionale di moti Paesi europei, appare difficile che anche quegli enti locali che ancora detengono il controllo di aziende pubbliche a livello di gestione diretta di servizi pubblici locali (acqua, etc.), possano farsi carico in futuro di garantire il diritto umano all’acqua e con I TTIP scompariranno anche le gestioni comunitarie dell’acqua, praticate in Paesi dei due continenti.
Acqua, Movimenti e Democrazia
I Movimenti dell’acqua e quelli sociali hanno concentrato le loro mobilitazioni, dopo il riconoscimento dell’Onu, a contrastare i processi di privatizzazione, a stimolare percorsi di ripubblicizzazione della gestione, a sollecitare l’inserimento del diritto umano all’acqua nelle Costituzioni. In America latina ed in Africa, in quei Paesi dove i Movimenti hanno ottenuto il riconoscimento del diritto umano all’acqua nelle costituzioni o adottato specifiche legislazioni sull’acqua, si deve constatare che non è stato concretizzato il diritto ad un quantitativo minimo e, a livello di riconoscimento, non si è andati oltre
l’affermazione di principi declaratori: l’acqua è un bene comune, un bene demaniale pubblico.
In Europa, diversi Movimenti hanno puntato sulla ripubblicizzazione della gestione, sul controllo delle tariffe e rispetto al “ diritto umano” ci si è limitati a denunciare come violazioni i “distacchi” nei casi di morosità, per le fasce più vulnerabili. Questo filone è quello seguito in Italia dal Forum dei Movimenti ed in Francia con l’attivazione del “difensore civico” messo a disposizione dei cittadini che subiscono un distacco. Anziché puntare all’approvazione di legislazioni nazionali che sanciscano gli oneri a carico dello Stato per garantire il diritto ad un quantitativo minimo di acqua potabile, strumenti giuridici di rispetto degli obblighi connessi con la risoluzione dell’Onu, la priorità si è concentrata sulla gestione e sulle rivendicazioni dell’accesso all’acqua per alcune categorie sociali e sul contrasto amministrativo delle tariffe dell’acqua.
Cittadinanza , democrazia e diritto umano all’acqua
I Movimenti sociali dell’acqua per contrastare i processi di globalizzazione, sono stati capaci di mettere in atto, nel primo decennio, strategie di mobilitazione finalizzate a “pensare globalmente e agire localmente”. Dopo il riconoscimento del diritto umano all’acqua, i movimenti dell’acqua hanno perso questa visione “collettiva” e conseguentemente una mobilitazione a difesa dell’acqua come fonte del “vivere insieme”, e come diritto della Terra. Appare sempre più evidente, anche dall’esperienza dei Forum Sociali, il prevalere di approcci di autoreferenzialità, di rivendicazione di diritti soggettivi di categoria (contadini, pescatori, di genere, lavoratori, etc.). Si ignora che questo approccio è analogo a quello promosso dalle imprese multinazionali e dalle stesse Nazioni Unite che puntano alla derubricazione dei diritti umani in diritti economici, sociali, a cui si accede in funzione del potere di acquisto individuale o delle risorse nazionali di cui lo Stato, la comunità dispone.
L’acqua oltre che un “diritto umano, universale, specifico”, è una condizione “ essenziale per l’esercizio degli altri diritti umani”, come ci ha ricordato papa Francesco nella Enciclica “Laudato Si” e pertanto il diritto umano va difeso anche rispetto a processi di rivendicazione del diritto alla terra, al cibo, alla salute.
Il diritto umano all’acqua si associa alla natura di “bene comune” dell’acqua. Ciò comporta la “responsabilità individuale e collettiva” verso la gestione dell’acqua, del ciclo idrico, degli ecosistemi. Le politiche e le rivendicazioni devono andare oltre la rivendicazione di un diritto individuale o la capacità di saper farsi carico dei costi di accesso come comunità locali o singoli Stati. Pensare che il diritto umano all’acqua possa essere garantito e difeso solo in termini di diritti individuali a dimensione territoriale o di alcune fasce disagiate, o attraverso la difesa di modelli di gestioni comunitaria o pubblica significa fare come gli “struzzi”: ignorare gli scenari dei processi di globalizzazione, le liberalizzazioni messe in atto da parte delle multinazionali e del mondo della finanza che stanno riducendo
la sovranità degli Stati, delle comunità locali e subordinando lo sfruttamento di acqua, terra, cibo al dominio e agli interessi dell’economia e della finanza.
Una proposta a difesa del diritto umano all’acqua
Per superare queste criticità, per contrastare le minacce ai diritti umani e al diritto umano all’acqua è necessario che i Movimenti passino dalla difesa delle buone pratiche individuali o del modello di gestione, alla proposta di ottenere l’approvazione da parte degli Stati di nuovi strumenti giuridici nazionali, regionali ma soprattutto internazionali a difesa dei diritti umani e di contrasto allo strapotere delle imprese multinazionali. Bisogna cioè mettere in discussione il modello di sviluppo e di crescita economica fondato sullo sfruttamento ed accaparramento delle risorse del Pianeta con strumenti vincolanti a difesa dei beni comuni. E’ necessario rafforzare i processi sociali di mobilitazione, come ha sollecitato papa Francesco nel confronto in Bolivia con i movimenti sociali, dopo quello già realizzato a Roma. Il Comitato italiano per un Contratto Mondiale sull’acqua, in occasione dei suoi quindici anni di impegno per promuovere il diritto all’acqua, lancia alla comunità internazionale la proposta di un “Protocollo internazionale Opzionale al Patto PIDESC per il diritto umano all’acqua e ai servizi sanitari”.
È necessario che la Comunità internazionale adotti uno strumento di diritto internazionale a difesa del diritto all’acqua, che definisca in termini formali e sostanziali gli obblighi a carico degli Stati e le procedure di giustiziabilità delle violazioni del diritto di accesso ad un quantitativo minimo. Come Contratto Mondiale sull’acqua, siamo convinti che sia possibile contrastare i processi di accaparramento di acqua, terra, sementi, difendere le gestioni comunitarie, rivendicare la giustiziabilità delle violazioni ai diritti umani nei confronti delle multinazionali se Comitati e cittadini possono disporre di uno strumento giuridico, come un Trattato internazionale per il diritto umano all’acqua, o analoghi Trattati a difesa dei diritti umani. Il Trattato, se ratificato, definisce l’insieme delle obbligazioni che devono essere rispettate dagli Stati e rafforza la sovranità delle legislazioni di cui i singoli Stati possono dotarsi a livello di riconoscimento e concretizzazione del diritto all’acqua, di politiche di salvaguardia delle risorse idriche.
Ecco perché abbiamo lanciato la Campagna “waterhumanrighttreaty.org“ che si propone di lanciare una mobilitazione dei Movimenti per sollecitare gli Stati all’avvio di un negoziato, presso il Consiglio dei Diritti Umani e poi l’Assemblea Onu, per la definizione di uno specifico Protocollo per il diritto umano all’acqua.
La sfida è ardua e richiederà tempo ma è necessario cominciare, come è stato quindici anni fa per il diritto all’acqua e chiunque può sostenere questa campagna attraverso il sito. L’augurio è che questa proposta possa essere sostenuta da tanti cittadini e movimenti per evitare che siano le multinazionali ad appropriarsi del “futuro dell’acqua”. Buon compleanno diritto all’acqua sperando che molti cittadini si mobilitino per garantire la tua sopravvivenza attraverso la Campagna (info@waterhumanrighttreaty.org).

Fonte: comune-info.net

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