di Federico Giusti, Salvatore Bonavoglia e Marcello Pantani
Il mese di luglio di quest’anno (dopo l’assemblea sindacale dei
lavoratori del sito archeologico di Pompei con file di turisti in attesa
che finisse e dopo le iniziative di lotta dei lavoratori del trasporto
pubblico di Roma, canagliescamente diffamate dalla informazione di
regime) ha scatenato la libera uscita di iene e sciacalli governativi.
Numerosi
loro esponenti, infatti, si sono affrettati (per rendere niente più che
simbolico l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici, in
particolare nel settore dei trasporti) a rispolverare disegni di legge
(ddl), già presentati negli ultimi anni: quello del senatore Pietro
Ichino nel 2009 e quello del compare Maurizio Sacconi nel 2014.
Anzi,
Ichino, in buona compagnia di colleghe e colleghi del PD, ne ha
presentato un altro (il ddl 2006) a tamburo battente, il 14 luglio.
In
una intervita del 2008 (quando divenne ministro del lavoro con l’ultimo
governo Berlusconi per restarci fino al 2011, mentre dal 2001 al 2006
era stato sottosegretario nello stesso ministero, allora occupato come
ministro dal leghista Maroni), Sacconi rivelò di essere stato nell’epoca
detta del “sessantotto” attivista della Fiom Cgil, soprattutto perché
voleva opporsi a quegli “estremisti dalla pancia piena” che, a suo dire,
erano i giovani e meno giovani che lottavano nelle fabbriche e nelle
scuole, nei quartieri e nelle piazze.
Anche Ichino non era stato da
meno, quanto a impegno sindacale: dal 1969 al 1972 se l’era fatta come
dirigente con la Fiom, per passare dal 1973 al 1979 a dirigere l’Ufficio
legale della Camera del lavoro di Milano, facendosi lì le ossa per
diventare un accademico, con tanto di docenza universitaria, in diritto
sindacale e del lavoro. Chapeau, professore!
I due esimi moschettieri
sono impegnati a combattere il diritto di sciopero, perché -nientemeno-
hanno a cuore -dichiarano senza vergognarsi- i diritti degli utenti dei
servizi pubblici, terreno, come tutti gli altri settori lavorativi, di
possibili scioperi.
Quando gli utenti sono oggetto di tasse a
sovrattasse; di ticket sanitari più che esosi; di liste d’attesa di mesi
e mesi per una visita specialistica o per un esame; di code e code
nelle ore di punta alle fermate degli autobus; di mezzi di trasporto,
compresi quelli ferroviari, che più sgangherati non si può (tant’è vero
che viaggiano con ritardi spesso clamorosi o saltano corse su corse); di
scuole e aule fatiscenti, in cui i lavori di restauro e manutenzione
vengono rinviati all’infinito; quando gli utenti, che molto spesso non
sono dei nababbi ma dei lavoratori dipendenti, si ritrovano di anno in
anno sempre più senza diritti, alla mercé di gerarchie aziendali sempre
più prepotenti nell’imporre condizioni di lavoro massacranti, senza una
retribuzione sufficiente a vivere, senza lavoro e senza presente e
nemmeno futuro - che dicono, allora, questi signori del sistema dei
padroni e dei governi, che fanno di tutto per devastare socialmente,
economicamente, giuridicamente l’esistenza di milioni e milioni di
persone?
Tacciono, perché il sistema dei padroni è il loro sistema e
perché i governi sono i loro governi e tanto più possono infierire sui
lavoratori e sugli utenti, quanto più il diritto di sciopero diventa
impraticabile, sottraendo ai lavoratori l’unico strumento che hanno per
difendersi, per tutelarsi, per non diventare irrimediabilmente degli
schiavi.
E a questa sottrazione pensano giorno e notte,
maniacalmente, loro, i vari Ichino, i vari Sacconi, sorta di mercenari
al servizio dell’oppressione dei lavoratori e dello sfruttamento del
lavoro.
Così, si arriva ai ddl per regolare il conflitto sindacale
nei trasporti pubblici, perché, non Cgil, Cisl e Uil, che fanno “ricorso
molto cauto e sorvegliato allo sciopero” (afferma la presentazione del
disegno di legge Ichino), ma “i sindacati autonomi” o i “comitati
spontanei” fanno “un uso molto aggressivo e spregiudicato” dello
sciopero, esercitando così “un forte potere d’interdizione”.
Allora,
non è più adeguata a disciplinare l’esercizio del diritto di sciopero
nei servizi pubblici la legge n. 146 del 1990, modificata e integrata
con la legge n. 83 del 2000.
Ci vuole ben altro, ce lo chiedono i
padri costituenti (ha il coraggio di affermare l’équipe Ichino), i
quali hanno pensato lo sciopero “come strumento di lotta cui fare
ricorso con grande misura e parsimonia”!!! E così l’art. 40 della
Costituzione è sistemato: parola di Ichino.
Ne prendano atto i
lavoratori del trasporto, quelli dei servizi di assistenza al volo,
quelli dei servizi portuali e aeroportuali di terra, quelli di
assistenza ai viaggiatori.
Così, nel settore dei trasporti, lo
sciopero aziendale può essere proclamato o da un sindacato o da una
coalizione sindacale che abbia la maggioranza in azienda (qui si
richiama la normativa prevista dal Testo Unico sulla rappresentanza
sindacale stipulato da Confindustria e Cgil, Cisl e Uil il 10/1/2014).
Altrimenti,
si deve dare luogo a un referendum partecipato da almeno la metà dei
lavoratori interessati, dal quale la proclamazione dello sciopero
ottenga un numero di voti favorevoli superiore alla metà dei voti
espressi.
Per la proclamazione dello sciopero in una pluralità di
imprese, valgono norme analoghe a quelle stabilite per lo sciopero
aziendale.
Se sia rimasto qualcosa del diritto di sciopero come
diritto soggettivo in capo a ogni singolo lavoratore è di certo arduo
affermarlo.
Il ddl Ichino (intervenendo sull’art. 20 dello Statuto
dei lavoratori) si occupa anche del diritto di assemblea sindacale in
orario di lavoro, la cui richiesta dev’essere presentata (“salvi i casi
di motivata urgenza”. Ma chi lo stabilisce?), con almeno cinque giorni
di anticipo rispetto al suo svolgimento, la cui collocazione temporale
sarà comunque stabilita dal datore di lavoro tra il sesto e il decimo
giorno dalla domanda.
Questa parte del ddl ha il sapore di
rivolgersi a tutto il mondo del lavoro subordinato, ridimensionando
gravemente il significato dell’assemblea, quale iniziativa improntata
molto spesso alla necessità di affrontare collettivamente questioni,
dibattere delle quali è cosa che non è possibile differire. Un po’ come
dire che il ferro va battuto quando è caldo.
Già, ma nella logica
aziendalistica che tutto va posto nell’ottica del raffreddamento e
della conciliazione, l’assemblea deve essere depurata della funzione che
potrebbe esserle assegnata di momento di protesta e quindi va collocata
a distanza dalle problematiche che ne hanno fatto sorgere l’esigenza!!!
Quanto
all’assemblea nel settore dei servizi pubblici (anche qui intervenendo
sull’art. 20 dello Statuto dei lavoratori), il ddl stabilisce che essa
non può provocare l’interruzione del servizio pubblico, nel qual caso
essa potrà svolgersi “in orario aggiuntivo”, con la “retribuzione
ordinaria aggiuntiva corrispondente”.
Non è qui possibile
trattare del ddl delega dell’équipe Sacconi, ma l’impressione che a una
prima lettura se ne ha è che si tratti di qualcosa anche più sfrontato e
velenoso del ddl Ichino.
Chissà, assemblando l’uno all’altro, che miscuglio potrebbe venirne fuori?
Anche
prevedendo che la voglia di attaccare il diritto di sciopero in tutti i
settori lavorativi sarà struggente negli ambienti del Ministero del
signor Poletti e della Confindustria, non sarà il caso di cercare di
mettere i piedi del movimento dei lavoratori su tanta arroganza
padronal/governativa?
Fonte: controlacrisi.org
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